La campanella suonò. Finalmente le lezioni erano finite. Per molti, questo era il suono più bello che potesse rallegrare la loro giornata. Ma per altri non era molto meglio di una maledizione. Per esempio Leopoldo. Lui era ben consapevole di essere fottuto. Letteralmente. E tutto per colpa di quel litigio che aveva avuto quella mattinata con suo fratello.
Con una faccia da patibolo, prese il suo zaino e incominciò a dirigersi verso l'uscita principale, trascinando i piedi e fissando il pavimento e le punte delle sue vecchie scarpe strappate con sguardo perso. Era ben conscio di quello che lo aspettava, perché in fondo, lui lo conosceva bene, suo fratello: Dmitri era prima di tutto un tipo che non dimenticava. Se si sentiva offeso, ferito nel suo orgoglio grande come una casa, c'era da aspettarsi che se lo ricordasse per mesi interi, e tornasse a tirare fuori tutta la vicenda nel momento opportuno, per esempio quando aveva la possibilità di approfittarsi di qualcuno o qualcosa, oppure quando aveva finalmente trovato il modo giusto per farla pagare. E poi era uno davvero vendicativo. Non ci andava piano quando si trattava di vedere il volto di quello da cui aveva subito un torto riempirsi di amare lacrime di risentimento. E si sa, una buona memoria ed un carattere vendicativo sono la peggior combinazione possibile, formano letteralmente un'arma mortale. Infine, Dmitri non pareva avere una posizione precisa nei confronti del fratello: poteva essere il migliore amico del mondo un giorno, e nientemeno che un acerrimo nemico appena il giorno dopo. E dato il litigio che avevano avuto i due fratelli quella mattina, il primo caso era da escludere categoricamente: ora, tutti quegli intervalli passati nei bagni della scuola insieme con anche i loro amici che avevano in comune a fumare e a scherzare parevano lontani un'eternità, quasi fossero ricordi lontani di una vita passata. E invece, il timore di Dmitri e di quello di cui era capace era più reale che mai.
Camminando lentamente e a passo insicuro lungo il corridoio ormai deserto che conduceva all'ingresso principale, il ragazzo ripassava mentalmente tutti i modi che aveva per riuscire ad arrivare incolume almeno a casa e le probabilità che essi riuscissero. Per esempio poteva uscire dall'ingresso principale e cercare di confondersi il più possibile con la folla in modo tale da sgattaiolare via davanti agli occhi del fratello. Ma dato che stava impiegando troppo tempo a decidersi finalmente ad uscire, quasi tutta la gente se ne era già andata. Oppure poteva tentare di scappare attraverso la porta secondaria che dava sul retro, ma anche questo piano era da considerarsi più che fallimentare, dato che quell'uscita spesso era chiusa e che comunque avrebbe incontrato suo fratello all'autostazione. Tra un rimuginamento e una preoccupazione, non si accorse nemmeno che l'ingresso si stava avvicinando ancora di più. E infine, girato l'ultimo angolo, si ritrovò davanti alle porte di vetro che davano sull'esterno. Poteva già vedere Dmitri, appoggiato alla rete accanto al cancello insieme anche a tutti gli altri. Stava ridacchiando, i suoi muscoli facciali contratti per formare l'espressione più perfida e ostile che il ragazzo avesse mai visto. Le sue mani ricominciarono a tremare come le deboli foglie su un albero in pieno autunno. No, non poteva tirarsi indietro. Ormai era troppo tardi per porre rimedio al contrasto, e troppo tardi per cambiare il suo destino. "Dai, vai avanti" continuava a ripetersi a bassa voce per darsi coraggio, mentre il panico a braccetto con la paura continuava a prendersi gioco di lui. "Prima ti fai sotto, e prima tutto questo finirà". Un passo dopo l'altro, un metro dopo l'altro, l'uscita si stava lentamente avvicinando. Ancora poco, e avrebbe oltrepassato la soglia della porta. Poi quei tre gradini, e ancora qualche passo prima del cancello. Dai, era quasi arrivato a superare Dmitri e i suoi amici. Il tempo parve rallentare. Ogni suo passo sembrava gli portasse via due minuti come minimo, mentre il suo battito cardiaco sempre più veloce e il suo respiro affannato era tutto quello che sentiva. Dai, solo ancora un passo, e si sarebbe trovato oltre suo fratello. Non poteva cedere ora. Con il sudore freddo che gli imperlava la fronte e gocciolava fin sopra al naso, compì quello sforzo che pensava di non essere capace di fare. Il suo piede toccò terra. Dai, era riuscito ad allontanarsi dalla minaccia almeno un poco. Il suo cuore batteva all'impazzata, eppure gli sembrava che fosse estremamente rallentato.
STAI LEGGENDO
Terra Incognita
Short StoryIl tema principale di questa mia serie di racconti è il dolore. A darmi ispirazione per questi brevi racconti è la mia stessa vita, che mi ha insegnato certe importanti lezioni come che i motivi per soffrire non finiranno mai. Proprio per questo ho...