Chapter 7

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Avevo le mani legate con dei cavi elettrici dietro la schiena, in bilico su uno sgabello con al collo un cappio allacciato all'asse centrale del tetto. Di fronte a me un uomo era seduto sul tavolo con un sorrisetto fastidioso stampato in faccia, aspettava che io parlassi per risparmiarmi la pelle. E l'avrei fatto.
    Se mi avessero detto che due mesi dopo lo scoppio dell'apocalisse zombie mi trovavo già in questa situazione, credo che avrei rivalutato l'opzione del suicidio. Quando incontrai Alicia con la sua famiglia insieme a loro c'era Daniel, li aveva salvati quando ai militari la situazione sfuggì di mano e gli zombie presero in loro possesso tutto il mondo. Da quel giorno Daniel fu il loro leader e quando anch'io entrai nel gruppo, è stato anche il mio. Vivevamo all'ottavo piano di un palazzo così da evitare il più possibile i vaganti, ma quando uscivamo per prendere provviste portare il cibo e varie attrezzature in casa era abbastanza complicato. Non riuscivamo a salire le scale con un carrello pieno di roba, dovevamo fare più viaggi e le possibilità di far scoprire a delle persone cattive il nostro rifugio aumentavano a dismisura. Se sono qui adesso è per colpa di un viaggio di rifornimenti andato male.
    Mentre per entrare nell'edificio un gruppo di cinque persone mi accerchiò e l'ultima cosa che ricordo è che una di quelle mi colpì alla testa con un fucile. Dopodiché mi risvegliai legato dentro una casa che non avevo mai visto e con un gran dolore alla testa. Una pistola era puntata dritto al mio cervello e da lì cominciò l'interrogatorio, che mi portò quasi impiccato.
    «Siamo qui da un'ora e sono stato così maleducato da non presentarmi, cazzo mi meriterei proprio una pallottola sulle palle!» Scoppiò in una fragorosa risata e venne accompagnato dagli altri quattro membri del gruppo. «Il mio nome è Hector, devo stringere il cappio per avere una tua presentazione?» Ogni volta che non rispondevo a una domanda stringeva il cappio o allontanava sempre di più lo sgabello da sotto i miei piedi. Potevo morire da un momento all'altro.
    «Viktor Hale.» Il sudore scorreva lungo la mia fronte, sentivo la corda pungermi il collo e cominciava a prudere da matti. Non avevo una via di fuga, qualunque mossa io avessi fatto sarei rimasto impiccato.
    «Adesso torniamo a noi, Viktor. Abbiamo perlustrato la vostra abitazione mentre eravate alla ricerca di fate – si fermò per ridere sbattendo i pugni sul legno del tavolo e quando si riprese continuò a parlare – e non c'era traccia di una singola arma. Questa è la ventesima volta che ripeto questa domanda, dove avete nascosto il carrello di armi che avete portato due giorni fa dentro il palazzo?» Sapevo perfettamente che in una sola stanza del piano sotterraneo avevamo messo quattro pistole e tre carabine sotto un materasso. Ma se solo avessi proferito parola su dove fossero le armi, non gli sarei più servito. Mi avrebbero impiccato comunque.
    «E io ti ripeto che non so dove abbiano messo le armi, Daniel le ha nascoste senza farci sapere il posto. Non si fida di noi e non vuole rischiare che qualcuno possa sputtanarle, come sta succedendo adesso.» Hector si avvicina lentamente a ogni parola che esce dalla mia bocca, le goccioline di sudore scendono velocemente cadendo direttamente sul pavimento. Poggiò un piede su un'asta dello sgabello e sorride. «Dovrei crederti?» Spinse leggermente il piede in avanti portando sempre di più lo sgabello fuori dalla mia portata. Diede un'altra piccola spinta e un piede scivolò fuori dalla piattaforma in legno, il cappio intorno al mio collo cominciò a stringersi ogni secondo di più. «Ti porterò da Daniel, lo farò. Risparmiami ti prego!» Urlai quella frase con tutto il fiato che mi rimaneva in corpo, Hector diede un calcio finale allo sgabello che finì per schiantarsi contro il muro. Cercavo di dimenarmi credendo che la corda prima o poi si potesse spezzare, sentivo gli occhi incendiarsi e pensavo che da un momento all'altro potessero uscirmi fuori dalle orbite. «Sollevatelo.» Disse accendendosi una sigaretta, mi alzarono dalle gambe e ispirai talmente forte da peggiorare il dolore ai polmoni e alla gola. Mi tolsero il cappio e quando i miei piedi toccarono il legno del pavimento caddi in ginocchio.
    «Dovrai portarmi da questo Daniel. Se quello che hai detto è vero potrai sopravvivere, gli altri moriranno.» Alzai lo sguardo impaurito, guardava fuori dalla finestra quindi mi ritrovai a osservare il retro del suo giacchetto in jeans. «Ti daranno le armi, non c'è bisogno che tu li uccida. Non ha senso.» Vidi le sue spalle alzarsi ripetute volte e soltanto quando si voltò a guardarmi capii che stava ridendo. 

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