La ladra di felpe

56 2 0
                                    

La mattina seguente, dopo una lunga notte insonne passata ad abbracciare la sua felpa, Cecilia si alzó lentamente dal letto.
Non voleva che qualche idiota rovinasse la sua felicità appena conquistata.
Aveva faticato molto per ottenerla e ora era determinata a tenersela.
Arrivata davanti a scuola, iniziò a leggere un annuncio affisso al muro giallino, sbiadito e rovinato dal tempo, del liceo.
Parlava di un corso di fotografia organizzato dalla scuola, aperto anche a studenti di altri licei.
Volendosi iscrivere, cercò una penna nello zaino disordinato e pieno di foglietti di carta e bigliettini vari.
Dopo svariati minuti la trovò ma una mano si mise tra Cecilia e il foglio per le iscrizioni.
Iniziò a scrivere: Roberto Perinelli.
Il cuore della ragazza iniziò a battere velocemente, lei iniziò a tremare e a sudare.
Si girò e lo salutò con un timido, brillante e bellissimo sorriso.
Roberto, senza salutarla, vedendola con la sua felpa, la accusò di essere una ladra, ovviamente scherzando.
Cecilia scoppiò a ridere e la sua reazione fu seguita dalla risata tenace del ragazzo.
Così, Cecilia, allungò la piccola mano fredda per restituire la felpa a Roberto e lui, prendendola, squadró la ragazza dalla testa ai piedi e conclude affermando:"Sta meglio a te, ladra!"
E se ne andò lasciando la ragazza senza parole con la felpa profumata in mano.
Quando Cecilia entrò a scuola, raccontò tutto a Federica.
Passò tutto il giorno a pensare e parlare di lui.
Quando tornò a casa però la aspettava una notizia inaspettata.
LA notizia!!
Quella che avrebbe trasformato quella piccola ragazza tanto timida in una bestia assetata di sangue.

Trovò la madre abbracciata alla nonna, erano due fiumi piena.
E lo divenne presto anche lei quando, notando una ghirlanda di fiori bianchi e una bara in mezzo al salotto, capì che sarebbe cambiato tutto.
Quel corpo senza vita aveva pochi e corti capelli grigi, quel corpo di nome Sergio... Quel viso...
Il nonno di Cecilia, quella persona tanto amata, aveva fatto da padre per la ragazza, visto che quello biologico aveva divorziato dalla madre anni prima, abbandonandole in un lungo oblio.
Si chiuse in camera e, non avendo la forza di rialzarsi, si accasciò sul pavimento della sua camera, non vergognandosi di lasciar scendere senza sosta le ripetute lacrime.
Passò tre giorni sdraiata inerme sul suo letto, a guardare il soffitto bianco cella sua camera da letto.
Più lo guardava, più si sentiva insensibile, apatica.
Quella sera iniziava il corso di fotografia alle 19.00.
Cecilia era pronta alle 18.30, maglietta rossa, un paio di jeans chiari e le converse già ai piedi.
Ma si addormentò sul divano color panna del salotto di casa sua.
Dopo un quarto d'ora, un suono assordante: il campanello!
Nonostante non avesse voglia di alzarsi, Cecilia si trascinó con fatica fino al citofono.
Era Roberto!
Quando aprì spiegò alla madre chi era e glielo presentò.
Iniziarono a parlare i due ragazzi e Cecilia si sentì in dovere di sfogarsi con lui.
Tra tante lacrime e trucco sbavato, alla ragazza, che in quel momento pareva una bambina, scappò un triste sorriso.
La madre Valentina la vide sorridere dopo un mese di agonia e capì che Roberto era una componente positiva nella vita di sua figlia.

Quella voglia di amareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora