Capitolo 5

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Mi piegherei se solo lo desiderassi

"Viscere contratte, cuore amalgamato,
Come combattere contro se stessi?
Contro la propria pazza natura"

[...]

Levi percepiva da troppo tempo tutte quelle frecce bucargli il petto mettendogli a nudo il cuore solo per strazziarlo e lasciarlo sanguinolento. Le punte fredde e mortali erano tanto pesanti da riuscire quasi a piegarlo in due se solo non avesse avuto abbastanza forza di volontà da reggersi sulle gambe traballanti e riuscire a muoverle un passo alla volta. Passi così faticosi da lasciare che il sudore gli imperlinasse la schiena, colando giù sino a raggiungere il bivio di brividi cosparsi.

La bocca si faceva sempre pastosa, asciutta, faticava a staccare le labbra come se fossero appiccicate da colla troppo potente e le palpebre... Quanto dolore nel tenerle calate per evitare che le iridi febbricitanti volassero in quel punto che sembrava una calamita suicida.

Gli occhi bruciavano, lacrimavano, facevano male per colpa dello sforzo che doveva commettere nel non farli andare dove volevano, dove dovevano risiedere per placare quel dolore interno che gli stava avvolgendo le viscere e strappando tutti i tendini, uno per uno, in un muto e sordo dolore.

Il naso, voleva sempre attapparlo, evitare che quell'odore gli ferisse ancora i polmoni, rendendolo schiavo, succube di quell'assenza piccante e intossicante. Voleva evitare di respirare, di tirare altri respiri di quell'aria intrinseca di quella presenza velenosa.

Lo aveva guardato, lo aveva guardato e continuava a farlo e se non avrebbe smesso subito, lo avrebbe spezzato. Ci sarebbe riuscito prima o poi, perché lo sapeva che a quello non poteva resistere per sempre.
Lo avrebbe piegato e piegato fino a metterlo in ginocchio, in mezzo a tutti, immerso fino al collo dalla vergogna che aveva in sé stesso, la stessa che gli strappava la mente, rendendolo almeno apparentemente lucido, l'unica cosa che non lo faceva cedere del tutto.
Non poteva alzare la testa o lo avrebbe perso, avrebbe perso se stesso e abbattuto quel muro che vacillava inesorabilmente, facendolo crollare a terra, si sarebbe liberato in ciò che era. Non poteva, non poteva assolutamente permetterlo. Non poteva mostrarsi. A nessuno, nessuno poteva sapere e se solo non fosse stato per quel grande praticolare, sarebbe stato molto più semplice nasconderlo.

Lo torturava senza motivo, peggio, senza neanche saperlo. Quattro anni, quattro anni senza alcun contatto e all'improvviso aveva deciso di farlo.
Ogni mattino, da tre settimane, per tre minuti, gli sembrava di morire e di poter perdere la sua sanità, almeno finché non poteva respirare fuori dal suo raggio visivo sedendogli dietro, dove poi doveva stringere le mani per evitare di allungarle e tenere gli occhi bassi per non perforargli le spalle larghe con occhiate troppo languide.

Le gambe cedevano giusto in quell'attimo in cui riusciva a sedere,  diventando pappa e gelatina, così come ogni singolo osso e ogni giuntura, ogni fibra e ogni nervo, teso come corde di violino.
Burciava, la pelle bruciava dolorosamente e continuava a farlo fino alla fine della lezione, dove poteva precipitare fuori e annusare finalmente aria libera da lui, con ancora le guance rosse e bollenti di voglia.

Pensava di potercela fare, lo credeva davvero; se continuavano così, nonostante il dolore fisico e mentale poteva sopportare, bastava solo che non andassero oltre.

Come ogni giorno si fermò davanti alla porta e respirò profondamente, anticipando la calma che avrebbe dovuto mantenere anche dentro quella stanza sempre troppo angusta.
Con una parvenza di normalità aprì il battente e sembrava che andasse tutto come ogni giorno, finché la monotonia si spezzò quando la testa, come presa da forze maggiori si alzò e prima che potesse fermarsi, era già dentro quegli occhi verdi, che stronzi non esprimevano nulla ma che furono in grado di strappargli quasi un gemito, se solo non lo avesse deglutito dolorosamente in gola. Fu come ingoiare una pietra.

Come una scultura d'Iridio || Ereri/Riren FF||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora