Ho anche messo le luci

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Immaginiamo quest'uomo con i pantaloni del pigiama sotto al giaccone che ha messo per uscire, e ai piedi delle scarpe beige, senza calze.

È uscito presto e ha iniziato a trafficare tra le siepi, curatissime, per distribuire le luci natalizie. Sta quasi finendo di sbrogliare il groviglio del cavo, erano anni che stavano in uno scatolone.

All'inizio stava accanto al divano, lo scatolone, pronto per essere svuotato in occasione delle feste, ma poi – tanto non gli importava, andava dicendo – era finito col rimanere lì, per diventare un piano d'appoggio, alla stregua di un comodino. C'erano appoggiati i giornali, il telecomando, periodicamente cumuli di bottiglie di birra; dopo qualche mese una lampada ha suggellato il suo nuovo utilizzo.

Ora tutto è stato messo in discussione, e ciò che copriva quello scatolone è accatastato ordinatamente sul divano.

Le luci sono colorate, non funzionano tutte. Fa una smorfia quando se ne accorge, una smorfia di disapprovazione e indulgenza insieme: in fondo le ha sbrogliate e distribuite lungo le siepi, gli è costato diverso tempo farlo, peccato molte siano spente. Guarda un punto indistinto, forse una luce in particolare, forse una di quelle accese, non si capisce bene.

Squilla il telefono e noi lo vediamo entrare in casa non agitato, ma neanche svogliatamente com'è sua abitudine. Non ama ricevere telefonate. Non ne riceve quasi mai, in effetti.

Si schiarisce la voce mentre alza il ricevitore.

"Pronto?

Sì, ciao, sì... No, ero fuori.

Con la giacca, certo, scherzi?... No. ...No, dimmi... A che ora allora? Come non... Ma ho fatto preparare il tacchino. ...No, non è per quello, solo che...Ma anche più tardi? Va bene se venite più tardi. Sono qua, non vado da nessuna parte.

...E domani? Non potete venire domani?

A che ora? E dov'è questo saggio di... Ma aspetto. Posso aspettare, non devo fare...

Ma mi fa piacere, ho anche messo le luci...

Sì, qua fuori, qua intorno, volevo fare una sorpresa, per... Volevo farle una sorpresa per quando viene dal nonno.

...Certo... No, ho capito... Sì... Non fa niente... Va bene... Allora sarà per... Sì, va bene... No, ma certo, non sto pretendendo... No, lo so che non posso pretendere... No, davvero, ti sbagli... No, non penso... Solo speravo che... No, hai ragione, posso aspettare ancora... No, dimmi tu. Mi dirai tu quando. ...Come? ...Va bene.

...Grazie per aver chiamato. "

Ora rimane lì, per qualche secondo ancora con la mano sul ricevitore, anche dopo averlo riposto, rimane lì e pensa.

Vediamo un uomo con lo sguardo liquido, come se tutti i contorni della stanza fossero sfocati adesso. Vediamo questa persona con la giacca addosso, i pantaloni del pigiama e delle scarpe beige, senza calze, che stacca la mano dal ricevitore, ma rimane ancora lì. Si appoggia allo stipite della porta, pensa, guarda in direzione del divano, lo scatolone è aperto, si avvicina per vedere che altro c'era oltre alle luci, ma sembra essere qualcosa di poco interesse.
Torna alla porta d'entrata, che era rimasta aperta, guarda le luci. Segue il percorso un po' illuminato e un po' no che ha tracciato intorno alle siepi, si sofferma sul muretto che dà sul giardino accanto. Non guarda qualcosa in particolare, sta lì qualche minuto.
Poi torna in casa, si chiude la porta alle spalle, lo vediamo togliere la giacca e appoggiarla sopra le cose accatastate sul divano, per sedersi sullo spazio rimasto libero. Lo vediamo allungarsi per prendere il telecomando e lo vediamo accendere il televisore.

Quello che non vediamo sono gli ultimi sedici anni in cui non aveva avuto più notizie di sua figlia, l'allontanamento da parte del giudice, quasi un sollievo nella spirale di autocommiserazione che si era creato per non rischiare di rimanere sobrio anche solo pochi minuti al giorno.
Che ci faceva con una figlia. Lui non era capace, con una figlia, meglio così.

Non vediamo la sorpresa nell'incontrarla al supermercato una settimana prima – lo ha avvicinato lei, lui stava pesando le melanzane, non se n'era accorto – sembrava così seria, così vera.
Non era tenuta, le aveva detto, non era tenuta ad andare a trovarlo, non doveva sentirsi in obbligo.
Una nipotina? No, beh, una nipote ormai, ma pensa. Auguri. Sì, certo, dopo tanti anni, ma era contento. Non lo vediamo scusarsi, e lo fa piano, senza riuscire a guardarla a lungo, però glielo deve, le dice, e si scusa. È solo grazie a lei che ce l'ha fatta, deve essere fiera di com'è diventata, è felice?

È felice.

Non deve sentirsi in obbligo, non è tenuta, ma certo... Se vuole, certo, può venire.
A cena? Sarebbe una cosa bella. Qualcosa si rimedia, nessun disturbo, è una cosa bella.
Sì che vuole conoscerla, gli dispiace. Gli dispiace di tutti questi anni, gli dispiace per tutto, ora è solo un vecchio con un sacchetto di melanzane e un'etichetta adesiva penzolante sulla bilancia, incredulo che la vita sia riuscita a fare per lei quel che lui non ha potuto. Voluto.

Non lo vediamo accogliere con rigido imbarazzo il suo abbraccio, e guardarla voltarsi e andare via.

Ma lo immaginiamo.


Ho anche nesso le luciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora