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Ero a pezzi.
Mi sentivo malissimo.
Io e mia moglie avevamo litigato, di nuovo, e pesantemente.
Talmente tanto pesantemente che ero uscito di casa con solo il telefono e il portafoglio.
Mi ero anche scordato il cappotto, e visto che era dicembre, non era il massimo camminare per strada con solo una felpa addosso.
Era da un po' che tra me e lei c'era qualcosa che non funzionava più.
Litigavamo per tutto, anche per le più piccole cose, come chi doveva buttare la spazzatura o chi doveva cucinare.
Mi era sempre stato detto che il matrimonio era una cosa bellissima, cosa che per un po' era stata vera, ma ormai mi sembrava che tutto stesse andando a pezzi, mi sembrava che non ci volessimo più bene.
Sembravamo due conoscenti che vivevano nella stessa casa e che avevano condiviso un'esperienza, nient'altro.

Avevo camminato per le strade per un bel po', e mi ero fermato soltanto perché non sentivo più le gambe e perché il freddo mi stava divorando.
Alzando lo sguardo avevo notato una scritta di un blu sfosforescente.
'The New Night'
Guardai all'interno.
C'erano tavoli circolari e sedie fatte di legno sparsi per il locale.
Appena si entrava, a sinistra c'era il bancone, circondato da sgabelli di ferro con una copertura beige.
A destra, invece, a qualche metro di distanza dalla porta, attaccata al muro, c'era una scala che portava al piano di sopra.
Tentennai, ma alla fine decisi di entrare.
Non ero un tipo che affondava i suoi dispiaceri nell'alcool, ma avrei fatto un'eccezione.
Mentre il riscaldamento del locale mi scaldava, mi sedetti al bancone e aspettai di essere servito, nel mentre pensai a come sistemare le cose.
Avrei potuto regalarle dei fiori, lei gli adorava talmente tanto che ne aveva tappezzato la casa.
«lo conosco quello sguardo» disse la barista arrivando da me.
Aveva un caschetto viola con una frangia, un po' più lunga sul lato sinistro, rendendola asimmetrica.
Gli occhi, talmente scuri da non capire il reale colore, esprimevano una gioia nel suo lavoro che non avevo mai visto nello sguardo di nessuno.
Aveva una maglietta nera con la scritta arcobaleno 'Pride' e dei jeans blu scuro, coperti però dal grembiule nero legato sui fianchi.
La targhetta del nome recitava 'Jiro'.
«problemi di cuore?» disse appoggiandosi con le mani sul bancone.
Gli sorrisi debolmente e gli mostrai la fede al dito.
«anche peggio! Non ti preoccupare, so cosa ti tirerà su di morale» disse con una felicità che mi fece sentire leggermente meglio.
Si mise a fare i suoi giochetti con i bicchieri e l'alcool, poi mi passò un bicchiere.
Guardai prima il bicchiere e poi lei.
«è un manhattan, fidati e bevi» disse la ragazza per poi farmi un occhiolino amichevole e tornare a servire altri clienti.
Guardai per qualche secondo il bicchiere, poi lo mandai giù tutto d'un sorso.
Strabuzzai gli occhi e mi passai la lingua sulle labbra.
'ne voglio un altro'
Neanche leggesse nel pensiero, la ragazza di prima ne appoggiò un altro davanti a me, sorridendomi soddisfatta.

Ne mandai giù altri tre, poi la ragazza iniziò a darmi dei piccoli bicchieri con dentro un liquido.
Non sapevo cosa fosse, ma poco importava, mi sentivo meglio, più leggero di prima, anche se avevo un'abilità mostruosa nel reggere l'alcool.
Quando mi porse il terzo, feci l'errore di prenderlo con la mano sinistra, facendomi ricordare mia moglie.
Rimasi fermo a guardare quell'anello per qualche secondo, poi ritrassi la mano e mi guardai attorno, giocherellandoci nervosamente.
Guardai le persone una ad una.
C'era gente di ogni tipo, e questo mi sorprese.
Di solito in quel genere di bar, le poche volte che ci andavo, vedevo uomini sulla quarantina intenti a ridere di chissà quale battuta.
In quel bar invece c'era gente dai vent'anni ai cinquanta, se non sessanta, e di ogni sesso, anche quelli non definiti, e mi piacque molto questa cosa.
Continuai a far vagare il mio sguardo, poi, successe.

Due occhi rosso fuoco mi scrutavano attentamente da un tavolo poco distante dall'entrata, come se fosse fatto apposta per vedere chi entrava e chi usciva.
Rimasi rapito da quegli occhi, nonostante anche i miei fossero rossi.
Avevamo lo stesso colore degli occhi, eppure erano uni gli opposti degli altri.
I suoi erano pieni di malizia, divertimento ed egoismo.
I miei erano molto più innocenti, gentili e premurosi.
Si portò un bicchiere alle labbra, senza distogliere lo sguardo da me.
Mi risvegliai sentendo la porta del locale aprirsi, facendo entrare un gruppo di probabili universitari.
Solo all'ora mi accorsi che avevo smesso di respirare e che il mio cuore mi stava martellando nella cassa toracica.
Sentì un leggero calore divamparsi in tutto il corpo, segno che ero violentemente arrossito.
Lanciai un ultimo sguardo a quell'uomo e mi girai, bevendo tutto d'un sorso il bicchiere di prima
Jiro me ne porse un altro ma quando stavo per portarmelo alla bocca, un odore maschile mi invase le narici, facendomi avere brividi su tutto il corpo
«oi caschetto viola, fammene un altro» disse l'uomo di prima, appoggiando il suo bicchiere sul bancone
Trattenni il fiato, immobilizzato.

𝑈𝑛 𝐴𝑚𝑜𝑟𝑒 𝑁𝑎𝑠𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 || 𝐊𝐢𝐫𝐢𝐛𝐚𝐤𝐮 / 𝐁𝐚𝐤𝐮𝐬𝐡𝐢𝐦𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora