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Tw: a un certo
punto 🎺 in stile
ottocentesco?

Quella notte, Manuel sogna due guance rosse rosse come lo zafferano e delle labbra piene e delineate, si agita nel sonno, e si sveglia umido di sudore e sicuramente di cattivo umore.
Non capisce, non comprende cosa quel ragazzetto gli abbia fatto e perché la sua mente, caparbia, continui a rimandarlo a lui.
La stanza è umida e fredda, ma almeno si è coperto con il lenzuolo e può alzarsi senza sentire il male alle ossa che ha avvertito le volte che si è trovato costretto a dormire sulla sua barca per notti intere.
Il malumore cresce e sale come tempesta, mentre esce dalla stanzetta che è ancora buio, dopo aver raccattato le sue poche cose.
Dabbasso, Mariuccia è già in piedi.
Sta preparando la lisciva e ha le mani affondate nell'acqua fredda fino ai gomiti.

"Manuè, già te ne vai?", ha la voce assonnata e Manuel si domanda se abbia riposato almeno un poco, quella notte.
Si avvicina a lei e le narici gli si riempiono del profumo del sapone che sta preparando.

"Sì, che ho da preparare il nuovo carico"

E Mariuccia lo guarda, aggrottando un po' le sopracciglia e subito caccia fuori le mani dall'acqua, che sono rosse per il freddo e nella mente del ragazzo si ripropongono prepotenti scene dei sogni che l'hanno tormentato quella notte.
Scaccia allora di nuovo il pensiero con prepotenza, mentre si affretta a prendere un canovaccio dal bancone e porgerlo alla donna, che comunque gli sorride dolce.
La locanda è avvolta ancora nel buio, e una candela fiammeggia lenta, ondeggia, vicino alla porta e ne illumina solo una porzione.

"C'hai na faccia bianca bianca, fijo mio, che tieni?", si strofina le mani nel canovaccio e poi gli si avvicina con l'espressione preoccupata.

"Nun me fa' biastimà, Mariù" Manuel mastica le parole tra i denti, e tiene lo sguardo basso, che non può dirle il vero motivo del suo malumore e quindi "A stanza che m'hai dato nun è bona manco a tenecce l'animali."

Ed è una bugia, che alla fine ha dormito in posti decisamente peggiori e Mariuccia sembra saperlo, perché prorompe in una risata piuttosto divertita.

"Ma se prima de conoscette' t'ho visto dormì sotto li cartoni, ar porto!"

Manuel sbuffa e si alza dallo sgabello, improvvisamente a disagio.
Che davvero ha dormito nei posti più scomodi e freddi, ma lo sguardo inquisitore di Mariuccia sembra da sempre in grado di scavargli un buco dentro e questo è quanto di più scomodo possa provare un uomo schivo come lo è lui.

"Che c'hai, Manuè? Lo sai che co' me puoi parla'."

La donna si allontana un attimo, il tempo di raccattare il catino di rame dal focolare.
Prende una tazza di coccio e la mette davanti al ragazzo, poi la riempie con il latte caldo; solo dopo, gli mette vicino un tozzo di pane.
E Manuel vorrebbe sorriderle e mangiare come fa sempre, ma non ci riesce. Sente lo stomaco in subbuglio e Mariuccia lo guarda come avesse capito già.

"E che è, so' malanni d'amore? E chi è 'sta santa donna che l'ha spuntata alla fine?"

Ha il riso nelle parole e lo stomaco di Manuel si chiude ancora di più, ma si convince che è solo perché è vuoto, che non mangia dalla mattina prima. Quindi prende il pezzo di pane e l'affonda nel latte caldo.
Da' un morso e per un attimo sembra andare meglio.

"Macchè amore, Mariù. Ma chi tiene tempo?" mastica concitato e butta giù, poi beve e il calore del latte lo rinfranca, lo riscalda da dentro "Ho dormito male, questo è. Nun te preoccupa'."

"Vabbè," la donna si strofina di nuovo le mani nel canovaccio, e ora non sono più tanto rosse, ma poi si volta di nuovo verso la tinozza nel quale aveva lasciato a riposare la lisciva "Ma nun è mica mia 'a colpa. Chi prima arriva, megl'alloggia e Simone è arrivato prima de te."

Sotto l'ombra della banchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora