Di sogno e di realtà

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Sono tanto stanco... ci mancava solo una visita sgradita "Vada via".

La donna sente chiaramente la mia voce dalla porta della stanza da letto, aperta. È in attesa di incontrare un malato in convalescenza dagli esiti di un terribile incidente. Finalmente mi parla "Ero certa che sarebbe finita così. La base per la guarigione di un paziente è la volontà, mi disse l'insegnante il primo giorno della specializzazione in fisioterapia".
La sfrontata è stata chiamata al mio capezzale da Tony Stark, un amico. Ho discusso con ogni fisioterapista che mi ha assistito. Sono scappati nonostante lo stipendio e l'alloggio offerto proprio da Stark, una villa favolosa poco fuori New York, immersa nel verde della campagna e con ogni comfort, compresi piscina e palestra con attrezzi per la ginnastica dei malati.

"Va bene, buon proseguo".

È la migliore, bravissima, è un miracolo si sia liberata e sia disponibile. Ti prego, Clint, non ti rimetterai mai se non ti affidi a un professionista. Rammento le frasi di Natasha e la mia replica Resterò bloccato in questo maledetto letto, non illuderti. La ripeto alla fisioterapista, giusto per essere chiaro.

"Sbaglia, signor Barton, ho il cento per cento di successi. Ho rimesso in piedi tutti i pazienti che ho curato. Tutti. Può chiedere a loro, non sto mentendo né mi sto vantando" ha una tempra mordace e so che è eccellente. Alcuni conoscenti l'hanno segnalata ai miei colleghi Avengers per le doti umane ed empatiche, parallele e fondamentali alla bravura nella professione.

"Vieni avanti, presuntuosa" non immagino che la voce appartenga a una ragazza più giovane di me, molto carina.

"Buongiorno, signor Barton. Sono Rafflesia Tyler, molto lieta" il candore della tuta di felpa valorizza il carminio delle labbra, e il corvino del lungo manto di capelli. Gli occhi, del verde delle carnose olive del Mar Mediterraneo, mi esaminano con attenzione.

Immobile, la schiena posata su tre guanciali in un sudario di malattia, provato dagli interventi subiti e dal dolore, ho ben poco del supereroe che sono stato. Con gli occhiali da vista, la barba lunga, i capelli sporchi, trasandato, sono un ricordo sbiadito dell'atletico arciere che ero "Sicura di essere una fisioterapista?".

"Sicurissima e non mi offenderò delle parole di uno che non si lava da una settimana e puzza come una capra" mi dà una stoccata, facendomi arrossire e pure ridere fino alle lacrime. Era tanto che non ridevo, stento a riconoscere il suono della mia risata "La capra chiede venia" non riesco a pronunciarlo, per le risate.

"Capra, qui hanno tutti paura di dirti la verità. Veniamo al punto. Posso prometterti che camminerai di nuovo se ti impegnerai a lavorare con me. Se non lo farai, userai quella" indica la sedia a rotelle posta in un angolo della pomposa stanza "per sempre".

Sbuffo "Perché saresti più brava degli altri che ti hanno preceduta?".

"Cerco di immedesimarmi, di capire i bisogni delle persone" è una ricetta semplice, la condivido.

"I miei sarebbero?".

"A parte un bagno in acqua bollente e sapone di Marsiglia? Chiamare i tuoi amici" segnala un taccuino riempito di messaggi di chi mi ha cercato "Stare con loro" si sofferma su una foto di gruppo incorniciata sul comodino "Mangiare, dato che hai perso più peso del normale. Il vitto dell'ospedale non era buono, hai un retrogusto amaro in bocca, effetto collaterale dei medicinali. Ho letto la tua cartella clinica, la ricordo a memoria".

Controbatto, caustico "Detesto la pietà negli occhi di chi guarda. Non mi va di parlare con nessuno, non riesco quasi a digitare un numero di telefono. Il cibo della clinica era immangiabile, la cuoca di Stark prepara dei pasti sulla base di una dieta datami alle dimissioni, uno schifo".

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