<<direi che così può andare>> sistemo il fiocco rosa della divisa.<<sono carina, sorellona?>> domanda il piccolo scricciolo dai capelli rossi di fronte a me. Mia sorella. Athanasia. Nome insolito, lo so. I nostri genitori erano convinti che sarebbe stato bello assegnare ad ognuna di noi un nome che suonasse regale, un nome che nella vita sarebbe stato riconosciuto e sicuramente il suo lo è, non il mio ma il suo. Mamma e papà hanno occhi solo per la loro dolce Athanasia, prima del suo nome e pronta a grandi cose.
Non sto dicendo che non mi amino, anzi credo che l'affetto che provano per me sia incommensurabile; sto solo dicendo che il nome bello hanno deciso di darlo alla loro seconda figlia, non alla prima, alla seconda.
<<Kat, siete pronte?>> urla mia madre da un punto indefinito dell'enorme casa. Personalmente non trovo così divertente l'idea di vivere in una villa e buttare via i soldi mentre moltissime persone, in questo momento, stanno morendo di fame. Però una singola persona non può fare la differenza: è un po' come un granello di sale in un bicchiere d'acqua, c'è ma non si sente.
<<solo un secondo>> rispondo <<vogliamo fare le trecce?>> dico quest'ultima frase rivolta alla mia sorellina.
<<no>> scuote la testa. Questa bambina sta per cominciare il primo anno alle elementari in una prestigiosa scuola privata <<non mi piacciono le trecce>>
<<però sono belle>>
<<le principesse non hanno le trecce>> scuote la testa mentre mi guarda con i suoi grandi occhi verdi.
<<Anna ha le trecce e i capelli proprio come i tuoi>>
<<a me piace Elsa>> mette il broncio incrociando le braccia al petto. Credo sia impossibile discutere con lei, quando ha deciso che è no è no. Ragazzina testarda.
<<va bene>> sbuffo per scherzo <<ora andiamo da mamma. Oggi è un grande giorno>>
<<inizi anche tu la scuola?>> la scuola. Il primo anno. Il liceo.
Alzo lo sguardo e mi vedo riflessa nel grande specchio di camera mia: i capelli sono in ordine, i vestiti stirati, il viso truccato. Tutto è perfetto, ma io non mi sento perfetta, non mi sento la principessa di una favola né la cattiva della storia. Non mi sento nessuno. Sono semplicemente io. Kathrine Davis, la ragazza senza niente di particolare.
<<si, Athy. Inizio anch'io la scuola>> il liceo Helen C. Peirce per la precisione; la scuola dei figli ricchi e snob di persone ricche e potenti, tra cui io ovviamente. Non so se davvero la descrizione mi si addica, però è abbastanza generica da includermi nel quadretto. Un quadretto davvero patetico direi.
<<hai paura?>> strano come i bambini riescano a leggerti dentro, riescano a percepire ogni tua piccola emozione da un solo impercettibile sguardo. Osservo il viso di mia sorella, sta attendendo una risposta che potrebbe aiutarla a iniziare questo nuovo percorso oppure intimorirla fino a scomparire in sé stessa.
<<no>> decido infine che la risposta giusta è darle la sicurezza per affrontare questa giornata al meglio, nonostante stia lentamente morendo dentro <<è solo la scuola, non bisogna avere paura della scuola>>
<<e se i bambini sono cattivi?>> come posso dirle in modo carino che i bambini sono sempre cattivi? Semplice: non posso.
<<sono sicurissima che saranno tutti molto gentili. Tu sorridi e divertiti, Athy>> inspiro e espiro <<il sole splende oggi, hai visto?>> si gira e guarda fuori dalla finestra <<finchè splenderà il sole andrà tutto bene>>
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Il mio fratellastro è un Bad Boy
Romance"è uno dei ragazzi più popolari Elisabeth. Lui e i suoi amici sono i divi della scuola, come una band per ragazzine, e tutte sognano di stare con loro come se fossero star."sospira "e questa è la parte pericolosa, non sai di cosa sono capaci le lor...