Capitolo 1

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- Oh i'm a mess right now, inside out-

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Capitolo 1
31 Dicembre ore 00:00
Le persone che prima erano intente ad aprire birre, bibite varie e a cercare di alzarsi dal divano senza ricaderci sopra, in quel momento erano impegnate a gridare e a ballare entusiaste dell'arrivo del nuovo anno.
Non riuscivo a vedere tutto con chiarezza, vedevo sagome che mi buttavano da qualsiasi parte, ma loro continuavano ad urlare ed il volume della musica era sempre più alto, ed io non ce la facevo più.
Allora cercai con tutta la mia forza di alzarmi da quel lurido divano sporco di bevande, ma ogni volta che mi alzavo venivo spinta da ragazzi intenti a divertirsi facendo sciocche cose come trenini.
Mi strinsi nella mia giacca e presi la borsa.
I miei occhi non vedevano ancora bene ed i miei pensieri erano coperti dai tanti bicchieri di alcool che smisi di contare perché ne erano troppi. Misi forza nelle spalle e spinsi tutte le persone che ostacolavano la mia strada e quando arrivai alle scale mi fermai prima di cadere pesantemente su uno scalino.
Sentii dolore e riuscii a vedere il livido viola che si era formato sulle ginocchia e sulla mano.
Presi tremante una sigaretta e l'accesi per poi aggrapparmi alla ringhiera e salire.
Contavo i gradini ed ogni volta che ne superavo uno sembrava che altri cento si aggiungessero.
Vedevo alcuni ragazzi passare, fissarmi e andare via senza chiedere se avessi bisogno di aiuto o nulla del genere, perché loro non sapevano.
Quattrocento...quattrocento e uno...quattrocento e due...o di più.
Ricordo che caddi svariate volte e mi fermavo a piangere ogni volta che perdevo equilibrio.
Ma non sapevo perché piangevo.
Mia nonna mi ripeteva che le persone che piangono senza motivo sono quelle più tristi.
Da piccola le parole di nonna non le capivo proprio, non capivo quando mi parlava della fine della seconda guerra mondiale o del nonno morto nei campi di sterminio, o di Levi e la poesia 'se questo è un uomo', o ancora dei suoi amori, dei suoi malesseri, delle sue malattie, o ancora di Amore e Psiche.
Non capivo perché ero piccola e non pensavo all'essere triste.
Ricordo che da piccola la maestra delle elementari quando faceva l'appello diceva 'Daisy la strana Rose' ed i miei compagni ridevano, ed anche lei rideva, io ci rimanevo male, anche se non capivo il perchè della mia stranezza.
Tutti ridevano, e poi c'era Evan che stava zitto al banco vicino al mio e mi prendeva la mano e la stringeva, ed io quasi non piangevo capendo poi dopo la gravità della situazione.
Iniziai ad essere davvero triste quando, alle medie, i ragazzi passavano senza degnarmi di uno sguardo e lasciavano schiaffi sul mio sedere ed io mi stringevo nelle spalle, ma la cosa davvero brutta era che Evan era impegnato con altre ragazze e non mi pensava.
Tutti nascondiamo delle cose che rendono la nostra vita un qualcosa di doloroso e reale.
Imparai a leggere le persone, potevo capire com'erano e cosa pensassero quando guardavano una persona.
Ero strana e diversa fin da quando ero piccola.

Riuscì ad arrivare all'ultimo piano.
Aprii la porta un po malconcia e davanti a me si aprii una grande vista sulla grande Los Angeles.
Il vento era molto freddo e dei brividi fastidiosi si espandevano lungo tutta la mia schiena.
Camminai a passo lento verso la fine del grattacielo e mi sedetti con le gambe che penzolavano nel vuoto più totale.
Non pensavo che avessi fatto quella fine nemmeno se me l'avrebbero raccontato, non ci avrei mai creduto.
Ed è questo il bello, è che le cose non sono programmate, i fatti avvengono e basta,anche se tu non vuoi.
Mi sentivo una persona davvero schifosa in tutti i sensi.
Avevo fatto tanto male pensando sempre prima a me stessa che agli altri, ed è stata sempre una pessima cosa.
Quindi tra i buoni propositi c'era quello di dare fine a una vita passata in sofferenza.
Avevo tanti buoni propositi prima della sua morte.
Avevamo un matrimonio.
Ricordo che un anno prima eravamo intenti a festeggiare, non solo l'inizio di un nuovo anno, ma anche l'arrivo di una bellissima bambina.
E magari avrei voluto fermarmi li, immobile, in quello stesso istante.
Passai tutto quell'anno a piangere la sua morte, e la prima cosa che feci fu quella di abortire, non volevo far nascere nostra figlia nel dolore più assoluto allora feci l'unica cosa che mi venne in mente.
E per questo fui maledetta e mi descrivevo in una persona dannatamente schifosa.
Il punto era questo: non ci potevo morire io in quell'incidente stradale?
Magari durante quell'anno Evan avrebbe fatto cose migliori e magari quello stesso giorno in cui decisi di suicidarmi lui era con nostra figlia a parlarle di me.

Comunque sia....il giorno dell'anniversario della morte di Evan decisi di morire anch'io.
Allora a quel punto mi alzai e feci un respiro profondo, chiusi gli occhi strinsi la lettera di Evan sul petto e feci un passo nel vuoto.
Ma le cose non andarono come previsto.
Fui presa e stretta.
Quasi pensai che ad accogliermi in paradiso erano le braccia di Evan.
Ma no.
Ero sopravvissuta.
Poi, in un secondo, ricordai che davvero stavo per uccidermi e scoppiai in un pianto isterico.

#spaziomeee
Ringrazio tutte le ragazze che non si sono disturbate a leggere la storia, siete tutte quante dolci, e mi scuso se ho rotto le palle con il mio messaggio.
questo è il primo capitolo spero che vi piaccia.
METTETE UNA STELLINA E VI DO N'BISCOTTOOO VVB
GRAZIE

i still love you// h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora