Capitolo 1 ☆-- La Piccola Tazza

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"Svegliati...avanti su cazzo...non credi che dovresti fare qualcosa?"

Parole che mi tormentavano da giorni, mesi, forse anche anni senza che io le considerassi troppo. Non mi è mai importato di cosa era astratto, né di cosa non lo era, basti pensare a come mi sono ridotto con la cocaina.
Fattosta che oggi sarebbe diventato il giorno del cambiamento, il giorno del salto di qualità, il giorno. Spero la piccola introduzione al bastardo che vi ritrovate come protagonista sia gradita e ricordata, e benvenuti a 99-00 CODEX.

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Il suono della sveglia risuonava per tutta la bianca e lussuosa stanza. Non pensavo che sarei finito per alzarmi e ragionare su quanto tempo sarebbe passato prima che quella stanza diventasse un semplice vicolo, e il bianco candido e soffice letto del cartone preso da una scatola, impregnato di vergogna e dolore che solo io ho causato. Una mattina come le altre a specchiarmi fra i miei lunghi capelli neri a quello specchio pieno di invisibili crepe che simboleggiavano tutte le cicatrici che mi porto dietro da troppi anni.
"Avanti, continua a perderti nel mio sguardo.." dicevo al mio stesso riflesso, mentre contemplavo dal profondo ciò che tutti chiamiamo "anima".
Io sono Stanis Kiliamaro, molti mi chiamano "L'Orso" oppure "Effetto Collaterale", sono la perfetta rappresentazione di colui che è su un filo dalla follia e dalla morte. Mi venne diagnosticato 5 anni fa un tumore al cervello, e questo è il mio terzultimo anno di vita.
I soldi per le cure bastano eccome, ma sono le persone intorno a me la vera malattia, e non credo di avere abbastanza soldi per poterle uccidere tutte, servirebbero 4587 sicari diversi...troppe spese. Piuttosto, penso a me e alla vita sul breve, sul cosa poter fare ora e domani, poi dopodomani e così via--

Una delle mie tante abitudini è il segnare i giorni del calendario come se fossi in una cella, a contare i giorni prima della mia fuga, oppure a contare i giorni di quanto manchi alla data X. Oggi siamo al 23 Luglio 2018, ore 6:30 della mattina. Ho già abbandonato da diversi minuti quel letto che mi dà tranquillità e serenità e sono passato allo specchio del terrore. Dopo un lavaggio veloce dei denti e del viso, inizio a cercare i vestiti più eleganti che trovo nell'armadio non troppo lontano dal bagno...

Questo appartamento è costruito come una camera d'albergo 5 stelle, mi hanno sempre affascinato molto gli alberghi, ma ovviamente, non sono fatti per viverci, così quando ho avuto abbastanza soldi ho iniziato a costruirmi la mia vita da sogno. Con i soldi della droga, ovviamente.

Iniziamo a organizzare la giornata, nella mia nera agenda, oltre qualche scarabocchio dei miei incubi e qualche calcolo di matematica messo qui e lì, ci sono le faccende che devo svolgere in modo regolare ogni giorno della settimana. Oggi è l'inizio di tutto, oggi è un bel lunedì d'estate con quella pungente brezza calda che entra nei nostri polmoni. Come sempre, prima di iniziare una giornata, ho bisogno di un caffè, un bel caffè caldo per svegliare il mio organismo e la mia mente. Inizio a credere che sono diventato molto caffè-dipendente negli ultimi anni, il ché si, mi dispiace, ma allo stesso tempo lo reputo un mio must giornaliero che dà quel tocco di "ricco più ricco" alla mia giornata. Ricordate del letto di cui vi ho parlato poco fa? Ecco, sotto ci nascondo ben 35kg di cocaina, bello vero? So che tutti voi ne vorreste un po' ma i miei prezzi sono poco vantaggiosi per dei poveri come voi, cerco di fare affari, non amici. Prendo delicatamente la mia piccola e bianca tazza di caffè, mentre lo sorseggio osservando il nulla del nero muro davanti al bianco letto, qualcosa mi coglie di sprovvista.
Inizio a vedere sangue sgorgare da dove la cocaina era nascosta e inizio a tremare, tremare così tanto per poi cadere, e davanti ai miei occhi la mia piccola e bianca tazza di caffè si era ridotta in frantumi. Così tanti, tanti frammenti di storia distrutti in un attimo. La mia vista era ofuscata, quasi vedevo doppio o non mi sembrava di vedere...iniziavo a dimenticare le cose fatte poco fa e a non elaborare lo spazio davanti a me--
"Piaciuto il siero, drogato del cazzo?" disse una voce femminile, molto aggressiva nel tono, e poco dopo, un forte dolore alla schiena...un piccolo - crack - della mia colonna al violento posarsi di uno stivale completamente nero sulla mia schiena. Ma chi cazzo si crede di essere questa? Non ha idea di chi cazzo ha come nemico adesso--
"Farai meglio a dirmi dove nascondi l'erba, bastardo" mi disse, ancora schiacciando la mia schiena.
"Chi...saresti tu?" dissi, provando a sputare parole nonostante stessi veramente male, quasi mi veninva da sputare e vomitare allo stesso momento, cosa diamine mi aveva colpito alle spalle? Non sarà mica una qualsiasi variante di un potente veleno?
"Hai un sonnifero per elefanti mescolato ad un 4% di detersivo e 1% di cianuro, in questo momento il tuo corpo reagisce come se stessi avendo un forte infarto. Ora dimmi - iniziò la donna - dove nascondi l'erba?"

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Un taxi stava sfrecciando per le strade trafficate, un bel giorno di sole che però sembrava un giorno d'inverno, l'aria era fredda, le persone tristi, e il mondo spento, senza corrente.
Un ragazzo alto, dai capelli lunghi e bianchi iniziò ad avvicinarsi ad un grande palazzo, al cui interno si trovavano una miriade di persone in giacca e cravatta, con appresso una valigia, tutte marchiate con la scritta "Quantum". Il ragazzo dai capelli bianchi e la nera giacca si avviò verso l'entrata, lussuosamente grigia e cupa.
Spinse la porta girevole ed entrò, subito circondato da sguardi di persone che alla mattina non sanno neanche se sono veramente nati o meno, sguardi persi in colui che potevano tranquillamente eleggere a Messia in quel momento. Il ragazzo prese il primo ascensore che trovò e, pensandoci un secondo, decise di premere il pulsante che lo conduceva direttamente alla sala di colui che gestisce tutto dall'alto. Arrivato, venne preso da una guardia, vestita da militare e armata di AK-74, con un misuratore di temperatura ed un foglio con alcune scritte in esso.
"Nome prego?" disse la guardia, scrutando dall'alto al basso il ragazzo, chiaramente un po' più alto di lui.
"Damian Moroz, e lei, guardia?" disse con superiorità Damian, i suoi occhi rossi quasi inquietavano il soldato.
"Informazioni archiviate dal governo, io non ho un'identità, io seguo il protocollo. Data di nascita?" disse quasi con soddisfazione la guardia, come se avesse appena vinto una partita di Blackjack.
"15 Febbraio 1995, e se ti interessa per il tuo insulso foglio di carta sono anche di gruppo sanguigno AB. Mio padre è emigrato dalla Bielorussia a soli 16 anni assieme ai suoi nonni ed adesso vive stabilmente qui, o almeno, ora è in un ospizio, non ha più la testa di un tempo" disse, ancora in modo arrogante e spavaldo Damian.
"Entri pure, non posso usare la violenza su di lei purtroppo, ma le consiglio di gestire la sua lingua, ragazzo" disse stizzita la guardia, che si apprestò a entrare in una stanza, nella cui porta era scritto "Safe Room- Staff Only". Si sentirono due o tre colpi di pistola, ma a Damian non interessava, quasi la guardò con disgusto andare via mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Ad ogni modo, non poteva distrarsi da cosa doveva fare, perciò si incamminò verso una grande porta, con su scritto "President" in essa, e la aprì, facendolo entrare in una enorme stanza nera, con degli strani blocchi d'oro piazziati qua e là, un divanetto bianco, ed un bagno in bella vista. Sulla scrivania sedeva un uomo, con una lunga e nera barba, calvo, attaccato ad un aflebo, che portava attaccata al petto una targhetta con su scritto "Gli Schiavi Sono Muti".
"È lei il capo qui?" chiese Damian, noncurante della targhetta, iniziando un po' ad osservare l'anziano.
"Gli schiavi non parlano, Damian Moroz..." disse, quasi sofferente e singhiozzando l'anziano, mentre si avvicinava di più al ragazzo..-
"Cosa ti porta qui, Mamian Doroz?" disse poi, osservandolo dritto negli occhi.
"Il bisogno di far parlare gli schiavi, nome?" disse di nuovo con tono violento Damian, che quasi stava per prendere per il collo l'anziano, ma il suo buon senso gli diceva di trattenersi. C'erano alcune telecamere nella stanza, ma Damian le notò troppo tardi.
"Anche tu sei uno schiavo, Damian...tutti siamo prigionieri di qualcosa, non credi? Chi dei propri peccati...chi delle proprie paure o difetti..." disse il vecchio, procendendo a sdraiarsi nel bianco divanetto mentre lo diceva, addormentandosi sul colpo.
"Oi vecchio! Non ho finito di farti le domande, credi di poter semplicemente dormire!?" urlò Damian, chiaramente scazzato dal trattamento appena ricevuto.

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