Capitolo 9 - Jax

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Connor Davies era un fottuto uomo morto.

Era morto nel momento stesso in cui avevo visto gli occhi verdi di Evelyn farsi lucidi e lo era stato ancora di più quando le lacrime le avevano rigato il viso. Non ero mai stato il prototipo del principe azzurro, ma mi piaceva considerarmi un gentiluomo. Non illudevo le ragazze che frequentavo, tutte loro sapevano perfettamente che ci saremmo divertiti e non ci sarebbe mai stato nulla di più, perché non sopportavo l'idea di ferire gratuitamente qualcuno specialmente se si trattava di una donna. Nessuno avrebbe mai dovuto farne piangere una e di sicuro non sarebbe mai dovuto capitare per causa mia.

- Mi hai capito, Eve? –

Annuì lentamente mentre si rimetteva seduta dritta, ma non interruppe il contatto tra di noi.

Se non ci fossimo trovati nel bel mezzo di un'aula in cui ogni dannato studente si sarebbe trasformato ben volentieri in un pettegolo le avrei passato le braccia intorno alla vita e l'avrei abbracciata finchè non fossi stato certo che era calma, ma in quel momento l'unico lusso che potevo concedermi era quella lenta e lieve carezza.

E speravo davvero che bastasse a trasmettere il messaggio che volevo.

- Connor è in astinenza da ossicodone, si sta sforzando di uscire dalla dipendenza perché sa che quando sono nei paraggi voglio che sia lucido. Immagino sia per questo che oggi è tanto nervoso ed è esploso – mormorò lentamente, tormentandosi il labbro inferiore con i denti.

Non riuscivo a crederci, stava davvero cercando una giustificazione per il comportamento di quello stronzo? Non aveva nessuna colpa se quello era geloso marcio e non controllava la lingua. La droga non c'entrava nulla in quella storia.

- Connor è un gigantesco stronzo, lo era prima dell'ossicodone e continua a esserlo anche adesso. –

Evelyn scosse il capo.

- Non lo conosci come me, so che si è pentito di quello che stava per dire non appena si è reso conto di quello che stava insinuando. –

Non ero altrettanto sicuro di quello che stava dicendo, ma dal suo sguardo era chiaro che si stesse attaccando disperatamente al desiderio di credere che il problema di Connor fosse la droga. Una cosa risolvibile, qualcosa che prima o poi avrebbe riportato il suo amico a essere il ragazzo che era una volta.

Dal canto mio ero certo che non sarebbe mai successo, ma non volevo distruggere le sue aspettative. Per quello ci avrebbe pensato il passare del tempo.

- Se la pensi così ti credo. –

O almeno credevo che lo pensasse sinceramente.

Allontanò il volto dalla mia mano e mi rivolse un sorriso timido mentre le guance riprendevano un po' di colore e si tingevano di un bel rosa acceso.

Quando s'imbarazzava in quel modo diventava incredibilmente tenera.

- Jax ... -

- Sì? –

- Grazie per avermi permesso di sfogarmi senza dire nulla. –

Le rivolsi un sorriso scherzoso: - Il dottor Miller è a sua disposizione per una seduta terapeutica ogni volta che lo desidera, signorina Wilson. –

Si aprì in un sorriso smagliante e, diavolo, mi folgorò sul serio. Le iridi verdi brillavano e il volto appariva luminoso e disteso. Mi faceva venire voglia di fare qualsiasi cosa fosse in mio potere per farla continuare a sorridermi in quel modo.

- Credo di averti giudicato male, pensavo fossi solo uno dei tanti ragazzi che corre dietro a qualsiasi cosa respiri ma mi hai appena dimostrato che non è così, quindi immagino di doverti delle scuse – mormorò, tormentandosi nervosamente le mani mentre tornava ad arrossire.

Non dissi nulla.

Non sapevo nemmeno io che tipo di persona fossi in realtà, quindi come potevo confermare o smentire un'idea che si era fatta di me? Anzi forse, visto quello che avevo scommesso poche ore prima con Graham, l'idea iniziale che si era fatta di me non era poi così errata.

- C'è solo un modo per scoprire che tipo sono davvero, no? –

E tanti saluti all'idea di comportarmi da cavaliere dall'armatura scintillante e mandare al diavolo tutta quella storia della scommessa. Evelyn mi piaceva sul serio, perciò se questo significava continuare a passare del tempo con lei non mi sarei tirato indietro. Mi sarei pentito di quella decisione, ero certo che prima o poi sarebbe andata a finire così, ma in quel momento non m'importava.

Eve mi punzecchiò un fianco.

- Fammi indovinare, il modo in questione è passare del tempo in tua compagnia? –

Le rivolsi il più angelico dei miei sorrisi.

- Ovviamente, ma solo per confermare o smentire la tua teoria. –

Mi resse il gioco, inclinando il capo di lato e lasciando le onde scure libere di ricaderle sul volto.

- Quindi è un puro esperimento per il bene della scienza? –

Allungai una mano ad allontanarle i capelli, portandole la ciocca dietro un orecchio. Mi piacevano le chiome morbide e profumate come la sua, era rilassante affondarci in mezzo le dita e giocarci.

L'immagine delle mie dita serrate intorno alle sue onde corvine mentre la stringevo a me e la baciavo si materializzò in modo tremendamente vivido nella mia mente tanto che dovetti sforzarmi di non assecondare il mio istinto e chinarmi verso di lei per realizzare quella fantasia.

Calmo Jax, non è il momento di farsi guidare dai tuoi istinti più bassi.

- Qualcosa del genere –, mormorai prima di allontanare la mano e tornare a sedermi in modo composto, - e poi c'è la questione del disegno che non mi hai ancora fatto. –

- Se mi dai qualche indicazione posso lavorarci questa sera dopo gli allenamenti. –

Ed eccolo lì lo spiraglio che mi avrebbe permesso di trovare una scusa valida per convincerla a passare la serata con me.

- Se vuoi posso passare da te dopo la palestra e ti fornisco tutti i dettagli. Non voglio farti perdere tempo con una bozza su cui poi dovresti nuovamente mettere le mani. –

La vidi farsi pensierosa mentre tornava a tormentarsi il labbro inferiore affondandovi i denti.

Si rendeva conto di quanto fosse sensuale quando compiva quel gesto?

- Va bene -, cedette alla fine, - dopotutto devo sdebitarmi per la piccola sessione terapeutica di prima. Alle nove? –

- È perfetto. –

Strappai un angolo del foglio e le passai il tutto affinchè segnasse numero di telefono e indirizzo.

Per la prima volta da non ricordavo nemmeno quanto tempo tornavo a essere sinceramente euforico per un appuntamento.

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