Velletri, Colli Albani - 695 AVC (59 a.C)
Alla fine è Gaio Ottavio che sbiadisce al posto del figlioletto.
Ascende e porta in alto il nome degli Ottavi prima che ciò avvenga. Pretore e governatore di Macedonia, eroe di guerra a Turi, una malattia lo ruba all'affetto dei suoi cari e a una luminosa carriera.
Il bambino ha quattro anni e stupisce coloro che ne vaticinavano la prematura dipartita. Ottavio si addolcisce in Ottaviano, soffice richiamo per Azia, distinguendolo così da suo padre e risparmiando confusione.
Cresce mingherlino, un telaio di ossa spigolose su un incarnato smorto, piccolo per la sua età, ma lesto, scattante. Boccoli biondicci si accalcano sulla testa, tenere orecchie sporgono buffe. Gli occhi ricordano più scaglie di ghiaccio che frammenti di cielo. Nitidi e limpidi, instillano una bizzarra commistione di soggezione e riverenza quando Azia o altri vi indagano.
Ottaviano ama la solitudine e la penombra fresca dei colonnati. Spesso e volentieri Azia si carica lui e Ottavia e trasferisce schiavi e famiglia nelle campagne, lontano dalla calura dell'Urbe. I bambini si acchiappano nel labirinto della vigna, nuotano e si schizzano nell'impluvium, la vasca raccogliente l'acqua piovana al centro dell'atrio.
Il cambio di clima giova alla salute di suo figlio. Taciturno resta, guardingo, una piega da studioso sulla fronte. Per contro il suo fisico si fortifica, roseo di florida e rinnovata vitalità e Azia rende grazie agli Dei.
La notizia della morte di Gaio Ottavio fa trasalire la casa. Si è defilato dalla vita sulla strada per Roma, mentre galoppava verso il successo. Intendeva candidarsi console. Nola ha accolto il suo ultimo respiro.
Azia si accascia su una seggiola, una lacrima le fende il viso. Sì è alzata sposata e stasera si coricherà da vedova. I suoi figli orfani.
Sente il respiro venirle meno. Cerca di controllarsi, invoca la calma. Una nipote del grande Cesare non piange. La progenie di Venere, Enea e Iulo non sciupa lacrime invano. Gaio Ottavio è spirato, sì, ma i mezzi per ristabilirsi non le mancano.
Suo zio provvederà a procacciarle un marito, un nuovo consorte e padre per i suoi bambini.
La dolcezza mite e il rispetto indelebile di Gaio Ottavio si dissipano nei ricordi, le memorie di un matrimonio di convenienza sviluppato in reciproca fiducia e concorde amicizia. Deve farsene una ragione, si ribadisce, non può lasciarsi abbattere.
La morte scandisce la vita, ovunque ci sia vita essa vigila in agguato, il tempo suo compagno.
Forza, devo avere forza.
«Madre?»
Ottavia e Ottaviano la fissano accigliati dalla soglia, la più grande, dieci anni, tenente per mano il fratellino di quattro. I ciondoli della bulla aurea e della lanula, gli amuleti protettivi dei fanciulli, dondolano al loro trotterellarle incontro. I crepundia, ninnoli e sonaglietti e talismani protettivi, volti a scongiurare gli influssi negativi dal fanciullo, adornano le catenelle. In numero dispari, come pretende la tradizione.
Azia si scaccia le lacrime e imbastisce un sorriso coraggioso.
I bambini capiscono che ci sia qualcosa di storto, di negativo, nell'aria. Ottaviano specialmente. Azia avverte una morsa al cuore nell'assistere al passo claudicante di suo figlio. La gamba sinistra presenta debolezza, tramutando il cammino in uno zoppicare barcollante. Stanno provando a correggerlo. Nelle occasioni pubbliche il pronipote di Cesare non può lasciar trapelare la sua salute malandata.
Piume punteggiano le toghe dei piccoli, disperse tra le ciocche. Ne scosta una dai riccioli di Ottaviano.
«Avete rincorso di nuovo le galline?» domanda, sollevando il velo della cupezza. La campagna di Velletri garantisce svaghi e passatempi dietro l'angolo, una tranquillità amena.
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Acta est fabula
Historical FictionLa giovinezza di Ottaviano Augusto, il primo imperatore romano, iniziatore d'un'aurea età per la città regina del mondo: Roma eterna, rigogliosa d'oro, accecante di marmi.