Abissi

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Una voragine.
Il mare apre le fauci e tutto sprofonda.
Col distacco dello spettatore lontano, nell'occhio del ciclone c'è chi aspetta di "vedere come va".
Immobile.
Una fossa pianta le sue le radici nel buio di quell'infinita massa d'acqua salmastra.
Sospesa, in costante discesa verso il fondo, guardo l'incresparsi della superficie e il sole che debolmente cerca di farsi largo tra le acque.
Il peso dell'oceano è la mia ancora.
Ero una nave.
Voci ed eco di passi animano i miei pomeriggi, i ricordi dell'orchestra mi commuovono ancora.
In questa perenne notte immagino di chiaccherare amabilmente, all'infinito, coi miei ex-passeggeri. Racconto loro cosa faccio e la mia storia, chi mi ha costruita e perché.
Molto meglio che scrutare il buio e domandarsi quanto manchi al fondale.
D'un tratto però, mi accorgo che alcuni sub hanno preso a visitarmi. Vengono e vanno, allegri e curiosi.
Mi entrano nel cuore e apprezzano come fossi un gioiello.
Li aspetto ogni giorno e, quando se ne vanno, li vedo spuntare coi miei passeggeri nella platea di immaginari ascoltatori.
Un giorno le loro visite iniziano a diradarsi.
Da ogni settimana a ogni mese, a soltanto una volta l'anno... Comprendo bene che, per esplorare un relitto, non ci vuole una vita intera.
Inoltre, il mio costante placido sprofondare ha reso sempre più complicate le loro visite...
Tanto da trovarmi a pensare:
"Non fermatevi ancora! Sento che per voi è sempre più difficile farmi compagnia".
È forse la logica sbagliata, ma lo sapevo da sempre.
Dovrei augurarvi buon viaggio, sperando possiate presto a rivedere il sole e i gabbiani... Ma proprio non riesco e mi chiedo cosa dica questo di me.

L'Haiku del tentativoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora