Non ne comprendo il motivo, tuttavia mi ritrovo d'accordo con molte delle posizioni leopardiane intorno all'inevitabile infelicità dell'uomo, causata da una natura matrigna che non si cura dei propri figli, una progenitrice anaffettiva che colloca ogni essere vivente sul globo per il puro e sadico gusto di vederli soffrire.
Come Leopardi, d'altronde, sto gradualmente componendo il mio "Zibaldone", il mio diario personale, al cui interno esprimo ogni pensiero relativo a te, cara, a te che hai riacceso in me una luce di speme, un fioco lume che già in passato aveva deciso di estinguersi.
Certo, finalmente i miei occhi si stanno abituando nuovamente alle tue espressioni, ma soprattutto le mie orecchie alla tua candida, lieve, melliflua voce che non fa altro che permanere nella mia testa come un picchio, il quale dopo aver becchettato la corteccia di un albero trascorre tutto l'inverno al suo interno, con la speranza di sopravvivere alle interperie.
Tuttavia avverto qualcosa di diverso.
Oramai sono in grado di rivolgerti la parola, di discorrere con te come in passato ho sempre sognato di fare, ma spesso la realtà è differente dall'immaginazione: perché non percepisco più quel fuoco? cos'è accaduto? sei cambiata anche tu o solamente io?
Mi sono accorto che non mi piaci più, perlomeno non più come prima.
Alla fine, sei una ragazza normale, forse troppo normale. Non riesco più ad individuare quella traccia di diversità che mi attrasse dopo l'esame. Ti comporti come tutte le ragazzine: stai assieme al tuo gruppo di amiche, adocchi qualche ragazzo e ti limiti a vivere nella trivialità e nella superficialità di cui ti pentirai un domani.
In più, ho l'impressione che non si sia modificata la tua immagine di me: da come mi guardi, le poche volte che ti permetti di farlo, capisco che vorresti fossi su un altro pianeta tanto non sei in grado di rassegnarti che mi hai conosciuto, sì, Mati, ci siamo incontrati fuori da scuola, ma tu vuoi dimenticarlo e sei consapevole di non poterlo fare.
Ciò che più mi colpisce è, però, la tua inaspettata arroganza.
Probabilmente se avessi avuto esperienza di questa parte di te non mi sarei mai avvicinato al Grande Burrone.
Ogni tanto ci contattiamo, lo so, ma il modo con cui rispondi ai miei messaggi è più gelido del suolo di Plutone.
Non ti capisco.
Probabilmente, anzi quasi sicuramente non lo farò mai.
Cosa mi spinge a continuare a starti vicino? a volerti vedere sorridere? a volermi sentire partecipe, per un ultimo periodo, della tua vita?
Non lo so.
Perché nessuno si arrovella di preoccupazioni per me? Per quale motivo sono sempre io a farlo per gli altri?
Sono solo.
Non sono nessuno, forse non merito nessuno.
E se invece fossero gli altri a non meritarmi? Io pretendo solo di non essere trattato così, proprio dalla ragazza con cui mi sono sentito più in simbiosi in tutta la mia esistenza.
Allora è l'esatto contrario: il mio valore non può permettersi di trovarsi alla mercé di un individuo che per di più non mi accetta.
Io sono di più.
Lei non è assolutamente degna di ricevere il mio affetto e io non sono tenuto a manifestarglielo.
Nonostante tutto, voglio tentare l'impossibile: durante le vacanze natalizie proverò ad invitarla ad un uscita, questa volta, però, sarò io a chiederglielo, come lei fece con me.
Se accetterà rivaluterò tutte le precedenti riflessioni, se dovesse rifiutare, la sua esistenza non rappresenterà altro che un'effimera presenza nell'aria, un granello di sabbia nel mare, simbolo della nuova immensità del mio ego.
Credo si tratti di una sfida ormai, una sfida personale; Tu non sei più così rilevante, perlomeno hai smarrito quel fascino e credo di cominciare a detestarti.
Mi dispiace.
"Hai fatto tutto da sola"
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Matilde
RomanceUn breve racconto che analizza di ciò che la prima esperienza sentimentale, se vissuta negativamente, può causare in un adolescente ricco di insicurezze. La storia potrebbe essere utile a coloro che si trovano in difficoltà, per non sentirsi soli, i...