303 + 27 giorni di coscienza

9 1 0
                                    


303 + 27 giorni di coscienza

27 giorni

La nostra storia è durata 27 giorni.

È una storia talmente travolgente che solo il fatto di raccontarla mi fa sorridere. Ma ho deciso di farlo per realizzare quello che ho sempre desiderato fare: il primo passo.

Sai quanto fosse importante per me realizzarmi e lo dico perché agli inizi eri sempre presente, sempre pronto a ripetermi di non aver paura tu scappassi quando dovevo impegnarmi a studiare per gli esami. Ne ho dati ben 5 in un mese e mezzo. Ero talmente felice che riuscivo per la prima volta in vita mia a fare tutto. Godermi te, che per fortuna mi venivi a trovare sempre a lavoro, il lavoro stesso e lo studio. Era tutto in ordine. Era tutto in perfetta armonia.

Mi svegliavo la mattina felice di sapere che finalmente si erano risvegliate in te le emozioni che in me urlavano disperatamente da un po'.

Ma partiamo dai 303 giorni.

Ti ho conosciuto il 9 aprile 2022. Ricordo che era sabato. Mamma era a lavoro e mi aveva detto di farmi portare da mio padre per vedere un po' dove sarei andata a finire dopo aver accettato di lavorare a 22 anni come lavandaia in una RSA.

Perché sì, come ti avevo detto, ho deciso di rimboccarmi le maniche. Era un periodo talmente nero e non riuscivo a capire più niente. Non riuscivo ad alzarmi dal letto. Non riuscivo a studiare. Frequentavo il mio secondo anno di università, studio scienze umanistiche per la comunicazione a Firenze e non mi ha mai fatto impazzire questa scelta. Ho sempre sognato una preparazione diversa, come quella alla IULM a Milano. Ero indecisa tra lettere, archeologia, criminologia e diciamo che comunicazione era sempre stata la mia ultima scelta. Perché ho scelto questa invece? Perché guardandomi intorno e visto il lavoro e l'andazzo in Italia ho pensato a quale percorso mi potesse permettere un minimo di avvicinarmi alla mia realizzazione personale.

Comunque, frequentavo il secondo anno di Università. Non l'ho mai vissuta pienamente perché con il periodo storico che stiamo vivendo è diventato tutto telematico. Non ho fatto la tipica vita che fa un'universitaria. Nessun amico di studio, nessuna colazione per Firenze, pochi aperitivi in centro, a lezione in presenza veramente di rado.

Quando andavo infatti a seguire linguistica, molto spesso, mi addormentavo. Quella chiesa sconsacrata, buia e fredda non era uno dei luoghi migliori per mettersi a seguire una lunga lezione poco interessante.

Il secondo anno è quello con più esami, quello che ti sfinisce completamente. E con me è andata proprio così. Ero demotivata da morire. Seguivo la lezione direttamente a letto, al buio, e per la maggior parte delle volte mi riaddormentavo, perdendomela interamente.

Andavo a letto tardi, guardavo i miei film e le serie tv e niente.

Di studiare? Non se ne parlava proprio. Ma non perché perdevo tempo fuori, macché. Perché non ne avevo la forza. Aprivo un libro e non capivo niente.

Poi a febbraio arrivò quella febbre atroce che mi ha provocato un problema e sono rimasta a letto un intero mese. Soffrivo, e basta.

Una sera, scherzando, mamma ha chiesto se fossi interessata, io che mi lamentavo per tutto e per la mancanza di soldi miei, a lavorare in lavanderia da lei.

"Dovrei svegliarmi ogni mattina alle 5?" chiesi spaventata. Però una cosa che amo di me è che sono spericolata. Lì per lì ho deciso di dover per forza cambiare le cose, la mia vita. Ho detto che mi sembrava un'idea interessante e cavolo se ho accettato! Il contratto è stato fatto subito.

Non avevo idea di cosa mi aspettasse, sapevo chi erano i suoi colleghi ma non avevo alte aspettative.

Mamma parlava sempre del fisioterapista Leonardo e dell'infermiere Dario.

CoscienzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora