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Mi girava la testa e i postumi della sbornia non mi erano ancora passati, io e Giulia avevamo bevuto troppo e avremmo dovuto contenerci, prima di finire in questo stato.
Giulia stava ancora dormendo, era lunedì e
avremmo dovuto andare a scuola, mi affacciai alla finestra: la strada era deserta non c'era anima viva, erano le 11:00 eravamo a casa di mia nonna e mi chiedevo perché non ci avesse ancora svegliato, ma non ci pensai neanche troppo, la prima cosa che mi venne in mente di fare, fu quella di cambiarmi e togliermi quel sudicio  pigiama blu a righe che avevo addosso, presi i primi vestiti dal cassetto con un minimo di criterio sul colore e corsi in bagno.
Mi aggiustai un secondo i capelli e mi misi un paio di cargo neri, insieme ad una lupetto nera e una felpa zip marrone.
Le piastrelle e i muri del bagno mi sembrarono più spenti del solito, la luce a malapena traspariva dalla finestra e non c'era un filo di rumore, tutto sembrava completamente deserto.
Presi il pigiama, uscii dal bagno e mi recai in cucina. Mi sorpresi a trovare Giulia già sveglia con un caffè fumante in mano.
<<Se ti siedi ce n'è uno anche per te>>
<<Grazie, ti senti meglio? abbiamo bevuto un fottio ieri sera>>
<< Abbiamo esagerato, non smette di girarmi la testa. >>
Mi sedetti su una sedia accanto a Giulia e bagnai anche la brioches che si trovava sul tavolo, nel caffè.
<<Forse dovremmo andare a scuola>>
guardai perplesso Giulia, sono le undici e pensai che non abbia nemmeno guardato a che ora ci siamo alzati.
<<Non ti sembra un po' tardi?>>
Mi scappó una risata, << che senso avrebbe andarci per poi uscire poche ore dopo? >> dissi addentando il cornetto.
<<Allora che ne so, andiamo a fare un giro, giusto per non stare in casa.>>
Annuì con la testa e Giulia, con un sorriso soddisfatto, dopo aver finito rumorosamente il caffè, prese i suoi vestiti e agitò la sua chioma mora per andare in bagno, fece la sua solita sfilata da modella per andare a cambiarsi, che mi strappò un ulteriore risata.

Ci conoscevamo dalla seconda elementare, ma non smetteva mai di farmi ridere, anche se sapeva essere anche una ragazza sensibile, estroversa e simpatica se ci si metteva d'impegno.
Insieme facciamo ogni tipo di pazzia o cazzata:
finire in mezzo ad una rissa, fatto;
buttarci da una scogliera inimmaginabilmente alta ,fatto;
avventurarsi senza un minimo di preparazione nelle montagne, fatto;
iscriversi ad un corso di yoga e abbandonare il giorno dopo, fatto.

Ci siamo anche messi nei casini ben più di una volta: come quando per recuperare dell'erba siamo riusciti a truffare uno spacciatore, o come quando abbiamo rotto due finestre di un ospedale, per sfogarci dallo stress dei nostri opprimenti genitori.
Si può dire che ci piace spaccare cose e fare casino, ma non è colpa nostra, ci viene spontaneo, da fare.

Le nostre famiglie sono molto distanti e abbiamo sempre trovato confortante fare questo tipo di cose. Abbiamo provato anche diversi sport: corsa, tiro con l'arco, kick boxe e altre mille attività, che non sono ovviamente mai servite a niente e forse avremmo dovuto andare da un buon psicologo.

Io e Giulia alle feste facevamo sempre colpo ma non concludevamo mai niente, forse ci sentivamo un po' troppo rispetto agli altri, nessuna aveva il coraggio di farsi avanti o molto probabilmente non eravamo apprezzati, data la nostra reputazione.

In realtà  stronzata a parte, eravamo delle persone normali: entrambi con capelli neri,  alti uguali, circa un metro e sessantacinque e di fisico eravamo minuti, anche se ci allenavamo insieme qualche volta a settimana. L'unico aspetto che poteva farci risultare fuori dalle righe, ci piaceva vestirci in modo stravagante e a tratti gotico, certe volte ci acconciavamo nello stesso modo, fin tanto da scambiarci per fratello e sorella.
Tranne per il colore degli occhi.
Giulia aveva l'iride che richiamava un bosco in piena primavera, erano talmente belli e verdi che ti ci perdevi dentro, quasi non riuscivi a distogliere lo sguardo.
Invece i miei, scuri come il petrolio, sono talmente bui, che la differenza di colori fra l'iride e la pupilla è quasi impercettibile. Tutti si perdevano nei miei occhi, ma non perché erano belli, venivano attratti come da un buco nero, che risucchiava tutto e metteva in soggezione chi mi guardava.

Improvvisamente nell'intero silenzio che circondava la casa, un urlo di terrore dal bagno offuscò tutti i tristi ricordi che mi stavano riaffiorando in testa.

<<CHE CAZZO È! SAMU AIUTO>>
Sobbalzai dallo spavento, e feci cadere a terra la tazza di caffè che stavo spostando dal tavolo, rompendola in mille pezzi.
<<PRENDI UN COLTELLO, UN QUALCOSA, BASTA CHE TI SBRIGHI!>>
Afferrai un coltello  dal lavabo, ancora sporco di sugo dell'altra sera; spalancai la porta con un calcio e vidi qualcosa di raccapricciante, non era un umano ma neanche un mostro, un ammasso di carne in putrefazione di colore grigiastra, che cercava di entrare dalla finestra del bagno.
A terra che indietreggiava c'era Giulia, ancora in reggiseno, con un pettine in mano che sguainava come una spada, contro quell'essere ignobile.
<< FAI QUALCOSA>>
<<IO NON TOCCO QUEL COSO>>
<<ALLORA SBATTIGLI LA FINESTRA IN FACCIA>>.
Mi buttai sulla finestra provando spappolarlo contro il vetro, che si sporcò  di sangue mischiato ad uno strano pus blu che era uscito dal naso della creatura
<<Prendi questo!>>
A quel punto Giulia lanciò il pettine contro di lui e afferrò il coltello, mentre continuavo a colpirlo con la finestra, Giulia gli conficcò il coltello in fronte. Adesso quella specie di semi umano, impigliato ai vetri rotti della finestra  sembrò definitivamente morto.
<<È morto?>>
lentamente si allontanò dalla pozza di sangue blu, ci sporgemmo fuori dalla finestra,  il mostro era ridotto in uno stato orribile, il cervello era aperto a metà per i continui colpi della finestra e l'affondo con il coltello diede la botta finale per finirlo del tutto.
<<Lo spero.>>
Il silenzio si fece ancora più intenso, si sentivano solo i nostri respiri affannati e spaventati. A Giulia tremavano ancora le mani per lo shock, teneva saldo quel dannato coltellaccio, non l'avrebbe lasciato assolutamente per nulla al mondo.
Un telefono iniziò a squillare, la sua musichetta si diffuse per tutta la casa, fino a diventare estremamente fastidioso. Corremmo in salotto, a quanto pare il telefono era rimasto lì dall'altra sera, lo presi in mano e accettai la chiamata, il numero era sconosciuto.
Ma aldilà dello schermo una voce familiare iniziò a parlare
<<Pronto? Mi sentite? Samu, Giulia? Vi prego rispondete>>
era Sara, una nostra amica fin dalle elementari, era una delle poche amicizie che lei ed io.
Ci incontrammo per la prima volta, in prima elementare e da lì il nostro rapporto non si sciolse più. L'anno dopo arrivó Giulia, fu di Sara l'idea di accoglierla nel nostro gruppetto.
<<Sara sei tu? Che succede? Oltretutto da che numero mi stai chiamando? >>
<< Non è importante, cazzo, ditemi che state bene >>
io e Giulia sgranammo gli occhi, in che senso stavamo bene sperammo, con tutto il cuore, che il mostro, che ci aveva aggrediti trenta secondi fa, non c'entrasse niente.
<< Si stiamo bene perché? Mi puoi dire cosa sta succedendo per dio >>
<< Ci sono dei mutanti per tutta la città, si stanno mangiando le persone! Vi prego venite  qui >>
sentivo la sua voce sempre più affannosa e affaticata, sembrava stesse per svenire al telefono
<< Dove ti trovi? Ti raggiungiamo appena possibile >>
<< Sono nella lavanderia sotto casa mia, quei cosi mi sono entrati in casa, siamo dovuti scappare, Cristo Samu hanno mangiato i miei genitori e mio fratello >>
<<rinchiuditi da qualche parte noi proviamo a raggiungerti. Cerca di sopravvivere, tempo mezz'ora e siamo lì >>.
Riattaccai e guardai Giulia ignara di quello che aveva detto Sara durante la conversazione, ma prima di raccontarle tutto, mi precipitai verso l'armadio a prendere delle ricetrasmittenti: mio nonno, era un appassionato di elettronica e di oggetti con funzioni particolari, anche se in realtà non gli servivano a niente.
<< Prendi >> lanciai la ricetrasmittente verso giulia, sperando la prendesse al volo, dovevamo sbrigarci.
<< Cosa dovrei farmene di questo? Dio, Mi puoi dire che succede? Prima il mostro, poi Sara che ti chiama, puoi dirmi che vi siete detti!? >> il tono di Giulia diventó aggressivo, non potei darle torto.
<< Sara è in pericolo, a quanto pare non siamo stati gli unici a cui ha fatto visita un morto vivente in casa, ha bisogno d'aiuto e noi andremo da lei. >>
<< Porca troia, ok, va bene, come ci arriviamo da lei? >> Giulia rispose in modo titubante, per quanto era una persona molto scettica su questo tipo di  cose, quello che aveva visto in bagno era reale e stava cercando di morderla
<< Per prima cosa direi di fare scorta di cibo, armi, qualcosa di utile e se siamo troppo lontani abbiamo questi >> Giulia guardò il marchingegno che aveva in mano, dubitando della sua utilità.
<< Intendi il walkie? E se si scarica cosa facciamo? >>
<< Non è un walkie! E comunque funziona ad energia solare, quello non è un problema, ma in casi estremi magari potrebbe servire, basta connetterci nella stessa stazione radio>>
<< Non ho idea di cosa tu abbia detto, ma mi fido, se funziona come un cellulare andrà più che bene, comunque, provo a vedere se c'è qualcosa in cantina, tuo nonno ha veramente di tutto>> mi guardò con uno sguardo beffardo, che poi iniziò a diventare triste alle mie parole << già hai ragione, spero solo che stia bene >>.

RED IS BLUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora