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Siamo nel magazzino. Sia maschi che femmine.
Finalmente posso conoscere qualcuno del mio sesso.

Mi avvicino a delle ragazze e loro si girano verso di me.
"Ellà... ma qui abbiamo na nuova guaggiuna" dice una delle tante.
"Piacere, i song Naditza, tu?" Mi chiede la ragazza con un sorriso a trentadue denti.
"Caterina Marcuso" dico stringendo la sua mano.

"Marcuso? Non sei di sti part eh?" Mi chiede una ragazza accanto a lei.
"Sono della Calabria." Dico decisa.
"Uuh calabrese.. mi piaci, ma solo tu, quello con cui mi dovevo sposare calabrese era." mi dice Naditza spostandomi una ciocca di capelli dal viso.

"Sposare?" Chiedo un po' scioccata.
"Già, i miei genitori mi hanno venduta" mi dice abbassando lo sguardo.
"Uè Naditza, ora sì cà, no ti fari picci. (Naditza, ora sei qui, non ti fare paranoie)" dico poggiandole una mano sulla spalla.

Mi sorride e poi io mi giro verso le altre ragazze.
"Piacere Silvia."
"Piacere Serena"
"Piacere Gemma."

Si presentano un po' tutte e poi andiamo verso i ragazzi per la spiegazione della professoressa.
Dobbiamo fare, per quanto ho capito, un dipinto sul muro fuori.

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Tutti escono fuori mentre io sto dentro a guardare un po' il disegno.
Ad un certo punto sento soffiare qualcuno sui miei capelli.
Mi giro e mi ritrovo ad Edoardo.
Gli poggio una mano sul petto spingendolo lontano da me.

Si mette a ridere e scappa pure a me una risata.
"Smettila" dico tornando ad osservare il disegno.
"C tieni pccré eh? Vergognosa?" Mi chiede riavvicinandosi.

"Eu? Pff (io? Pff)" dico facendo uno sbuffo con tono superiore.
Si appoggia con il gomito al tavolino affianco a noi e inizia a fissarmi.
"Chi voi Edoà. (Che vuoi Edoardo?)" dico girandomi verso di lui.
"Niente, è che sei bellissima" mi dice bagnandosi con la lingua il labbro inferiore.

"Sapresti dirmi qualcosa che non so già?" Gli chiedo sorridendo.
"E poi... no fari u lecchinu. I tuoi amici hanno rotto. No si ndannu ad avvicinari chiù nta cella mia. (E poi... non fare il lecchino. I tuoi amici hanno rotto. Non si devono più avvicinare alla mia cella.)" dico tornando seria.

Mi giro dandogli le spalle e vado prendere un pezzo di argilla.
"L'amici mij song pur di strunz ma song le persone a cui teng e chiù" mi dice.
Sento la presenza sua dietro le mie spalle.
"Si, ma devono lasciare stare a Carmine e Filippo sennò gli faccio male Edoà" dico seria.

" 'o ver fai?" Mi chiede.
" 'o ver facc" dico parlandogli in napoletano.
Lo sento ridere.
Mi poggia una mano sul fianco e l'altra sulla spalla per poi infilare la testa nell'incavo del mio collo.

"Azz 'c profum bonu 'c ten" mi dice dopo avermi annusato il collo.
"Si?" Gli chiedo chiudendo gli occhi.
"Mhmh" annuisce.
Sento i suoi fianchi sbattere contro i miei glutei.

"We Edoà dó stai?" Sentiamo Gennaro chiamarlo.
Ci stacchiamo velocemente ricomponendoci.
"Song cà Gennaré" gli dice guardandomi in volto con uno sguardo malizioso.
"Hai un colloquio e tu pur signorina" ci riferisce.

Il mio sguardo si incupisce subito.
Chi vorrà mai vedermi ora?
"Dai, ijammabell" ci dice Gennaro.

Mi affianco a Edoardo e iniziamo ad andare.
Mentre camminiamo lo vedo fissarmi la scollatura della maglietta.
Gli tiro una spallata.
"Sì tuttu scemu. Smettila." Dico guardandolo negli occhi.

"Non posso guardare?" Mi chiede.
"Me lo chiedi pure?" Gli chiedo.
Fa spallucce sorridendo.

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Gennaro apre la porta ed io entro dopo di lui.
Vedo Edoardo andarsene verso due donne sedute attorno ad un tavolo che lo aspettano.
Mi guardo intorno e quando vedo il volto di mio padre l'ansia mi inizia a mangiare.

Mi avvicino a lui e mi siedo davanti alla sua figura.
"Papà." Dico a mo' di saluto.
"Caterì" mi dice freddamente.
Guardo verso Edoardo e vedo che mi sta fissando.
Mi rigiro verso mio padre e gli faccio segno di parlare.

"Comu ti trovi cà na intra? (Come ti trovi qua dentro?)" mi chiede.
"Vai dritto al punto. Perché sei qui mh? Per dirmi che dovevo essere più brava? Che lo dovevo uccidere in modo furtivo? Che non ho portato onore al mio cognome?" Dico alzando di poco la voce verso la fine sentendo lo sguardo di Edoardo bruciare su di me.

Mio padre mi guarda con disprezzo per poi tirarmi uno schiaffo in pieno volto che mi fa girare la testa di lato.
"Hey! Non lo faccia più" gli urla una guardia.
Nonostante ciò continua a fissarmi.

"Rivolgiti bell'appulita a mia! (Rivolgiti per bene con me!)" mi dice per poi tirarmi un altro schiaffo.
"Ho detto di non farlo più! Lo faccia un'altra volta e lei qui dentro non entra più" gli dice la guardia.

"Vaffanculo! Vaffanculo! Sì nu strunzu i merda!" Gli urlo contro alzandomi.
Sento la guancia bruciare.
Probabilmente mi esce sangue essendo che ha degli anelli sulle dita.

"Siediti!" Mi urla.
Lo guardo male per poi fare come richiesto.
"Chi voi pà?!" Gli chiedo ringhiando tra i denti.
"Sto vedendo come farti uscire. Appena uscirai faremo i conti. Nel frattempo, devi fare una cosa per me. Devi dare questa al comandante." Dice porgendomi una chiave.
"E chi cazzu è?" Gli chiedo.

"Nulla che ti possa interessare a te." Mi dice per poi alzarsi e andarsene lasciandomi nel tavolo da sola.
Metto le braccia in posizione conserta sul tavolo e ci poggio sopra la testa.

In che cazzo di situazione mi sono cacciata...

Sento una mano poggiarsi sulla mia spalla ma io continuo a stare in quella posizione.
"Caterì jiam jià." Mi dice Edoardo.
Mi alzo e inizio ad andarmene verso la cella mia.

C sta 'o mar forDove le storie prendono vita. Scoprilo ora