Manuel è uno che della spavalderia e del problem solving si è sempre ritenuto grande esperto e portabandiera. Mani sui fianchi, espressione furba - magari un sopracciglio alzato o le labbra accartocciate in un ghigno soddisfatto - e riccioli a ballare spensierati sulla fronte: ce penso io.
Se poi tutto attorno a sé va per il verso giusto, è capace di arrivare all'apice di un'euforia che potrebbe fargli smuovere montagne.
È per questo che, all'ennesimo ce penso io, Manuel fa la conta di tutto ciò che lo sta guidando a passi svelti sui ciottoli di quel sentiero.
C'è qualche uccellino che cinguetta, c'è la mano di Simone stretta nella sua. C'è ancora gelosia latente per quel pesce lesso di Giorgio, il sapore dello zucchero e delle dita di Simone. C'è l'eccitazione del breve contatto col suo bacino, c'è quella sorprendente intraprendenza da parte dell'altro - quella che s'era immaginato solo nei suoi sogni più vividi e che l'aveva messo con le spalle al muro -, c'è la sua voce roca e ci sono le sue guance scottate dal sole.
E poi, ancora, c'è quel peso sulle spalle finalmente scivolato via, c'è il coraggio di essersi arreso a quelle labbra, quello di smettere di lasciar passare il tempo, quello di essere riuscito a fargli capire che c'è e c'era sempre stato qualcosa di più in tutto ciò che avevano condiviso fino a quel momento: gesti, parole, carezze, gioie, dolori, nastrine.
Stringe la busta che tiene ancora tra le dita mentre si trascina Simone dietro. Vorrebbe mettersi da solo in una scatola per quanto si sente improvvisamente piccolo, coccolato, desideroso ancora di tutte quelle accortezze che il corvino gli stava riservando poco prima.
Simone, intanto, lo segue come se fosse la prima volta. Che ogni vengo con te di quella sorta di vita precedente era sempre stato pronunciato col retrogusto del timore di essere invadente, o quello di mostrarsi uno stupido coglione innamorato dell'idea di un Manuel che con lui non sarebbe stato mai.
Lo segue quasi inciampando nei ciottoli - i loro passi sono diversi, smaniosi e attenti, corti e lunghi, feroci e leggeri -, eppure gli stringe la mano e sorride, che sente ancora il sapore dolce della nastrina e di Manuel sulle labbra, i denti che ne scavano la pelle, le mani tra i capelli, e non sa davvero che fare di tutte quelle sensazioni se non stamparsele in faccia come uno stupido coglione innamorato di come Manuel è con lui in quel preciso istante.
Leggero.
Lo sente nel modo in cui sembra quasi andare sulle nuvole mentre saltella, appena arrivati a destinazione. Non ci pensa neanche a lasciare la sua mano quando il riccio azzarda una corsetta un po' più veloce e, senza neanche accorgersene, si ritrova ben presto ad immergere le scarpe nell'erbetta asciutta del campo.
Hanno entrambi il fiatone, quindi si prendono del tempo per tornare a respirare.
È bello respirare con le mani strette, con la vita che scorre un po' più lontano e il silenzio a cullare ogni pensiero.
Ma se inizialmente quel silenzio assomiglia ad una pace necessaria a riordinare le idee, quando inizia a superare la soglia dei minuti in cui si trasforma poi in un silenzio imbarazzante, iniziano a sentirsi come stralunati, cotti, tremanti, mentre osservano quel perimetro che adesso gli pare un immenso labirinto.
«E mo'?»
È stato forse fin troppo audace, da parte di Manuel, avere la pretesa di riuscire a rendere inagibile quel campetto in pieno giorno, quando il resto dei loro compagni sono immersi nelle attività giornaliere che possono svolgersi all'interno come all'esterno della struttura, nel giardino, nella zona pranzo o anche nello stesso campetto da calcio, se richiesto.
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Nastrina | Simuel
Fanfiction"Ti voglio bene" che urlano "Ti amo" e le nastrine che aiutano a dimostrarlo. Spoiler: Avete avuto la seconda parte ora mollatemi.