IV. Cercasi pazzi suicidi per un'impresa mortale

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Sabato 22 dicembre 2035

VITTORIO
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Mio nonno morì quando avevo dieci anni. Infarto, mi aveva detto mamma qualche minuto prima di prendere il treno per il suo paese natale.

Quello fu il primo giorno in cui la vidi piangere.

Io mi resi conto che nonno ci aveva lasciati solo quando mi ritrovai nella chiesa del paese. La bara di quercia, per quanto spoglia, risaltava all'interno del luogo sacro, ed è ancora oggi una delle immagini più nitide dei miei ricordi.

Fino a quel momento, non mi ero mai reso conto di cosa effettivamente la morte fosse... No, messa così sembra che all'epoca avessi capito cosa significa morire, ma non è vero. A dieci anni, l'unica cosa che avevo capito era che non avrei mai più abbracciato il nonno. Ero triste, certo, ma c'è differenza tra sapere di non poter più avere nessun tipo di rapporto con qualcuno e avere la consapevolezza che quel qualcuno è morto; e io a dieci anno questa consapevolezza non ce l'avevo.

Non versai neanche una lacrima quel giorno. Ero troppo piccolo.

Battei le palpebre e tornai il presente. Di solito non pensavo molto alla morte del nonno, ma quel secondo ascolto della profezia mi fece tornare alla mente i ricordi di quei giorni. Immaginai fosse la morte indirettamente citata.

Spostai lo sguardo su Niv, che ascoltava senza battere ciglio. Incrociammo gli sguardi quando fu citato il verso "dalla prole della bestia condotti verranno", quasi come se quella frase rendesse, in quel momento, tragicamente vero che ora facessimo entrambi parte dell'impresa.

Era un dettaglio che mi faceva rabbrividire e pentire di aver accettato Niv come compagno. Non perché non mi fidassi di lui, ma perché avevo paura per lui. Se fosse morto... lo conoscevo da quattro anni, eravamo sempre stati insieme da allora: non riuscivo ad immaginarmi una vita senza di lui.

Fosse stato per me, non mi sarei portato dietro nessuno, ma dovevo almeno provare ad essere razionale: partecipare ad un'impresa in Italia da solo significava morte certa. Anche per un figlio italiano di una divinità minore come me. E non ero ancora così tanto idiota da andare in solitaria; anche perché la profezia parlava chiaro: saremo stati in cinque a partire per Roma.

«Okay...» disse Niv dopo un po'. «Immagino che nessuno abbia la parafrasi a portata di mano». Ovviamente, nessuno disse nulla.

Dopo un po', Lacy parlò: «Abbiamo aspettato che voi due arrivaste qui per parlare della profezia con i campeggiatori. Per il momento, sanno solo che qualcuno ha rubato l'Arco di Apollo e nient'altro. Li richiameremo e chiederemo chi tra loro vuoi farsi avanti. Se avete in mente qualcuno che volete assolutamente con voi, ditelo ora». Non l'avevo mai vista così seria, non che la cosa mi sorprendesse.

Io e Niv ci guardammo e capii che entrambi sapevamo perfettamente a chi rivolgerci.

Mi venne una stretta allo stomaco e mi sentii un ipocrita: avevo urlato e quasi litigato con Niv, pur di impedirgli di venire; e ora, invece, mi ritrovavo lì, a scegliere unə dei miei amici più intimi.

Una parte di me odiava la semplice idea di chiederlə di partecipare all'impresa, ma l'altra sapeva perfettamente che ci serviva qualcuno di davvero esperto e tra quei pochi al Campo Italiano, ləi era quello che avrei voluto al mio fianco. L'unicə tra gli esperti di cui mi fidavo davvero per portare a termine un'impresa del genere.

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Uscimmo dalla Casa Grande e ci dirigemmo verso l'Arena. Se c'era un luogo, oltre la sua Cabina, dove di sicuro l'avremmo trovatə, quello era l'Arena. Adorava allenarsi con la spada, non per niente era unə dei migliori spadaccini del Campo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 12, 2024 ⏰

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(1)I Flagelli degli Dei, L'Arco di ApolloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora