II. Ci inseguono con un bazooka

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Sabato 22 dicembre 2035

VITTORIO
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Mamma si alzò subito e mi guardò preoccupata e confusa.

Non era mai successo che le dicessi qualcosa del genere così d'improvviso, appena sveglio, soprattutto perché, di solito, appena sveglio era già tanto se mi alzavo dal letto.

«Cosa?» domandò con voce quasi spezzata. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e sembrava sul punto di mettersi a correre verso di me e abbracciarmi.

«Qualcosa è stato rubato, qualcosa di importante, non so cosa. Sento... sento che è l'inizio di qualcosa di grande, di grave» spiegai in modo rapido, cercando di essere chiaro, il che era difficile, perché neanche io sapevo bene cosa dire. Il mio sogno era stato molto confuso: sapevo che qualcosa era stato sottratto, ma non sapevo da chi, da dove e non sapevo cosa, soprattutto.

«Chiamo il Campo» continuai, dirigendomi verso il soggiorno. 

«Aspetta!» esclamò mia madre. Mi girai verso di lei, vedendola camminare rapidamente verso di me. «Raccontami quello che hai sognato, magari posso aiutarti» comandò. Non sapevo come potesse aiutarmi, ma le raccontai comunque il mio sogno in modo dettagliato. Mentre parlavo, mamma spalancò gli occhi. Sembrava davvero preoccupata.

«Idee di chi possa essere?» mi domandò.

Ci riflettei su un po'. La sua voce e il suo aspetto erano confusi, come se avessi sentito e visto una nube. «No, non credo di averlo mai visto» risposi infine. Lei sembrò sollevata. Forse era felice di sapere che l'ipotetico ladro non era nessuno dei miei conoscenti, ma non i sogni dei semidei non si sa mai.

«Ora dovrei andare ad avvertire il Campo» dissi e andavi verso il soggiorno. Quella volta non mi fermò.

Arrivato lì, presi una dracma, la torcia e il prisma, che tenevamo in un mobiletto vicino alla televisione. Accesi la torcia e la puntai verso il prisma, che suddivise la luce bianca, creando un arcobaleno.

«Oh, Iride, dea dell'arcobaleno, accetta la mia offerta». Lanciai la moneta d'oro attraverso l'arcobaleno e quella scomparve in uno scintillio dorato. «Lacy Diaz, Campo Italiano, Monte Acuto».

Davanti a me apparve una nube di fumo che prese ad ingrandirsi. Presto, al suo interno, comparvero due figura scure, che piano piano andarono a delinearsi, mostrando i due adulti che si occupavano del Campo: Lacy e Caesar Wolf. Stavano parlando e sembrava qualcosa di importante. Che fosse legato al mio sogno?

«Ne abbiamo già parlato!» quasi urlò l'uomo. Lui e la donna erano uno di fronte all'altra e lei era di spalle rispetto a me. «L'ultima volta che qualcuno ha rubato qualcosa dall'Oli-» Caesar si interruppe quando incrociò i suoi occhi marroni con i miei cangianti. «C, abbiamo un semidio in attesa».

Lacy, a quel punto, si girò verso di me. Sembrava sorpresa di vedermi, non che potessi biasimarla. «Vittorio! Perché hai chiamato?» mi domandò. Aveva l'espressione di qualcuno che stava evitando di avere una crisi di nervi.

«Ho fatto un sogno stanotte» iniziai subito. «Ho visto qualcuno rubare qualcosa. È successo davvero, giusto?» chiesi. Era più una domanda retorica che una effettiva. Li avevo beccati parlare di un furto avvenuto sull'Olimpo, non potevano fingere.

(1)I Flagelli degli Dei, L'Arco di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora