La foresta di Nessundove

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Cristina quella mattina si svegliò sentendo gli uccelllini cantare fuori dalla finestra. Il Sole filtrava dalle tapparelle e le accarezzava la pelle ambrata e i capelli marroni lisci e scompigliati dal sonno. Si era scordata di chiudere la finestra il giorno prima,infatti un vento leggero e fresco penetrava nella stanza facendo muovere le tende bianche di buona manifattura che decoravano le finestre. Non aprì subito gli occhi,si lasciò cullare dalla melodia dolce e gioiosa degli uccelli appollaiati sugli alberi fuori dalle persiane. Sbadigliò e si stiracchiò mentre apriva gli occhi. Guardò la stanza con i suoi occhi marroni,lucidi per la felicità.
La stanza era decorata a arte ma con semplice e elegante classe. Un tappeto rosso soffice era ai piedi del letto,un tavolino in legno era accanto al talamo e fungeva da comò, dal soffitto costituito da massicce travi di legno della sua stanza pendeva un lampadario beige e bianco che donava all'ambiente un'aria da locanda medievale con la sua luce soffusa.
Nella stanza cera anche un piccolo bagno. Le piastrelle beige,il  bidet di un cqndido bianco,la profumata candela che decorava il lavandino nel suo vaso di cristallo e la toilette bianca anch'essa infondevano in Cristina una tranquilla emozione di pace.
Ammirò il panorama.
NessunDove era una bella cittadina situata in montagna,circondata da boschi verdi, i quali erano permeati da una misteriosa bellezza. Un paesino con meno di tremila abitanti, ma con tutti i comfort che la gente del luogo potesse desiderare. Una foresta che abbracciava il paese, un ristorante e una pizzeria, una farmacia e un supermercato, c'era perfino il tabaccaio dov'era possibile prendere le sigarette e il giornale. C'era anche un bar dove Cristina aveva preso un caffè il giorno precedente quando era arrivata a NessunDove. Era stato uno dei caffè più cremosi e saporiti della sua vita.
Una località tranquilla e esclusiva a 2000 metri di altitudine. Respirò a pieni polmoni l'aria fresca di montagna e sorrise. Si prospettava una bella giornata di passeggiate nel bosco.
                             •°◇°•
Cristina si recò nella sala adibita per la colazione del vivacco in cui alloggiava e mangiò un'abbondante e gustosa colazione.
Ricordò la tavola imbandita del buffet e solo a rammentare la varietà di cibi le veniva l'acquolina in bocca.
Uova, frutta succosa e fresca elegantemente appoggiata su cestini di vimini. Bottiglie di vetro che contenevano succhi e tisane. Pane fragrante, barattolini di marmellate e confetture dai diversi colori l'avevano saziata e deliziata.
Aveva mangiato abbastanza da avere la carica fino allo spuntino di metà mattina. Terminata la colazione tornò in camera e dopo essersi vestita con la sua felpa preferita e aver riempito lo zaino con acqua, frutta e vestiti di ricambio prese il cellulare e guardò l'ora.
"Oh per tutti i cieli!" Sgranò gli occhi notando che il telefono nonostante fosse rimasto in carica tutta la notte,fosse quasi del tutto scarico. Decise di spegnerlo. Non poteva lasciare che questo piccolo inconveniente le impedisse di godersi una bella giornata.
Sbuffò guardando il suo telefono spento, arrabbiandosi con il caricabatterie che non aveva caricato il suo telefono. Chiuse la porta e scese le scale appoggiandosi al corrimano marrone. Sorrise radiosa vedendo l'anziana signora alla reception, la quale l'aveva presa in simpatia e aveva chiacchierato con lei il giorno precedente quando tutti i clienti del ristorante si erano ritirati nelle loro stanze. «Ha dormito bene signorina?» Esclamò la vecchia propietaria, portandosi una ciocca di argentei capelli dietro l'orecchio.  «Splendidamente!» Gioì Cristina mentre soppesava il suo peso da un piede all'altro e si legava i capelli in una coda.
«Oh,ne sono contenta.Va a esplorare i boschi?» Domandò la vecchia donna mentre si sedeva più comoda sulla sua seggiola dietro al bancone e stirava con le mani alcune pieghe invisibili sulla sua gonna blu. Cristina annuì e la donna,con un sorriso le porse una mappa del luogo. «Stia attenta signorina, le leggende del luogo narrano di misteriosi e inquietanti avvenimenti.» Ammonì la vecchia donna con un sorriso.
Cristina alzò gli occhi al cielo,ma decise di stare al gioco nonostante non fosse una persona affatto superstiziosa.
«E che genere di avvenimenti?»
«Sparizioni signorina Cristina. I forestieri che vengono a Nessundove spariscono e vengono ritrovati maciullati dopo qualche tempo. Alcuni dicono che sia un fantasma che infesta la foresta anche se è impossibile! I fantasmi non mangiano le persone!» Esclamò gesticolando con le mani e facendo tintinnare i suoi numerosi bracciali l'anziana proprietaria.
Cristina pensò che fosse plausibile. I fantasmi di sicuro non mangiavano le persone. Inoltre era certa che non esistessero. Non credeva nei fantasmi e si era sempre annoiata a guardare i film come Poltergeist.
«C'è chi invece racconta che sia solo una leggenda per spaventare i bambini monelli.» Ridacchiò la vecchia donna facendo tornare alla realtà Cristina.
«Frasi come "mangia le tue verdure o il fantasma verrà  a prenderti!" le ho sentite molto spesso dire da mia figlia alla mia cara nipotina.»
Cristina non riuscì a trattenersi dall'alzare di nuovo gli occhi al cielo e sbuffare.
«A quando risale l'ultima misteriosa sparizione?» La voce ricolma di ironica preoccupazione.
«Pressapoco 150 anni fa. E le posso assicurare che non ho mai visto in questi miei 80 anni di vita,niente del genere.» Ghignò la vecchia donna.
«Ecco! Vede! Tutte frottole per spaventare i bambini. Io vado!»Esclamò con un sorriso illuminato dal Sole.
                            •°◇°•
Cristina si avventurò nella foresta seguendo il sentiero di terra battuta, cercando di non inciampare sui sassi che sbucavano dal terreno come funghi. L'erba verde cresceva rigogliosa e i tronchi degli alberi erano ricoperti da un soffice strato di muschio. Era ormai da qualche minuto che non sentiva più né il brusio degli insetti né il canto degli uccelli e era dispiaciuta dato che adorava sentire la melodia della natura.
Le chiome si muovevano al vento e alcune foglie cadevano a terra in circolari e aggraziati movimenti. Cristina si fermò un secondo per estrarre dallo zaino la borraccia mentre prendeva dalla tasca della sua felpa preferita la mappa. Mentre si dissetava visionò la cartina geografica e notò le varie case e sentieri stilizzati essere molto lontani dalla sua pozizione,ovvero ai pedi della foresta. Si accigliò non comprendendo come il paesino potesse essere così distante dalla foresta. Era certa che la cartina avesse qualche errore dato che alle sue spalle c'era il vivacco.
Si guardò attorno e trasecolò notando che la strada,le case,il vivacco che si era lasciata alle spalle pochi metri prima erano scomparsi. Sembrava che la foresta l'avesse inghiottita. Si accinse a prendere il telefono e a accenderlo mentre tentava di non farsi divorare dall'ansia.
Quando vide l'orario sgranò gli occhi e sentì tremori percorrerle il corpo e sudore freddo bagnarle la fronte. Erano le cinque di pomeriggio. Era partita si e no 10 minuti prima. Gli alberi iniziarono a diventare curvi e a coprirle la visuale.
Si sentì soffocare mentre si guardava attorno notando che gli alberi si chiudessero sopra di lei e calava una gelida e pesante nebbia.
Si chiese se quelle leggende che l'anziana signora le aveva raccontato fossero vere. Forse era solo un lupo o un orso e lei lo aveva disturbato nel suo territorio.
Pensò che avrebbe potuto venire attaccata e realizzò che non voleva morire. Si mise a correre. Non si guardò indietro. Voltare lo sguardo ditro di sé equivaleva a prendere coscienza di ciò che poteva nascondersi nella foresta.
Sussultò quando il rumore di legnetti che si spezzavano tremendamente vicino alla sua posizione rivelò una figura ombrosa e dagli occhi scarlatti tra i tronchi massici degli alberi della foresta.
                               •°◇°•
La vecchia donna, la proprietaria del vivacco uscì dalla porta della struttura e guardò la foresta con aria pensosa. Si domandò se la giovane donna sarebbe mai tornata. Si domandò se le leggende fossero vere.
Era da 150 anni che Nessundove piangeva una vittima. Sperò che la ragazza sarebbe tornata presto dato che stava ancora conservando i suoi indumenti e i suoi averi da due giorni. Non si preoccupò di allertare le autorità. Era normale per gli abitanti di Nessundove sparire e farsi i fatti loro. Era abituata all'omertà dei suoi compaesani anche se quando anche lei e la sua famiglia giunsero per la prima volta a Nessundove rimasero spiazzati da ciò. Ma aveva imparato a farsi i fatti suoi,come i suoi concittadini.
Sei volte la luna illuminò il cielo di notte e sei volte il sole rischiarò tutto ciò che i suoi miti raggi toccavano sotto di sé.
Un cadavere venne ritrovato nella foresta.
Era una donna.
Era stata vista l'ultima volta dalla proprietaria del vivacco di Nessundove. Venne ritrovata,o almeno quello che ne restava ai piedi della foresta. Viscere e sangue fetido macchiavano il soffice tappeto di muschio e foglie verdi. Gli arti erano stati staccati dal busto e gli occhi erano scomparsi dalle cavità oculari.
Il sangue scarlatto stonava con il verde splendente degli alberi con la loro lussureggiante chioma frondosa e l'erba rigogliosa.
Era da 150 anni che Nessundove si macchiava di sangue,la popolazione rimase scossa e turbata per un giorno o due per poi dimenticarsi dell'accaduto. La verdeggiante foresta venne transennata e dopo pochi giorni tornò agibile.
                               •°◇°•
La vecchia donna,nonostante più di un mese fosse passato dall'accaduto si continuava a domandare se la leggenda fosse vera. Si recò quindi nell'Archivio Storico e cercò l'articolo che parlava della scomparsa di 150 anni prima. Si sedette su una scricchiolante e traballante sedia di legno e posò il libro che necessitava leggere su un massiccio tavolo di legno.
Iniziò a sfogliare le pagine di carta color crema. Alcune erano un po' sgualcite. Si immerse nella lettura.
Allora gli abitanti diedero la colpa ai Massoni e al Demonio. La Setta degli Ombrosi. Nata ben 300 anni prima che venerava il Diavolo e che per garantire prosperità e pace nel villaggio offriva la carne e il sangue di un agnello sacrificale. Ma dopo varie generazioni di Massoni, le offerte sacrificali non furono più animali. Iniziarono da allora le sparizioni. Inizialmente nessuno ci faveva caso. Non erano reputate importanti. La filosofia di Nessundove era quella. Omertà e "vivi e lascia vivere" anche se era più plausibile che il motto corretto fosse "muori e ignora chi muore".
Le offerte infatti non erano più agnelli, maiali o mucche. Ma persone.
La vecchia donna sgranò gli occhi e si guardò attorno attenta a non farsi notare da nessuno. Sussultò e mandò giù a vuoto. Si sentiva osservata anche se non c'era nessuno oltre a lei nella stanza.
Umani venivano sacrificati. La realizzazione pesava come un macigno sulle sue vecchie spalle.
150 anni prima  però la Setta degli Ombrosi venne sciolta e non si fecero più offerte né animali, né umane.
La donna inarcò le sopracciglia bianche e si grattò l'argentea chioma. Era impossibile che fossero i Massoni in primis perché la Setta era stada sciolta e in secundis perché non era il loro modo di offrire il corpo e il sangue del sacrificio al loro macabro dio. Loro estraevano il cuore dell'offerta mentre era ancora cosciente per poi lasciare che il sangue uscisse dal corpo e si riversasse in una brocca. Il rito terminava quando su un altare venivano posati il cuore della vittima, il sangue nella brocca e le ceneri del cadavere.
Forse era solo un orso? Un lupo magari.
Scosse la testa mordendosi le labbra malinconica e triste.
Cercò di eliminare la tristezza. Doveva farsi i fatti suoi.
Doveva farsi i fatti suoi come tutti i paesani facevano.
                            •°◇°•
La foresta divenne una prigione di alberi e foglie che cadevano. I tronchi marroni ricoperti di soffice muschio erano le sbarre della cella. La fine del bosco, proprio dove c'erano ancora le tracce di sangue,era la porta della prigione. Soffocanti, fredde e claustrofobiche le sbarre stringevano le anime addolorate e piangenti.
"Perché lo hai fatto?" Il traslucido pallore della figura della donna senza occhi,che in vita si chiamava Cristina sembrava portare un nefasto peso sulla foresta. Un mormorio di voci spezzate dal pianto si levò in aria. Era certa che ci fosse qualcosa o qualcuno accanto a lei.
Ansimi e gemiti di dolore le perforarono le sue orecchie morte. Era un cadavere,era deceduta e odiava essere ancora in questo mondo. In un limbo. In una foresta che la imprigionava e da cui non sarebbe mai potuta evadere. Non poteva scappare. Non riusciva a vedere. I suoi occhi erano stati mangiati come alcuni dei suoi organi. Il suo sangue era stato bevuto come acqua viene bevuta da un assetato e lei aveve visto che le sue ossa venivano spolpate dalla sua carne grondante di sangue prima che i suoi occhi venissero violentemente strappati dalle sue orbite e mangiati come acini d'uva.
Cristina ignorò il raccapricciante suono delle voci e dei ricordi delle ossa che si spezzavano e dei suoi organi che venivano masticati e divorati con famelica fame.Pochi erano i ricordi dei momenti prima della sua morte. Perché era certa di essere morta. Era impossibile che fosse sopravvissuta.
Solo il dolore e le sue stesse urla le erano rimaste impresse nella mente. Come il fatto di essere stata mangiata viva e di essere affogata nel suo stesso sangue.
Le voci e i pianti si mutarono.
Un freddo gelido e nefasto piombò sulle sue spalle cineree, tremanti e morte.
"Avevo fame. Era da 150 anni che non mangiavo." Sibilò una voce tenebrosa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 16, 2023 ⏰

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