Psiche
La mia bellezza è sempre stata per me un’arma a doppio taglio: uomini e donne di ogni età e rango accorrevano da luoghi lontani solo per ammirarmi e per appurare che la mia bellezza non fosse solo frutto dell’esagerazione dei pettegolezzi, ma proprio per la mia bellezza venivo sempre sminuita e svalutata da tutti, perché ai loro occhi venivo vista come la bellissima donna stupida, ingenua e incapace di fare qualsiasi cosa senza il nobile cavaliere pronto a salvarla in ogni situazione. Io non sono solo questo! Come si può ridurre tutto alla bellezza? Come è possibile che ogni volta che si pensa che qualcuno sia bello, automaticamente deve essere anche ingenuo, stupido e ottuso? È vero, sono molto bella, ma sono anche molto altro: sono curiosa, arguta, estroversa...io non sono solo quello che vede la gente. Una sera, mentre eravamo tutti intenti a cenare nella grande sala da pranzo, mio padre disse:” Psiche, figlia mia adorata, ho una sorpresa per te” e nel pronunciare queste parole fece cenno a me e alle mie sorelle di seguirlo. Ci portò all’ingresso del palazzo e aprì una porta che a noi, di solito, non era permesso oltrepassare. La stanza era ricolma di ogni dono possibile e immaginabile, e fu allora che mi dissero che il popolo non voleva più offrire tutto ciò ad Afrodite, dea della bellezza, ma a me. Mio padre fu molto orgoglioso, ma io non lo fui per niente, e non ci misi molto a manifestare il mio disappunto:” Padre, vi ringrazio, ma trovo che siate in errore nell’accettare delle simili gesta: queste sono le offerte per Afrodite, e per quanto le tue intenzioni e quelle del popolo siano gentili, non posso accettare tutto questo, perché non sarebbe giusto. In oltre Afrodite non la prenderebbe per niente bene, e non vorrei mai che la sua ira si scagliasse sul nostro popolo.” Le mie sorelle mi guardarono con sguardo di disapprovazione, mentre mio padre disse:” Psiche cara, non v’è nulla di male nel celebrare la tua bellezza”. “Non posso accettare tutto questo padre” dissi “e con permesso, vorrei riposare”, così dicendo mi ritirai nelle mie stanze, cercando di non pensare a quanto avvenuto solo pochi minuti prima. Capite quello a cui mi riferivo? Io ho valore solo in quanto bella, perché il resto non importa a nessuno.
Eros
“ditemi madre, cosa v’è di tanto urgente di cui dovete parlarmi?”. Capitava abbastanza spesso che mia madre approfittasse dei miei poteri da dio dell’amore per vendette e tornaconti personali, e quel giorno era proprio uno di quelli. “Figlio mio, per tutto l’affetto che tu provi per me, ti prego, punisci la bella Psiche, di cui di sicuro avrai già sentito parlare, e che con tutta l’insolenza di questo mondo si è messa al mio pari: falla innamorare della più ripugnante delle creature, dell’uomo più disgraziato tra tutti. La faremo pentire noi della bellezza che non le spetta, di quella bellezza con cui ha osato provar a prendere il mio posto, ma v’è solo una dea della bellezza, e sarò per sempre io, Afrodite, dea dalla bellezza immortale. Ora va, figlio adorato, e fa ciò che devi, in nome dell’affetto che so che provi nei miei confronti”, e una volta detto questo, si allontanò dandomi le spalle, dando per scontato che avrei di sicuro fatto ciò che mi chiedeva. Avevo già sentito parlare di Psiche, la bella principessa che viene venerata dal popolo come una dea, ma non sapevo quanto di vero ci fosse in questa storia: dopotutto si sa, le dicerie non sono esattamente fonti molto attendibili, e così decisi di verificare di persona, dirigendomi al palazzo dove sia psiche che la sua famiglia vivevano. Non ci misi molto ad arrivare ed entrai dalla finestra della stanza della principessa, mentre lei dormiva ignara di tutto. Decisi di verificare coi miei occhi se la bellezza di Psiche fosse davvero così magnifica, e quando mi avvicinai, non ebbi più dubbi: ora capivo perché mia madre era così invidiosa di lei. La sua bellezza era tale da surclassare quella delle più belle ninfe e dee, e mai i miei occhi videro una mortale bella come lei. Presi l’arco e mi preparai per scoccare la freccia, ma decisi che non avrei fatto ciò che mia madre mi chiedeva: non poteva condannare una qualunque mortale basandosi sulla propria invidia e gelosia, e così decisi che avrei dovuto conoscere Psiche almeno un minimo, e capire se ci fosse davvero qualcosa in lei di così sbagliato da dover punire con così tanta malvagità. La ammirai ancora per qualche minuto, poi volai fuori dal palazzo alla ricerca del materiale per mettere in atto il mio piano.
Psiche
Quella mattina me la presi comoda nello svegliarmi, e decisi che sarei uscita per fare una passeggiata e approfittarne per riflettere. Era una mattina particolarmente soleggiata, e un piacevole vento estivo mi rinfrescava il viso. Mi piaceva molto passeggiare per le vie della città, ma non sempre ne avevo occasione, dati i miei doveri e le milioni di altre cose che volevo fare: gli impegni si accavallano e alla fine di tempo per fare le cose che desidero ne ho ben poco, se non alcune giornate, come questa, in cui non ho nessuna ricorrenza in particolare a cui assistere o compiti importanti da dover svolgere, e così posso dare sfogo anche alle mie passioni. D’un tratto la mia quiete venne interrotta da uno scontro inaspettato:” scusatemi, signorina, non era mia intenzione caderle addosso il tal modo, sono davvero desolato”. Mi trovai davanti un ragazzo vestito in maniera elegante ma non eccessiva, con capelli biondi e ricci disordinati e il viso sporco di terra, come il resto della sua figura. “Non vi preoccupate, signore, può capitare a chiunque.” dissi “siete ferito?”. “io no, e spero che neppure voi vi siate ferita per colpa della mia persona troppo maldestra e sbadata. Permettete che mi presenti a dovere, mi chiamo Agaphis.. E voi, il vostro nome qual è?”. Non mi è sembrato che mi avesse urtata con cattive intenzioni, e più la nostra conversazione andava avanti, più appariva a me come una persona molto simpatica e aperta, così risposi subito: "Il mio nome è Psiche. Come mai vi trovate da queste parti, Agaphis?”. Subito mi rispose: “Chiamatemi pure Agapi. Sono figlio di mercanti, e spesso cambio città proprio per questo motivo. Ho visto un bellissimo sentiero che conduceva a questo bosco, e così ho deciso di venire a dare un’occhiata a questo magnifico paesaggio, dato che dovrò lasciarlo a breve. Mi sono arrampicato per vedere meglio oltre gli alberi e nello scendere sono scivolato e vi sono finito addosso, il resto lo sapete già.” Dev’essere stato molto difficile cambiare città così spesso, pensai io; insomma, io a malapena ho lasciato la mia città, se non in qualche occasione straordinaria, lui, invece, doveva farlo regolarmente se non voleva che la sua famiglia lo lasciasse. “Qual è stato il luogo che ti è più piaciuto di tutti quelli che hai visto?” chiesi “Devi aver visto così tanti posti meravigliosi che probabilmente non saprai quale scegliere...”. Di luoghi meravigliosi ne avevo visti anche io, s’intende, ma come ho già detto, non ho viaggiato molto e per quanto possa essere bello un luogo, a vederlo tante volte ci si fa l’abitudine, e penso che tutti possiate essere d’accordo con me. Al contrario di quel che pensavo, lui rispose subito e senza esitazioni:” Ho sempre adorato la biblioteca di Alessandria d’Egitto: ho passato giorni interi là dentro, e non mi stanco mai di tornarci. E il tuo luogo preferito? Quale è?”. Agapi mi sorrise, e quello sarà un sorriso che non dimenticherò mai: quello era un sorriso sincero, vero e spontaneo, non finto, tirato e forzato, come quelli ai cui ero abituata. Persino le mie sorelle faticavano a mostrare affetto e essere spontanee con me. “Quando ero bambina spesso e volentieri sgattaiolavo fuori dal palazzo per giocare o per fare una passeggiata, e in una di queste ho notato qualcosa che mai avevo notato prima: un cespuglio del giardino del palazzo, quello più vicino alle mura, nascondeva in realtà una piccola porta che se oltrepassata portava ad un altro giardino, pieno di rose di ogni colore, iris, gigli...Da quel giorno mi ci recai ogni giorno. Non l’ho mai detto a nessuno. Credo che sia quello il mio posto preferito”.
Parlammo ancora per molto tempo e scoprimmo di avere tanto in comune, come l’amore per le piante e la passione per gli strumenti musicali, e così decidemmo di vederci anche l’indomani alla stessa ora. Quando tornai a casa vidi mio padre e mia madre parlare di me molto preoccupati, e con loro c’erano anche le mie sorelle. Appena mi notarono condivisero con me le loro preoccupazioni:” Sorella cara, sei sempre stata adorata da tutti, uomini o donne che fossero, e come è possibile, allora, che tu sia ancora nubile, e che nessuno abbia ancora chiesto la tua mano?”. In effetti non aveva tutti i torti:” Mi recherò all’oracolo di Delfi, e forse allora avremo le risposte a tutte le nostre domande” disse mio padre. Per loro il fatto che ancora io non avessi marito probabilmente era un peso e un qualcosa da sopportare fino a che non si trovasse un modo per porvi rimedio, ma non gliene faccio una colpa: allora era quasi d’obbligo che le giovani ragazze si sposassero presto e con un uomo il più delle volte molto più grande di loro, e non era come adesso, quando noi ragazze possiamo anche decidere che non ci interessa sposarci o che vogliamo scegliere noi l’uomo con cui passare la nostra vita, o anche solo una parte di essa. Ero curiosa di sapere anch’io la risposta a tutte queste domande, e non mi restava altro che aspettare il momento in cui mi sarebbero state date.
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Eros e Psiche ❤️
RomanceQuando l'amore diventa l'unica fonte della nostra sofferenza? Quando l'amore che proviamo per qualcuno diventa l'unica goccia in grado di far traboccare il vaso della nostra vita?