Epilogo: Domani (2/2)

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Credo sia giusto passare ai ringraziamenti e ai saluti adesso invece che dopo, alla fine del capitolo. Spero che questa storia vi sia piaciuta almeno un po' 💜
So che non è molto leggera da leggere ma a 15 anni mi era piaciuta così tanto e non potevo ora, a 23 anni, non portarla anche qui su wattpad riadattata ai polli.
Detto ciò, ringrazio chi l'ha letta e chi la leggerà in futuro e scusate se qualche volta vi ho fatto aspettare un po' troppo.
Buona lettura e a presto. 🤍

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Quando Mattia si sveglia il giorno successivo, però, loro non vanno al mare. In effetti, non c'è più nessun 'loro'.
Non ci sono più note gialle sui muri, nessuna parola sull'ultima pagina dell'album, nessuna posizione compromettente o hamburger sul tettino della macchina. C'è solo lui che si affretta sugli scalini diretto alla fabbrica, che mangia zuppa ad un tavolo vuoto, che aspetta le sette per uscire sul terrazzo con gli occhi fissi sul balcone di fianco e una strana sensazione che qualcosa manchi.
Mentre abbozza qualche passo sotto le luci indistinte del palco, fissa una sedia vuota dall'altra parte del locale e si domanda cosa significhi quel vuoto che si sente dentro, e perché tutti i movimenti li esegue nel modo sbagliato. Luigi prova a sistemargli il volume per riportarlo con i piedi per terra. Ma rinuncia dopo la pausa, "Che ti prende?"
"Non lo so," Mattia. Oggi non è successo nulla fuori dall'ordinario. Tutto è andato secondo le note appuntate sull'album.

"Dov'è lo scrittore? Christian Stefanelli?"
"Lo scrittore?" è quello che Mattia voleva domandare, ma gli esce solo un sussulto di panico inspiegabile e un dolore troppo grande per poter essere descritto. D'istinto, recupera l'album, sfoglia di nuovo le pagine, di nuovo, e di nuovo ancora con quello stesso gemito tremante, "Non conosco nessuno scrittore."

Un mazzetto di margherite pressate scivola fuori dalla copertina posteriore dell'album. Mattia si spezza. E non c'è nessuno a sorreggerlo questa volta.

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Si sveglia un giorno di ottobre per dipingere di verde le pareti, di quel colore di erba sintetica che non muore mai. Ottobre secca il mondo ad ogni tramonto, finché non puzza di foglie decomposte e promesse dimenticate. Con ottobre arriva anche quella pioggia incessante che lava via le impronte e porta nuovi clienti al locale.

Si sveglia in un giorno di novembre con la neve accumulata fuori dalla finestra. Un impulso familiare di soffocare il viso nel cuscino e piangere come se non ci fosse più un domani si incaglia nelle budella. Novembre porta con sé giorni che svaniscono nell'aria sottile e notti che diventano l'inizio della fine e la fine dell'inizio. Nei giorni di novembre i domani smettono di arrivare. In un giorno di novembre si domanda da quant'è che vive così, e quanto ancora continuerà a vivere così, quanti domani restano prima che il tempo lo lasci andare.

Si sveglia in un giorno di dicembre - mancano quattro giorni al Natale - quando qualcuno gli bussa alla porta. Il buio ha ingoiato l'appartamento mentre si dirige lungo il corridoio per aprire, le dita che tastano il muro mentre schiava la porta e la apre e...
"Matti," ansima il ragazzo sull'uscio. Quello che si imprime dentro Mattia è una fusione di labbra cineree e occhi gonfi, un tremolio sotto ad un camice d'ospedale, nulla che gli ha salvato i capelli dall'essere bagnati di neve e ciabatte di plastica ai piedi. Il ragazzo forse sta provando a sorridere, le tracce di quello sforzo gli tirano tristemente i lati della bocca, ma tutto svanisce quando prova a muovere la mascella di nuovo, "Matti," ed escono solo singhiozzi, "Matti, Matti..."
Un'enorme e inesplicabile corrente calda di sollievo lava l'interno di Mattia, sebbene non sia abbastanza per non fargli gracchiare, esitante, "Chi sei?"

Una pausa.
"Ovvio, ovvio che avresti dimenticato. Che stupido che sono..."

Trattenendo il respiro, Mattia guarda con curiosità - o forse con un'indefinibile empatia - qualcosa sgorgare dagli occhi già arrossati del ragazzo. Ed è terrificante come quella costruzione perfetta di ossa si possa spezzare al rallentatore con quella facilità. Il ragazzo si abbandona ad un tremito alla volta, dipanandosi sulle cicatrici, e si abbandona ad un eruzione di singulti silenziosi. Gli avambracci asciugano le lacrime e l'intero petto è scosso da un dolore inconsolabile. Alla fine ingoia tutto, rumorosamente.
Fa un piccolo gesto di saluto con la mano, e sembra così fragile, "Scusami per il disturbo. Ho solo pensato... in caso ti fossi ricordato... ma, è solo che... non importa. Ora me ne vado..."

Anterograde Tomorrow ㅡ ZenzonelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora