Capitolo 24: Legami scomodi - ✓

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«È arrivato il Natale, capo. Tre cellulari nuovi di zecca per...voi?»

Sully rimase imbambolato davanti alla porta del soggiorno, smettendo di sventolare i cellulari della famiglia Jung con un'allegria mista alla noia di non aver ancora attuato un dannato passo avanti. Eppure sembrava che in quella stanza l'atmosfera si fosse scaldata un tantino troppo, soprattutto quando scorse la faccia incazzata di Dave, seppur fosse decorata da un pizzico di rabbia in più; stava tenendo al guinzaglio il carattere che lo aveva reso famoso nei suoi invidiabili e formidabili diciotto anni di servizio al Navy SEAL. Perché stava riservando un tale sguardo contro un cicciottello alcolizzato dai polsi legati?

La risposta la ebbe quando mosse di poco il capo.

La palpebra destra aveva avuto un sussulto spontaneo che Noah non fu in grado di controllare, ma che arrivò ben evidente al cervello dell'imprenditore coreano da farlo arretrare con la schiena dall'inquietudine. Poteva rispondere a tono quanto diamine voleva, fare la voce grossa per sgomentarlo; quello che Kenneth non aveva ben chiaro era con chi aveva a che fare. Se la sua futile audacia fosse collegata alla convinzione di avere davanti un semplice ragazzo informatico, allora quella giornata l'avrebbe ricordata come la peggiore della sua vita. Non c'era bisogno di ricorrere alla violenza; con la coda dell'occhio stava continuando a registrare il fermento di Dave, quanto l'impugnatura del fucile HK416 tremasse, il dito lontano dal grilletto.

Reagire con eccessiva aggressività per uno sputo non lo riteneva necessario. 

Conosceva bene quel tipo di persone; la loro arma era la violenza, lo scherno, quell'essere sicuri di sé, avendo un potere che – fondamentalmente – non esisteva. Lo sottolineavano tante di quelle volte con l'unico fine di far tremare chi avessero davanti, convinti di avere sempre a che fare con un branco di idioti caga sotto. E poi, di fronte qualcuno con cui quella tattica non funzionava, cosa accadeva? La negazione che tanto Dave gli aveva esposto, accompagnata con un pizzico di alterigia che enfatizzasse una ragione che, per Noah, non esisteva affatto.

Morrison porse la mano in direzione di Bravo Tre, senza guardarlo. Era solo il giovane ad impedirgli di perdere la compostezza da soldato; imperturbabile e disciplinato, non era mai stato un uomo che si lasciava travolgere dai sentimenti nel bel mezzo di una missione, ma se c'era una cosa che aveva sempre disprezzato erano quegli sprazzi di superbia che i loro ostaggi mettevano in mostra contro qualcuno che ritenevano inferiore o diverso rispetto a chi indossava la divisa.

Era meglio che Jung sintonizzasse il cervello con raziocinio, poiché Noah gli stava dando tanto di quel filo da torcere che ogni sua risposta sarebbe stata vana.
Sully si avvicinò, consegnandogli i cellulari, incluso quello di Kenneth. Successivamente si accostò a Gregory.

«What the heck just happened?» domandò sottovoce, più che confuso.

«Ho appena visto quel ragazzo non battere ciglio dopo che Jung gli ha sputato in faccia.»

La faccia di Sully parlò chiaro dopo quella rivelazione; guardò basito Bravo Due, poi l'agente Finley e infine Kenneth. Aveva fatto...cosa? Da quello che aveva visto una volta varcato il soggiorno non gli era venuto minimamente in mente che potesse essere accaduto qualcosa di talmente inaspettato.

«Fa accapponare la pelle, lo sai vero?»

«Quite enough.» confermò Gregory, nervoso quanto lo era Dave. «Se continua così, Jung avrà vita breve.»

«Il Capitano lo sta disintegrando con il solo sguardo. Userà il fucile come mazza, pur di fargli del male senza ucciderlo.»

«Serietà, Bravo Tre. Per favore.»

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora