Shadows

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Conoscevo una ragazza che come me aveva paura di camminare alla luce per via della vergogna che provava nel vedere la sua ombra goffa, con un po' di gobba, alcune cicatrici e senza forme. Così qualche volta la sera, quando si accertava che tutte le luci erano ormai spente usciva per andare fuori città su una collina a vedere le stelle,  immaginando di toccarle con un dito. Così si perse nei suoi pensieri, era solita farlo, che non si accorse che un'altra anima goffa e spezzata come la sua la stava osservando silente, avvicinandosi cauta per paura di farla scappare. Ma quest'anima non vide il grande sasso ai suoi piedi così cadde e fece uno strano tonfo a terra, imprecò sotto voce contro se stessa per essere cosi sbadata e si alzò, notando di aver disturbato la bellissima ragazza delle stelle. Il ragazzo nonché proprietario di quest'ultima, dispiaciuto raccolse la sua anima imbranata e si scuso con la ragazza, che nel mentre era intenta a fissare ogni suo minimo movimento, e notò con grande stupore che nonostante la rabbia che provava in quel momento i suoi movimenti erano cauti e delicati, quasi come se non volesse far male a nessuno. Allora lei  pensò meravigliata: "che strano", non era solita vedere persone dell'altro sesso essere delicati.  Nel quartiere dove abitava, gli uomini erano soliti picchiare le donne quando erano arrabbiati, o quando semplicemente gli andava. Anche lei ebbe la sfortuna di provare questo trattamento, troppo presto per capirne il motivo . Di  solito il padre si concentrava unicamente sulla madre della piccola, ripetendosi:" il papà è stanco, sarà solo tanto teso e stressato, è normale, noi dobbiamo solo rimanere qui in camera ad ascoltare la musica". Così come ogni sera accendeva la piccola radio che aveva in camera, prendeva una luce che poggiava sulle mattonelle in marmo a pochi centimetri dalla parete, in modo da farsi ombra, per poi abbracciarsi, finendo per addormentarsi tra i mille singhiozzi, rannicchiata su se stessa. Una sera purtroppo non riuscì ad accendere la radio in tempo che il padre entrò brusco in camera. Aveva un coltello con sè, urlo tante brutte parole che lei dallo spavento non riuscì a capirle. Si ritrovò persa nelle sue paure da sola, senza l'amica Shadow, a guardare colui che considerava un padre, prenderla brusca per il braccio, lanciarla a terra e mettersi a cavalcioni su di lei. Finì per lasciarle scie di sangue su ogni parte del corpo che si era divertito a torturare con la piccola arma che aveva portato con sè.  Non capiva il perché: aveva solo otto anni, era sempre stata una brava bambina, non aveva mai disubbidito alla mamma, non aveva mai saltato scuola, aveva sempre portato la birra a tavola quando lui gliela chiedeva. Eppure non riusciva a capire perché le stesse facendo questo. Priva di sensi si ritrovò a terra in una pozza di sangue pensando ad ogni giornata felice passata con la mamma, con Shadow e con le sue mille immaginazioni. Si svegliò, In ospedale. La testa della mamma sulle gambe col viso bagnato  per quello che era accaduto con i sensi di colpa fino a dentro le ossa. Aveva amato un animale come il padre, un uomo di cattive abitudini che l'amore bastardo senza pietà aveva deciso di non vedere. Il ragazzo appoggiò una mano sulla guancia della ragazza, lei si allontanò brusca. Non aveva notato che egli si era avvicinato così tanto. Non si era resa conto che il suo volto era bagnato per via delle lacrime cadute, divertendosi a bagnare le sue guance ormai rosse per l'imbarazzo. Si schiaffeggiò mentalmente per aver ceduto ancora una volta ai ricordi, e poi si lasciò andare al suono della sua voce calda che le sussurrava pacata delle scuse.

"Scusami se sono stato indiscreto, non volevo avvicinarmi tanto, scusami se ho osato disturbarti" disse dispiaciuto, al ché lei prese coraggio e fece un passo in avanti, avvicinandosi a lui , per poi scusarsi per essersi sottratta a quel tocco cosi delicato, dicendo lui che non era mai stata toccata così, e che la sua mente in quel momento era da tutt'altra parte per vedere l'arrivo della mano che poi avrebbe toccato la sua guancia. Allora lui le sorrise timido, dicendole di non preoccuparsi, al ché ella ricambiò il sorriso, per poi prenderlo per mano per portarlo alla fine della collina, nel punto più alto per vedere le stelle.

Scrivo un po'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora