IV

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<< Sei fuori di testa per caso?! >> Samuele era a terra, il suo braccio continuava a sanguinare, per quanto a prima vista mi sembrava una ferita marginale, era ugualmente a terra svenuto, con Sara che si era precipitata sopra a fasciargli il braccio con un pezzo della sua maglietta.
<< Avevi detto che non eri armata, non sono io quello in torto qua! >> L'uomo iniziò a strillare e agitare la pistola fumante, con cui aveva appena sparato il colpo, gli avrei voluto strappare la lingua.
<< Io ho salvato la tua amichetta del cazzo e adesso la colpa sarebbe mia? La prossima volta non ci penserò due volte  farvi a sbranare >> arrogante che non era altro, si mise a sorridere nel mentre Samuele non sembrava smettere di perdere sangue e sotto di lui si iniziò a creare una pozza di sangue.
Le mie mani sembravano andare a fuoco, avrei voluto sparare ad entrambi adesso, ma sapevo che non sarebbe quello che avrebbe voluto Samu e non voglio prendere delle decisioni affrettate da sola. La ragazza invece, Ludovica sembra sotto shock.
<< Non rispondi più eh? Se non fosse per me sareste entrambi o morti o morsi da quei mostri, non sai quanto avrei goduto, a vedere la tua faccia devastata. Sai sono molto curiosa di come gli umani vengono infettati. >>
<< Basta...>> Ludovica iniziò ad aprire bocca, finalmente.
<< Puoi ripetere grazie? >> So che non era il momento, ma non riuscì a smettere di fare l'insolente, avevo questo meccanismo di difesa quando mi sentivo in pericolo, dovevo sempre sembrare più "grossa" di chi avevo di fronte. Speravo semplicemente che un giorno di questi, questa parte del mio carattere non mi potesse portare alla morte.
<< Ho detto basta, tutti e due! C'è un ragazzo innocente che è a terra ferito e l'unica cosa che sapete fare e litigare minacciando? Siete ridicoli, fatemi passare. >> Si alzò dal suo stato di paura e si fece strada fra di noi fino ad accovacciarsi insieme a Sara, per vedere le condizioni di Samuele, cercando di asciugare il sangue con un pezzo della sua maglia.
<< Vado a farmi un giro, per vedere se c'è qualche altro morto che cammina qua fuori, prendo in prestito un arco >> mi avvicinai di nuovo agli armadietti e ne tirai fuori uno, erano di due colori diversi: uno era di colore niveo e l'altro nero come la pece, entrambi avevano un'impugnatura ergonomica e la corda elastica che sembrava tendersi fino all'infinito, se solo avessi la forza e capacità per farlo.
Presi l'arco bianco e mi diressi verso la porta d'uscita ma venni interrotta da una voce prima di uscire.
<< L'arco lo puoi anche tenere, basta che non ci abbandoni qui, sei in gamba, non fare l'errore di pensare sempre in maniera aggressiva. Comunque grazie, mi hai salvato la vita, ho qualche nozione base di soccorso, il tuo amico starà bene. >> Gli rivolsi un'occhiata e misi la mano sulla maniglia della porta, però prima di andarmene la rassicurai, provando a dire qualche parola << Tranquilla non abbandonerei mai i miei amici, ma la prossima volta non sarò così calma >> La ragazza mi fece il pollice in sù per dirmi che aveva capito tutto, avrei voluto restare qui, ma avevo i nervi a fior di pelle e prendere una boccata d'aria mi avrebbe fatto comodo, sono sicura che Sara potrà cavarsela per un po' anche da sola.
Perlustrai il bosco iniziando dalle vicinanze. Ogni singolo albero mi ricordava qualcosa di diverso, forse questo è il posto in cui ho passato più tempo a provare qualcosa che non si chiamava noia, tra tutte le attività che avevamo fatto io e Samuele questa, è stata quella che abbiamo praticato per più tempo. Nei primi giorni eravamo tutto tranne che dei talenti. Mi ricordo che al secondo anno però iniziammo a migliorare e ad allenarci gradualmente, io avevo un padre poliziotto e qualche volta ci dava qualche dritta su come mirare e respirare meglio durante un tiro. Forse era per questo che sapevo cavarmela abbastanza bene con la pistola.
I dintorni sembravano completamente desolati, sembrava che l'unico zombie nella zona fosse quello ormai stesso a terra nella struttura.
Mi spostai e iniziai ad incamminarmi verso il patibolo di tiro, c'erano sei tiri a segno con il bordo destro ricoperto di muschio, erano incastrati nel terreno per molto tempo e le gambe di legno sopra cui si reggevano  sembravano mangiucchiati da animali, il campo era sterile, fangoso e abbandonato a se stesso, sembrava esserci voluto molto poco tempo per essersi ridotto in questo modo, Essendo in un bosco, immagino che molti animali abbiano dato la meglio. Per  miracolo questo posto non era caduto a pezzi. 
Tutti e sei i tiro a segno erano disposti perpendicolarmente su una linea orizzontale bianca,  che immaginavo servisse per metterli ad una certa distanza dal tiratore. Mi posizionai davanti ad uno di essi, presi un bel respiro, una freccia, tesi la corda dell'arco fino alle mie labbra e la scoccai, una folata di vento attraversò tutto il mio corpo, mancai il bersaglio.
Presi un'altra freccia, aggiustai la posizione di partenza, tesi ancor di più la corda, per rendere più potente e preciso il tiro, un altro respiro profondo, chiusi un secondo gli occhi e scoccai la seconda freccia.
Un'altra folata di vento mi attraversò le gambe, e nei miei occhi una luce intensa di violenza sembrava avermi portata nel passato, quasi come se un grosso flashback volesse appropriarsi del mio presente.
Aprii gli occhi e il campo attorno a me era rigoglioso e ben curato, accanto a me altri cinque ragazzi si stavano allenando, tra cui Samuele, i suoi occhi brillavano, hanno sempre avuto una luce negli occhi che ti colpiva subito, dal canto suo pensa che non siano niente di che, anzi ne si lamenta dicendo che siano troppo scuri, come la pece, se solo sapesse invece quante persona abbia stregato con quegli occhi.
<< Non hai preso il bersaglio una volta! >> Si girò verso di me ridendo, calando le braccia dalla posizione di tiro.
<< Non è colpa mia se non sono capace, avrei già mollato se non ci fossi stato tu >> guardai le mie mani tremanti che reggevano l'arco.
<< Aspetta vengo lì, ti aiuto, mettiti in posizione >> Samuele si diresse verso di me e iniziò a correggermi le posizioni che mantenevo: le spalle chiuse, la schiena inclinata, le braccia non tese.
Tirai la corda per scoccare la freccia ma mi fermai.
<< Okay ora prendi un bel respiro, uno, due, tre inspira, uno due tre espira, e ora colpisci >>
Pieno centro, ma appena sbattei le palpebre, il passato continuava a ricorrere, non ero più nel campo di tiro, non ero più nel bosco.
Mi circondava una discarica, in mano non avevo più un arco ma una pistola e dietro di me, non c'era più Samuele, bensì mio padre Stefano, un uomo alto e ben piazzato, dai capelli corti castano scuro, gli occhi verdi smeraldo come i miei; cammina in modo strano e spesso ha bisogno del bastone perché quando era  un poliziotto, venne colpito durante una rapina, il proiettile trapassò il femore  e lesionò permanentemente la sua gamba, perse molto sangue e per poco non morì, per miracolo i medici riuscirono a salvargli la gamba, ma papà dovette lasciare il lavoro.
Da quel giorno non fu più lo stesso, è come se il mio vero padre fosse morto nella sparatoria. Divenne più scontroso, violento e l'alcol cominciò ad essere l'unico mezzo per tirare avanti. Insisteva che avrei dovuto imparare a difendermi da sola e a maneggiare un'arma o sarei finita come lui. Tutti i giorni mi portava in una discarica dietro la città e mi allenava, dopo qualche settimana imparai a maneggiare la pistola e qualche tempo dopo centravo il bersaglio perfettamente; per il corpo a corpo ci ho messo più tempo ed è stata estremamente dura visto che mio padre non ci andava leggero.
Mi sussurrava sempre all'orecchio mentre sparavo, che sarei morta se non avessi saputo come difendermi, che mi sarei cacciata in qualche guaio, che la morte era dietro l'angolo, mi avrebbe rincorso, fin quando non ci sarebbe stata la mia testa sottoterra.   

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