Atto Primo - Fiordalisi

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Paul Sunday l'aveva definita una città. Una bugia gliela puoi perdonare, non ha importanza che Little Boston sia in realtà un fottuto buco sulla cartina. Un pugno di case su cui il sole batte dritto, e solo la biscia lucente dei binari nel mezzo sta a dire che Dio non ha dimenticato quel ritaglio di sabbia. La fattoria Sunday è ancora più patetica, travi storte e finestre luride. Dalla penombra vi osservano due ragazzine e una donna, l'aria smunta e lo sguardo spaurito. I loro vestiti sono impolverati, ricuciti più e più volte. L'uomo che ti viene incontro ha il collo secco e l'aria fragile, cammina con l'aria di un gallo davanti al coltello. Ancora non capisce, ma capirà.

Guardi le capre dietro lo steccato e pensi al giorno in cui questa terra sarà verde, e ci sarà un mulino a macinare. Grazie a te, solo a te. Tiri fuori il tuo miglior sorriso, e saluti Abel Sunday.

♦ ♦ ♦

Il settimo giorno permetti a H.W. di andare a giocare con la Sunday più giovane, perché hai bisogno di cacciare seriamente, sventrare le quaglie e immaginare che siano Eli. Piccolo figlio di bastardo, con quel viso pulito ti aveva quasi fregato. Ti aveva portato la legna, stretto la mano. Ti aveva sorriso. E le donne di casa ancora pronte a servire Abel e rispettarlo, invece di tirargli il caffè in faccia. Cane misero e indegno, incapace di dare al figlio gli schiaffi che merita. Eli e il suo ghigno beffardo tolto da un bel manrovescio sui denti, gliel'avresti dato volentieri tu stesso e non avresti neanche preteso un ringraziamento per la lezione. Quest'ultima essendo: non disonorare gli ospiti.

Ma poco male, pensi e spari alla prima quaglia. Quella pulce fanatica pensa di poter abbattere il coyote, che si lasci dunque sognare la pulce. Che si continui a prometterle castelli di carte. E intanto, il contratto viene firmato.

Vuoi altre due quaglie, da portare ai Sunday e alle loro bimbe troppo magre, troppo tristi. Ti spingi al colle più avanti, alle conche dove si riuniscono i cespugli e dove puoi intuire i fruscii delle quaglie, i loro richiami. Ti pieghi sulle ginocchia, cammini mezzo chino e il fucile puntato, ogni passo studiato a non far parlare troppo i sassi e il terriccio. Inizia a calare il sole, e della fattoria non vedi che un filo di fumo sopra la curva del colle, ma vai ancora avanti, ancora finché non scovi una quaglia tra i cespugli, a breve distanza da te: ne scorgi il ciuffetto nero sopra la testa, le screziature bianche, l'occhio ottuso a cui miri preciso. Ma non sei tu a sparare.

Alzi lo sguardo, la canna del fucile ancora dritta e fredda. La punti alla figura che emerge da sotto le fronde di un albero artritico, pochi metri avanti a te. Indossa i pantaloni e una giacca da uomo, ma ha i fianchi di una donna.

Si avvicina a passi lunghi, scansando i cespugli con la punta della doppietta.

«Buonasera,» saluta senza guardarti, mentre si china a raccogliere la preda, per poi legarla alla cintura dove già ciondolano altre due quaglie.

«Buonasera,» ricambi, e ti raddrizzi perché il ginocchio inizia a farti male. «Un buon tiro.»

Solo allora alza il viso, un viso giovane e impolverato, e impolverata è la massa di ricci bruni che tiene legati in una crocchia. Guarda il tuo fucile, che ora le punta alle gambe, e si stringe nelle spalle. «È vero. Avete avuto fortuna?»

«Abbastanza.».

Ti squadra da capo a piedi, indugia sulla catena del tuo orologio, sulla tua giacca senza rammendi. S'infila una mano in tasca e ne tira fuori un portasigarette di metallo. «Non siete di qua.»

«Io e mio figlio siamo venuti a cacciare. Siamo accampati vicino ai Sunday.»

Storce la bocca e si avvicina. «Abel è in vena di simpatie? Strano,» commenta, portandosi una sigaretta alle labbra. «Fatemi accendere, siate gentile.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 09, 2023 ⏰

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