Otsukaresama

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Parola per ringraziare le persone che hanno dimostrato un grande impegno nello svolgere i propri compiti.
Con questa espressione si riconosce il loro duro lavoro.
Spesso la si utilizza per accogliere chi torna a casa dall'ufficio dopo una lunga giornata di lavoro.



Tokyo

Capitale del Giappone.
Detta la città che non dorme mai.
Una metropoli immensa, vibrante e ricca di stimoli.
Nella sua grandezza si trovano quartieri suggestivi, tradizioni senza tempo, luci al neon e insegne luminose.
Era una città che aveva sempre offerto e sempre avrebbe offerto esperienze così straordinarie da apparire come se ogni sogno potesse concretizzarsi.
Camminare per i suoi quartieri equivaleva a entrare in una sorta di realtà parallela, suscitando puntualmente una reazione diversa in ogni individuo.
Dalle luci psichedeliche di Shinjuku e ai suoi vicoli labirintici e fumosi alle atmosfere dark-night di Roppongi, e ancora dagli scorci persi nel tempo di Asakusa al mondo immaginario e fantastico di Akhiabara, fino ai set vellutati della ricca e lussuosa Ginza.
Sono questi i mille volti di Tokyo, una città unica al mondo, inconfondibile e non equiparabile.
Gli sguardi dei viaggiatori si perdevano tra le vetrine nipponiche, tra grattacieli foderati da insegne fluo e a tratti ipnotiche.
Uno dei punti più belli per ammirare il fantastico Skyline di Tokyo era sicuramente l'isola artificiale di Odaiba, un luogo perfetto per fare una passeggiata e soprattutto per ammirare il tramonto e lo splendido Rainbow Bridge.
Il romanticismo sembrava averlo dipinto magistralmente.
Rappresentava una meta classica per coloro che decidevano di esternare i propri sentimenti, di trascorrere una giornata tranquilla o di passare un primo appuntamento.
La natura lì regnava sovrana: le sfumature di verde impreziosivano i rami degli alberi, i canti degli uccelli dominavano l'aria e cullavano la mente.

Sospirò e puntò lo sguardo al cielo mentre la leggera brezza primaverile muoveva i suoi capelli corti che sarebbero dovuti rimanere immobili grazie alla gelatina che portava sui ciuffi anteriori.
Ciuffetti che erano sempre andati per i fatti loro a causa della loro forma.
Il ragazzo in questione se ne stava seduto su un pilone del famoso ponte colorato, una gamba penzoloni nel vuoto e l'altra piegata a mo di supporto in modo tale da poggiarvici il braccio destro.
Guardò l'orologio al polso, il suo ultimo regalo.

19.12

Il tramonto era ufficialmente iniziato da un paio di minuti e lui non aspettava altro che vedere quei colori caldi che gli riportavano alla mente i momenti più belli della sua vita.
I primi amici, le prime cotte, i primi litigi... per non parlare dei successi e fallimenti.
Si... era stato difficile da ammettere all'inizio ma aveva avuto anche quelli e avevano fatto male.
Tutto ciò che aveva percorso e affrontato era stato in grado di portarlo in alto ad una velocità sorprendente e per questo veniva contemporaneamente acclamato e invidiato.
Molti avrebbero dato di tutto pur di farlo precipitare dalla vetta del trionfo.
Dopotutto non era facile accettare che un ragazzo di appena venticinque anni fosse considerato l'Hero più forte di sempre, colui a cui ci si doveva rivolgere in caso di bisogno.
Non era il tipo da stare al centro dell'attenzione, o meglio, odiava le telecamere e qualsiasi tipo di intervista, soprattutto se le domande andavano a scavare nella sua vita privata.

Il privato doveva rimanere tale, dava anche troppo di sé alla società.

Fin dai tempi dell'asilo la forza di tutti quelli che aveva attorno gli aveva sempre concesso di superare avversità e lo aveva reso più forte.
La famiglia, gli amici, i professori e in particolare una persona, la quale da quando si erano conosciuti aveva deciso che avrebbe voluto essere qualcosa di più per lui.

Ci si potrebbe chiedere il motivo per il quale un ragazzo che apparentemente possedeva tutto fosse seduto da solo quel ponte.

La scelta non era stata casuale.

Mha One Shots - La RaccoltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora