chiesi al delfino

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nei media: mad about you (ft. swan lake) by hooverphonic





Quand'era bambino, Jeongguk aveva tanti sogni e una fervida immaginazione

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Quand'era bambino, Jeongguk aveva tanti sogni e una fervida immaginazione. Sognava di diventare un aviatore, di costruire macchine volanti, di guidare una navicella spaziale. Più di tutto, però, sognava di ballare. Di indossare delle scarpette color carne e salire in punta di piedi su un palcoscenico illuminato dai riflettori. Era il suo sogno più grande e anche l'unico che avesse acquisito da qualcun altro. Lo aveva ricevuto in dono da sua madre, come se fosse parte del suo repertorio genetico.

Jeongguk era nato in una calda notte di inizio settembre. L'aria era rovente e carica di umidità. Nella stanza d'ospedale c'era una donna sola stesa sul lettino, in preda ai dolori del travaglio. Respirava a fatica, aggrappandosi con tutte le sue forze alle lenzuola candide, pregne del suo sudore. Inspirava a fondo dal naso, tratteneva il fiato e poi espirava dalla bocca fino a svuotarsi il petto. Ancora e ancora. Di tanto in tanto una contrazione più forte delle altre la faceva guaire, col capo riverso all'indietro e la bocca spalancata in un grido muto.

Il suo nome era Park Hye-Ran.

Nomen omen, dicevano i latini. Il destino nel nome.

E Hye-Ran era l'incarnazione del suo nome: aggraziata come un cigno, bella come un'orchidea. Lo era sempre stata, eppure a vederla in quel momento non sembrava più lei. La figura minuta e scarna, il volto cinereo con le guance scavate, le labbra livide e il pancione gonfio segnato dai capillari violacei l'avevano resa quasi irriconoscibile. Quel pancione che le pareva un corpo così estraneo a una figura longilinea come la sua. Difatti, nessuno l'aveva riconosciuta in quella clinica poco raccomandabile. Dopotutto, l'aveva scelta apposta per quel motivo. L'anonimato.

Che strana la vita. Hye-Ran un tempo era una stella. Un étoile. Tutta la nazione conosceva il suo nome. O almeno la sua parte borghese, perché al di fuori del mondo patinato della danza, quel mondo feroce che l'aveva sbattuta fuori come un vecchio carillon rotto da sostituire, lei non era più nessuno. Era soltanto una donna sola, spezzata e gravida. Un animale da palcoscenico a cui avevano strappato via quest'ultimo, lasciando solo l'involucro di una donna che porta in grembo il suo bambino. E quel bambino, il cui cuore minuscolo frullava come le ali di un uccellino dentro il suo corpo, era Jeongguk.

In nove mesi di gravidanza non aveva provato mai, neppure una volta, l'istinto materno per quella creatura estranea che stava crescendo dentro di lei. Le avevano detto che diventare madre sarebbe stata l'esperienza più bella della sua vita, un dono di Dio. È naturale, sarà spontaneo come respirare, le dicevano. Lui è sangue del tuo sangue, carne della tua carne. Lo amerai con tutto il tuo cuore. Non potrai farne a meno.

Tuttavia, per Hye-Ran, quel bambino era solo la ragione per cui la sua carriera era andata in fumo, la ragione per cui l'uomo di cui si era innamorata, un noto sceneggiatore conosciuto a teatro, l'aveva abbandonata. Non si conoscevano da tanto, perciò non sapevano molte cose l'uno dell'altra. Hye-Ran sapeva solo che viaggiava tanto a causa del suo lavoro, proprio come lei, per cui si vedevano di rado, quando gli impegni di entrambi lo permettevano. Era un uomo affascinante, innegabilmente bello, e attirava su di sé innumerevoli sguardi quando entrava in un posto. Era anche carismatico e benvoluto da tutti, chiunque lo conoscesse lo lodava per il suo carattere spumeggiante e per il sorriso che non lasciava mai le sue labbra.

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