(Jemima è un personaggio che ho inventato io. Agente dello SHIELD che ha una relazione con Bucky; perdonatemi ma l'ho scritta tempo fa e non mi andava di cambiarla)
Natasha percorreva sicura i corridoi della base segreta. Era più o meno l'una di notte, e tutti erano andati a dormire. Tutti tranne uno. La russa sapeva esattamente dove trovare la persona che stava cercando. Il rumore dei tacchi dei suoi stivali era l'unico rumore che animava i larghi corridoi metallici decorati con qualche poster scolorito che ritraeva spiagge o paesaggi di foreste. Era tornata da poche decine di minuti da una missione sotto copertura, dove si era finta un'avvocatessa molto avvenente in una riunione tra ministri e capi di stato. La missione -proteggere uno dei pochi politici rimasti integri dall'influenza dell'HYDRA- era andata a buon fine, ma Natasha si sentiva irrequieta. Il motivo lo sapeva bene.Quando non aveva trovato Jemima nella sua stanza si era rassicurata dicendosi che probabilmente era da qualche parte a parlare -o più probabilmente a non parlare- con James da qualche parte. Dopotutto aveva una relazione con l'ex Soldato d'Inverno, era normale che si imbucassero ogni tanto. Steve aveva accettato che ormai del suo migliore amico non rimaneva quasi nulla, se non l'aspetto. James era un'altra persona, molto gradevole una volta scalfita la sua corazza di silenzio, e il Capitano l'aveva capito, anche se non riusciva a smettere di chiamarlo Bucky.
Natasha scorse la luce della palestra che filtrava da uno spiraglio della porta, illuminando debolmente il corridoio. Sorrise, complimentandosi silenziosamente con se stessa. Spinse la porta, sbucando nella grande sala che Fury aveva adibito a "cavia dell'irritazione di Rogers" negli ultimi giorni. Steve era al centro, a petto nudo, girato di spalle. I suoi colpi erano così veloci che gli occhi di ghiaccio di Natasha non riuscivano quasi a percepirli. Sentiva bene i tonfi, però. Si diresse lentamente verso la panca, coperta da cuscini in feltro di varie sfumature di rosso, dove Steve aveva gettato guantoni e maglia. Posò la bottiglia di vodka che aveva in mano sul pavimento, accomodandosi sulla panca, e accavallando le gambe in un gesto elegante. Fissò Steve a lungo, finché il Capitano non sfondò il sacco. Mentre Steve si fermava a prendere fiato, sorrise. La sua voce risuonò ironica nell'aria, facendolo voltare di scatto. - Pensavo avessi abbandonato questa pessima abitudine.
- E io pensavo avessi smesso di bere - ribatté Steve, dirigendosi verso di lei. Il petto glabro e muscoloso era in bella vista, coperto di una leggera patina di sudore. Gli addominali di Steve erano niente male, ma Nat riuscì a non prestarvi attenzione. Osservò il volto serio dell'amico. - Era una brutta serata.
- Conclusa bene, mi pare - ribatté acidamente Steve. Natasha arrossì appena per quell'insinuazione, mentre lui si lasciava cadere a terra, un braccio sul ginocchio. - Sei irritato, per caso? Di solito non sei così acido - replicò lei, afferrando la bottiglia e avvolgendo le dita attorno al collo della bottiglia. - Forse dovrei.
Natasha inarcò un sopracciglio rosso, spostando la schiena in avanti. Sciolse le gambe e puntellò i gomiti sulle cosce, incurante di spiegazzare lo splendido tubino nero che le fasciava il corpo, modellando le sue curve e rendendola ancora più bella. - Dimmi un po', Steve. Sei geloso?
- Di chi dovrei essere geloso?
Steve si afferrò il polso con la mano appoggiata alla gamba, guardando gli occhi chiari della collega. - Magari di Jemima. Oppure di James.
- Non vedo perché dovrei essere geloso di uno di loro due. Sono solo amici.
Un sorrisetto prese possesso delle labbra perfettamente truccate di Natasha.
- Steve. Sono amanti. O fidanzati, come preferisci.
Stranamente, lui non reagì. - Intendevo che sono miei amici. So bene qual'è il loro rapporto.
Natasha inclinò la testa, aggrottando le sopracciglia, il sorriso scomparso dalle sue labbra. C'era qualcosa di strano nel modo in cui Steve si stava comportando. Fare accenni sessuali di solito lo metteva a disagio; stavolta, invece, il suo volto era una maschera di granito. - Stai perdendo colpi, Natasha - disse il Capitano, asciutto. Natasha serrò la bocca. Si spostò indietro, afferrando nuovamente la bottiglia e stappandola. Steve osservò i suoi movimenti senza dire nulla. La donna bevve un generoso sorso di vodka, sotto il suo sguardo di disapprovazione. - Allora - disse poi, alzandosi. Steve si spostò di scatto quando le sue gambe slanciate furono a pochi centimetri da lui. Natasha non ci fece caso e continuò a camminare verso il centro della palestra, dove riposava un sacco da boxe scampato alla furia del Capitano. Steve sospirò, prendendosi la testa tra le mani, prima di guardarla. Fu un grave errore. Avrebbe dovuto continuare a fissare il pavimento, visto che il suo sguardo scivolò sull'ampia scollatura del tubino per poi scivolare sulla parte bassa -molto bassa- della schiena di Natasha. Steve distolse lo sguardo, arrossendo appena, e deglutì.
- Non mi chiedi com'è andata la mia missione?
- Di sicuro è andata bene - rispose, alzandosi lentamente. Natasha ridacchiò. - Dai, Steve. Non fare l'asociale.
Il Capitano alzò gli occhi al soffitto, sbuffando. - Com'è andata la missione?
Si girò verso di lei, scoprendola intenta ad osservare da vicino un manichino con una faccia disegnata a pennarello. - Bene - rispose - questo mi sa proprio che l'ha disegnato Jemima. È stato noioso. Il segretario continuava a parlare con un avvocato dai dubbi gusti. C'era un sottosegretario che ha provato ad allungare le mani.
- Si sveglierà all'ospedale, molto probabilmente - commentò Steve, stendendosi a terra. Si piegò sulle braccia e cominciò a fare alcune flessioni. Natasha si voltò verso di lui, inarcando un sopracciglio. I muscoli della schiena dell'uomo si gonfiavano e si contraevano ritmicamente. - Dubiti così di me, Steve? - chiese drammaticamente. Lui le rivolse un'occhiata azzurra perplessa, sentendo le ultime tracce di acidità svanire dalla sua voce. - Si sveglierà in un cassonetto della spazzatura con dolori in qualche parte in particolare. Non so se capisci - ammiccò all'amico. Steve sorrise, suo malgrado. Natasha poteva anche essere una stronza acida, ma se si comportava così aveva sempre le sue ragioni. E qualche volta poteva essere perfino divertente. - Povero sottosegretario - lo compatì, ma sorridendo. Nat si lasciò andare a un risolino sincero. La tensione che c'era nell'aria pochi minuti prima era quasi del tutto svanita. Natasha prese un altro sorso di vodka, dirigendosi verso l'amico. - Mmh. Ti piace il vestito? L'ha scelto Jemima. Non mi entusiasma.
Steve girò la testa, e fece del suo meglio per non cadere a terra. Natasha aveva spostato i capelli, di nuovo lunghi e ricci, dietro alle spalle nude. La scollatura del tubino era molto ma molto profonda, e accarezzava le sue curve in una maniera vertiginosa. Il vestito le arrivava poco sotto a metà coscia. Gli stivali la rendevano più alta, e accarezzavano morbidi le sue gambe fin sotto al ginocchio. Gli occhi azzurri di Natasha lo perforavano in attesa di una risposta. Steve cercò di riprendere il controllo della propria voce. - È bello.
Natasha alzò un angolo della bocca in un sorriso sghembo, sinceramente contenta del complimento. Steve tornò a guardare il pavimento, col respiro pesante, mentre il ticchettio dei suoi tacchi gli passava accanto. Una scollatura del genere era troppo per lui. Aveva accettato minigonne e gambe scoperte da un po', ma quella era davvero troppo profonda. Cosa diamine ti prende? È un vestito, Steve.
Addosso a lei.
Non fa differenza addosso a chi sta.
- Mi è venuto un dubbio - mormorò Natasha, sedendosi di nuovo sulla panca.
- Cioè?
- Jemima e James. Pensi sia... una buona idea? - chiese incerta. Steve si fermò per un attimo, poi riprese a fare le flessioni. - Lei gli fa bene - disse - si amano. Penso di sì.
Nat storse le labbra, prendendo in mano un boccolo rosso e rimirandolo. Prese un sorso di vodka, ormai a un quarto della bottiglia. - Beati loro - mormorò, abbandonando la testa sui cuscini, sdraiandosi. Steve si voltò, e sgranò gli occhi, avvampando. Tornò precipitosamente a fissare il pavimento di legno sotto di sè, prendendo respiri profondi. Natasha lo faceva apposta?
- Come? - chiese con voce strozzata.Natasha non fece caso al tono dell'amico, e si sollevò quel tanto che bastava a bere l'ultimo sorso. Il liquido le bruciò la gola, riscaldandole lo stomaco. - Si amano. Vorrei amare qualcuno anche io, prima o poi.
- Non avevi detto di essere innamorata, a casa mia? - Steve avrebbe voluto mangiarsi la lingua. Natasha girò la testa e lo fissò. Continuava a sollevarsi e abbassarsi sulle braccia. - Sì - disse lentamente. - Ma quella era un'infatuazione, più che un innamoramento vero e proprio. Non scordarti che ero ubriaca.
- Non sembravi tanto ubriaca quando siamo finiti a letto - ribatté Steve, sputando finalmente la frase che gli bruciava dentro da tre mesi. Natasha si irrigidì. - Ti ho già detto che è stato un errore.
La russa trasalì quando Steve schiantò il pugno sul legno del pavimento, che si infossò con uno scricchiolio orribile.
- L'hai ripetuto abbastanza da farmelo imparare a memoria- ringhiò Steve, girandosi verso di lei. Si alzò in piedi, tutta la rabbia improvvisamente riemersa. Natasha si raddrizzò, suo malgrado spaventata. Non aveva mai visto Steve così. I suoi occhi ardevano di rabbia. Ogni singolo muscolo del suo corpo era gonfio e in tensione. La sua espressione trasudava irritazione da ogni singola linea del suo viso, solitamente così calmo e controllato. Era ferito. Natasha trasalì nel sentire la parete della palestra contro la schiena. Aveva continuato a indietreggiare senza rendersi conto di star andando contro il muro. Il corpo sudato di Steve fu contro il suo, la schiacciava contro i pannelli di legno. - Me l'hai detto mentre andavamo da Fury, come se per te fosse stata una stupida notte a giocare a carte - ringhiò Steve - mi hai detto di essere innamorata di me e mi hai scaricato il giorno dopo come se nulla fosse. "Mi dispiace, è stato un errore". Sai quante avrebbero voluto essere al tuo posto? Eppure ho aspettato quella giusta. Pensavo fossi tu, e invece... invece... per te è stato solo sesso. Be', scusami Natasha, ma per me non è stato così - sputò il Capitano. Prese un respiro profondo, ancora tremante di rabbia. Natasha sapeva che avrebbe potuto mandarlo al tappeto entro mezzo secondo -o forse no- ma rimase a fissare quel volto che aveva baciato, accarezzato e amato ora contratto dal dolore delle ferite che lei stessa gli aveva inferto dopo la notte più bella della sua vita. Steve respirava affannosamente, con l'improvvisa voglia di farle provare tutto il dolore che aveva provato lui quel giorno. Le iridi di ghiaccio di Natasha lo fissavano senza pietà. Indietreggiò, scuotendo la testa, e le voltò le spalle. Si passò una mano tra i capelli, riuscendo a calmarsi. - Steve - la voce di Natasha tremava. Steve si bloccò. Nonostante fosse ancora arrabbiato, non riuscì a fare a meno di ascoltare la sfumatura di dolore nella sua voce.
- Steve.
Il Capitano si voltò. Si gelò quando vide gli occhi pieni di lacrime dell'amica. Natasha si accasciò a terra, sorretta dal muro. Le parole di Steve l'avevano marchiata a fuoco e, colpa dell'alcool, colpa del rimpianto, non era riuscita a mantenere sotto controllo i propri sentimenti. Proprio come quella notte. E come quella notte Steve non riuscì a voltarle le spalle. Si avvicinò esitante, inginocchiandosi davanti a lei, una nuova dolcezza nelle iridi chiare.
- Hai mai ballato, Steve?
La voce di Natasha le uscì in un sussurro tremante. Passò del tempo prima che lui le rispondesse.
- No.
- Vitali è stato ucciso a un ballo - mormorò Natasha, respirando a fondo per ricacciare indietro le lacrime. Alcune gocce le rotolarono lungo le guance, ma il trucco, a prova d'acqua, resistette. - Era uno di quei balli di gala, per le persone importanti. Era un avvocato. Stavamo ballando un lento quando suo cugino mi rubò a lui. Dieci secondi dopo, Vitali era steso sul pavimento, il cuore perforato da due proiettili. Sovietici, senza rigatura.
Steve rimase in silenzio, mentre Natasha batteva le palpebre per cercare di riprendere il ferreo controllo che la distingueva da un altro, comune agente dello S.H.I.E.L.D.
- Oggi è l'anniversario della sua morte - sussurrò, passandosi una mano tremante tra i ricci color fuoco. Steve decise in un attimo. Si alzò, e le porse una mano. Natasha lo guardò sorpresa, le lacrime che le imperlavano le lunghe ciglia nere sembravano piccoli frammenti di diamanti. Forse altrettanto preziosi.
- Vieni - il calore nella voce di Steve riuscì a calmarla. Allungò la mano, e il Capitano la tirò su di peso. Ma, sorprendentemente, una volta in piedi, non la lasciò andare. Continuò a camminare all'indietro, tenendola per mano. - Steve, cosa fai? - chiese Natasha, confusa. Non aveva voglia di scherzare. Voleva andare in camera sua e bere fino a svenire.
- Vieni.
Steve si fermò al centro dello spazio. Tirò a sè l'amica, circondandole la vita con un braccio muscoloso. I suoi occhi azzurri erano colmi di dolcezza.
- Steve - la voce di Natasha tremava più delle sue gambe.
- Dammi la mano.
Steve la prese da solo, l'altra mano, e con delicatezza la posò sulla propria spalla. Natasha tremava come se ci fossero stati zero gradi. Con delicatezza, intrecciò le dita a quelle di lei e le passò il braccio attorno alla vita, stringendola a sè. Natasha chiuse gli occhi, lasciandosi avvicinare a lui. - Fa' finta che sia lui - mormorò Steve al suo orecchio, muovendo un passo indietro. Natasha lo seguì. Anche se non aveva mai ballato prima, Steve sapeva cosa fare. Bucky gliel'aveva fatto vedere, una volta, usandolo come compagno. Era uno dei ricordi più belli che aveva. Natasha appoggiò la fronte alla spalla di Steve, mentre lacrime dolorose cominciavano a solcarle le guance. Le sembrava quasi di risentire quella musica dolce in sottofondo, le chiacchiere e i tintinnii dei bicchieri di cristallo. Steve si muoveva come Vitali, tenendola come se fosse stata la rosa più delicata al mondo. Poco importava che fossero in una palestra, che Vitali fosse morto, o che Steve non indossasse nulla se non i pantaloni e le scarpe. Il calore del suo corpo era uguale a quello di Vitali. In quel momento, per lei Steve era Vitali. - Mi dispiace - mormorò, con la voce rotta. - Mi dispiace tanto, amore mio. Avrei dovuto proteggerti. Era a questo che servivo. Avrei dovuto morire io al posto tuo. Ti amo, Vitali. Ti amo tanto, ti amo ancora.
Steve sentì una sensazione calda farsi strada nella sua trachea e gli occhi inumidirsi. Natasha era fragile come un bocciolo di rosa sbocciato per sbaglio in inverno. Il pianto sommesso di Natasha gli strinse il cuore. Le sue lacrime gli rotolarono sulla pelle, scendendo lungo il petto. - Mi dispiace tanto, Vitali - Steve la strinse più forte, baciandole la fronte. Natasha si strinse a lui in cerca di calore, mentre, nella sua mente, la melodia si faceva più intensa.
Steve la lasciò quasi andare, facendola volteggiare per una piroetta. Natasha avvertì ogni singolo istante in cui le loro dita si sfiorarono, si allontanarono, allentando la presa. Nel passato, un uomo l'aveva colta al volo, rubandola all'amore di Vitali, e le sue dita l'avevano lasciata, l'avevano sfiorata per l'ultima volta. Nel presente, un uomo l'accolse tra le proprie braccia, tornando a stringerla delicatamente, scaldandola con il proprio calore, tornando a sorreggerla con il proprio corpo. Natasha scoppiò a piangere, fermandosi. Le gambe le cedettero, lei si accasciò a terra, mentre le braccia di Steve le impedivano di picchiare il pavimento con il proprio corpo. Si aggrappò alle spalle di Steve, affondando le unghie nella sua schiena e tracciando dei solchi rossi nella sua pelle. - Se n'è andato - gemette contro il petto dell'amico - se n'è andato, Steve.
- Ssh. Sono qui, Natasha.
- Te ne andrai anche tu - mormorò lei, tremando.
- No. Io resterò con te - le sussurrò lui, abbracciandola come se fosse una bambina, affondando una mano nei suoi capelli dai riflessi cangianti, stringendola a sè. Si abbassò assieme a lei, mentre Natasha alzava il bel viso devastato dal dolore dei rimpianti e dei ricordi, e il sapore delle sue lacrime e delle sue labbra si mescolava assieme a quelle di Steve. Lo baciò, un ultimo addio all'uomo che aveva amato con tutta se stessa per un tempo indefinito, e il cui ricordo l'aveva tormentata per anni e per secondi, e Steve si lasciò baciare, consapevole che quel bacio non era per lui, ma per un uomo la cui vita era finita all'improvviso, inaspettatamente, come quando una rosa che avrebbe dovuto vivere per molto altro tempo ancora viene colta, morendo così nel pieno della sua bellezza. Con un respiro tremante, dopo un tempo indefinito, Natasha si scostò, tornando consapevole di essere aggrappata a Steve, sul pavimento della palestra, nella base segreta. Le sue labbra sfiorarono di nuovo e involontariamente quelle di Steve, che però stavolta reagì. Natasha voleva che la odiasse per quello che aveva appena fatto, ma Steve non poteva esaudire la sua richiesta silenziosa. Il Capitano premette le labbra su quelle di lei, senza sapere quel che stava facendo. Natasha si sciolse. Schiuse la bocca, mentre le sue labbra si fondevano con quelle di Steve. Si strinse a lui, cosciente di quello che stava succedendo. Steve la spinse sul pavimento, lentamente, baciandola e continuando a baciarla, finché non fu sopra di lei. - Questo vestito - boccheggiò Natasha, mentre le labbra di Steve scendevano lentamente sul profilo della sua mascella - assomiglia molto - serrò le labbra per trattenere un gemito, mentre la gamba di Steve si insinuava tra le sue, allargandole - a quello della festa.
- È bellissimo - sospirò Steve, mordendole delicatamente la pelle morbida della spalla.
- Davvero?
- Lo amo.
Poi non ci fu più un vestito, ma della stoffa lucida a brandelli. Natasha trasalì, mentre le mani di Steve facevano scivolare i resti del tubino lungo i suoi fianchi. - Steve - lo rimproverò, ma la voce le si strozzò in gola nel sentire il corpo del Capitano adagiarsi sul proprio.
- Sì? - le dita di Steve le fecero voltare la testa, così da avere libero accesso alla pelle candida del suo collo.
- Cosa metterò quando usciremo?
- Ti troverò qualcosa - sussurrò lui. Nat chiuse gli occhi, alzando le mani su di lui, ma Steve la bloccò.
- Cosa c'è?
Gli occhi di Steve bruciavano. - Stanotte faccio io.
Natasha non riuscì a opporsi.Erano finiti distesi sulla panca. Meglio quella che il pavimento. Almeno c'erano i cuscini. Natasha aveva freddo, anche se le braccia di Steve la tenevano stretta. - Sono così terribile? - le sussurrò all'orecchio in quel momento, scostandole una ciocca di ricci dal collo sudato.
- Altroché - ghignò lei. Invece no. Steve era il sogno di qualunque donna. L'aveva fatta sentire come non era mai riuscito nessuno. - Non ti credo - mormorò lui, sorridendo. Fece per alzarsi, e lei si aggrappò a lui.
- Dove vai?
- Devo vestirmi e prenderti un paio di cose da metterti addosso.
Lo lasciò andare, piano. - Sai perché non ti credo? - chiese Steve, voltato verso di lei. Natasha inarcò un sopracciglio, osservando senza pudore quel corpo nudo che fino a poco prima era intrecciato al suo. - Perché?
Con un sorrisetto, Steve si voltò, mettendo in mostra la risposta. La sua schiena era solcata da graffi che Natasha stessa gli aveva inferto poco prima, mentre facevano l'amore. La spia russa fece una smorfia scontenta, alzandosi e recuperando la biancheria. Avrebbe dovuto avere più controllo.
- Cosa mi metto adesso per uscire? E se incontrassimo Fury? - si lamentò, guardando i pezzi del vestito. - Ci sono delle tute nello spogliatoio. Basteranno per arrivare in camera tua.
Natasha sgranò gli occhi, suo malgrado stupita. Si voltò di scatto verso Steve.
- Steve!
- Cosa? E-ehi, ma che hai capito? - protestò lui, arrossendo impercettibilmente. Natasha sorrise, quel suo raro sorriso che le illuminava anche gli occhi, e il Capitano dovette fare un grosso sforzo per non saltarle di nuovo addosso e rifare tutto da capo. Datti una calmata.
Si infilò negli spogliatoi maschili -Fury aveva rigorosamente diviso lo spazio- e riuscì a trovare una felpa e dei pantaloni grigi abbastanza piccoli. Richiuse l'armadietto dove li aveva trovati e girò i tacchi. Solo per trovarsi Natasha a cinque millimetri da lui. Fece istintivamente un passo indietro, mentre la spia lo fissava improvvisamente gelida. - Natasha? Che ti prende?
- Perché l'hai fatto? Per compassione, Steve? Non voglio la tua pietà.
Steve rimase per qualche secondo senza parole.
- Non l'ho fatto per pietà, Natasha - ribatté tagliente. Avanzò verso di lei, e stavolta fu la russa a indietreggiare. - L'ho fatto perché... perché volevo farlo - disse con sincerità.
Natasha lo guardò per qualche secondo, prima di alzare una mano e accarezzargli la fronte, scostandogli una ciocca di capelli, in silenzio. La mano del Capitano l'afferrò per il fianco, trovando la cicatrice sulla sua vita, appena sopra il bacino. La russa trasalì appena, mentre le sue dita accarezzavano la pelle sensibile.- Non staresti così male in bikini - mormorò Steve. Nat alzò la testa verso di lui, socchiudendo gli occhi in un pigro sorriso da gatta, gli occhi chiari che scintillavano languidi.
- È un invito, Capitano Rogers?
Un debole sorriso s'impossessò delle labbra dell'uomo.
- Potrebbe esserlo.Un'ora più tardi, sdraiata nel proprio letto e accoccolata al fianco di Steve, la testa posata sulla sua spalla, Natasha respirava regolarmente mentre la mano del Capitano percorreva la sua schiena su e giù, in una dolce carezza. Per la prima volta, dopo aver fatto l'amore con un uomo, la mente di Natasha non pensava a Vitali, ma solo ai brillanti occhi azzurri di Steve. Le dita del Capitano premettero in un punto alla base del collo, e Natasha sospirò, stringendosi meglio il lenzuolo al petto nudo per allungarsi e sfiorare le labbra del Capitano con un bacio. - Mi devi un ballo, ricordalo - mormorò Steve.Natasha sorrise.
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Mi Devi Una Vodka
Fanfictioncosa succede se Steve si ritrova una Natasha ubriaca nel salotto di casa sua?