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Kim Namjoon era senza ombra di dubbio il giocatore under 21 di hockey su ghiaccio più tenuto d'occhio della stagione.

Vent'anni compiuti il dodici settembre, aveva una velocità e accuratezza di riflessi senza eguali: praticamente inarrestabile una volta sceso in campo.

Le sue capacità gli avevano già assicurato un posto in nazionale per l'anno successivo, non appena si fosse liberato del contratto con la squadra attuale gli sarebbe stato recapitato quello statale.

Le persone, che fossero tifosi, telecronisti o allenatori, non vedevano l'ora di vederlo giocare nei palazzetti più grandi del mondo.

E Jung Hoseok lo invidiava profondamente per questo.

Non che fosse indietro rispetto a lui, era anch'egli nella stessa squadra giovanile e convocato per rappresentare il proprio Paese una volta adulto, ma non era affatto suo pari.

A differenza sua, infatti, Hoseok non aveva alcun talento innato per l'hockey: si era semplicemente allenato fino allo sfinimento per quindici anni senza mai prendersi una pausa.

Non aveva mai avuto un posto in campo garantito fin dal primo giorno anzi, aveva dovuto lottare con le unghie e coi denti per ottenere il diritto di essere titolare spaccandosi la schiena ogni giorno.

Namjoon invece era entrato nel team con un lungo tappeto rosso sotto i piedi e il ruolo di capitano ancor prima di indossare i pattini: era lui che attirava l'attenzione delle telecamere, era lui che veniva intervistato, era lui che contattavano per sponsorizzazioni.

Perché, come qualsiasi altro sport, l'hockey era un mondo crudele in cui non fregava a nessuno la quantità di impegno che c'era dietro le quinte: bastava avere la fortuna o il talento di riuscire a fare due mosse un po' al di sopra dello standard per avere i riflettori addosso.

Con un soffio Hoseok cercò di spostare il ciuffo castano ribelle che gli cadeva sulla fronte.

"Vado a chiudere le finestre del bagno."

Sfortunato come sempre si era ritrovato a condividere la stanza di hotel proprio con Namjoon durante quella trasferta a Daegu per una amichevole con la squadra cittadina.

Quel ragazzo dai capelli neri in realtà non era chissà che fastidioso da avere in camera, era sempre silenzioso e ordinato, ma l'atmosfera attorno a loro pesava come un macigno.

Principalmente era per colpa sua se l’aria era tanto tesa, Hoseok se ne rendeva perfettamente conto.

Ma era inutile, proprio non ce la faceva a mettere da parte l'invidia e fingere di andare d’amore e d’accordo con quel suo compagno di squadra.

L’umidità accumulatasi dopo che si erano fatti la doccia era ora sparita nella notte e una volta abbassate le serrande si prese un attimo per studiarsi allo specchio dopo essersi levato la maglietta.

Il fisico asciutto e muscoloso di cui tanto andava fiero era segnato da piccole cicatrici sparse qui e là ed una volta voltatosi parzialmente si lasciò sfuggire uno sbuffo infastidito.

“Merda.”

La botta che aveva preso sulla parte bassa della schiena durante gli allenamenti mattutini si era evoluta in un variopinto ematoma dalle tonalità violacee.

Era pure leggermente doloroso se ci premeva le dita anche solo un poco: avrebbe dovuto mettere un’altra dose di crema.

Si rivestì prima di tornare in camera e si accucciò sulla valigia sistemata ai piedi del proprio letto.

Nel piegarsi una sinfonia di scricchiolii provocati dalle sue articolazioni gli fece guadagnare uno sguardo sorpreso da parte di Namjoon che però non disse niente, come suo solito.

Envious [NAMHOPE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora