Le origini.

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― I polli! ― esclamò un uomo con tono adirato ― Quella donna mi ha derubato di due polli! ― Fu così che tutto ebbe inizio: con un nobil uomo vestito di tutto punto che sbraitava a destra ed a sinistra, ed una contadinella dagli abiti logori e sgualciti che, oltre a tentare di farsi spazio tra la folla di paesani curiosi accalcata davanti alla proprietà dell'uomo, teneva tra le mani affusolate i due pennuti starnazzanti ed in continuo movimento. Ella non credeva vi fosse nulla di sbagliato nel razziare agli allevamenti più ricchi per chetare la propria fame e quella della propria famiglia; ma l'aristocratico non doveva essere dello stesso parere della ragazza, visto che quella settimana era già il decimo volatile - tra galli e galline - di cui lo derubavano. Da giorni nel villaggio si vociferava la sparizione dei beni primari, come la farina, le uova, qualche po' di latte e pagnotte di pane semolato, da parte di giovani ladruncoli; e se avessero continuato di questo passo non sarebbe rimasto nulla, e tutte le nobili famiglie sarebbero andate in malora. Nessuna delle persone alte nella gerarchia sociale si preoccupava di aiutare quelle più in basso, certo davano loro il lavoro, ma la paga era una miseria; lo era così tanto che non ci si comperava nemmeno un sacco di farina e, quindi, l'istinto di sopravvivenza si faceva sentire a gran voce sopra tutte le altre: urlava e si dimenava forte nello stomaco. Era affamato. Le grida dell'aristocratico si affievolirono mano a mano che si allontanava dal suo allevamento e rallentò il passo quando sparirono del tutto. Gli occhi ambrati della giovane fanciulla si posarono sui tagli aperti ed ancora sanguinanti causati dalle beccati dei due polli; arricciò il labbro superiore a mo' di smorfia per il bruciore ed il dolore alle ferite. Sbuffò via dal viso a cuore qualche capello castano sfuggito dalla crocchietta e lasciò andare i volatili, i quali subito dopo aver poggiato le zampe lobate cominciarono a camminare in tondo ed a fare movimenti a scatto con la testa piccola. ― Scusatemi ― disse prima di acciuffare uno dei due galli e tirargli il collo, strozzando il chicchiricchio che stava uscendo dal becco leggermente arcuato sulla punta. Dopodiché fece lo stesso con l'altro, anche se fu più difficile perché quello continuava a cercare di morderle la mano destra. Si lasciò sfuggire un sospiro stanco e prese dalla tasca marrone scuro un sacco bruno in iuta per poter mettervi dentro il bottino della giornata. Fece un nodo al sacco e strinse forte, assicurandosi poi che non vi fossero buchi che si potessero allargare con il peso degli animali morti. Restò ferma qualche secondo in ascolto, temeva di essere seguita da qualche scagnozzo del nobiluomo. Le orecchie piccole erano tese, pronte a captare anche il più piccolo movimento; ma non sentì altro che il cinguettio allegro di qualche passero. Scrollò le spalle, prese il sacco e s'incamminò nella fitta boscaglia, diretta verso casa. Quando fu nelle vicinanze della sua umile abitazione, la fanciulla allentò i muscoli contratti per la troppa ansia e vi entrò. Tolse le scarpe di tela e posò il sacco sul tavolo, poi si sedette e prese a massaggiarsi le piante dei piedi indolenzite. Spesso si chiedeva il perché non fosse nata ricca: odiava la vita di campagna, come chiunque. ― Madre, finalmente sei tornata! ― Il più piccolo di casa le corse incontro con un magnifico sorriso disegnato in volto, il quale venne preso tra le braccia della ragazza e stretto forte al petto. ― Pensavo fossi a giocare con tua sorella e tuo fratello, Ricordo. ― disse dopo un po' di coccole materne e silenzio in cui nessuno dei due sembrava aver voglia di parlare. Il bambino, che apparentemente aveva sette anni, fece spallucce: ― No, mi hanno detto che sono troppo piccolo per giocare con le fionde.― La madre gli scompigliò i capelli e si mise a ridere dolcemente, poiché - dopo tutti quegli anni - Ricordo era ancora il piccolo di casa e, probabilmente, questa cosa non sarebbe mai cambiata. ― Ma poi madre, io ho circa quattro miliardi di anni.. Possibile che mi debbano trattare sempre come un infante? ― aggiunse poi Ricordo, imbronciato. Incrociò le braccia al petto indignato e se ne andò a giocare fuori dalla porta, come tutti i bambini del villaggio. Il rumore di una carrozza distolse la ragazza dai pensieri su suo figlio "piccolo" ed uscì dalla porta in legno. Si sfregò le mani sporche sul grembiule bianco della sua divisa da contadina ed andò incontro ai due ragazzi che parlottavano allegramente tra loro; tra le mani tenevano una mela di colore rosso scuro, quasi violacea. Non ne aveva mai viste da quelle parti, se non.. ― Ragazzi! Chi è stato la persona così gentile da portarvi fin qui in carrozza?― poi indicò il frutto con l'indice sinistro ed aggiunse ― E, soprattutto, cosa ci fate con quella mela? ― Momento e Situazione si guardarono in faccia per qualche secondo, infine optarono per ignorare la madre ed entrarono in casa, continuando a chiacchierare delle avventure avute quella giornata. Prese Ricordo per mano e lo trascinò dentro la piccola, ed un po' sudicia, abitazione. ― Datemi subito quel frutto maledetto. ― ordinò la madre sbattendo il palmo della mano sul tavolo di larice, procurandosi un notevole fastidio. I gemelli si guardarono e poi scossero la testa, mentre Ricordo se ne stava in disparte: era abituato alle monellerie di quei due ed alla sua mamma che li sgridava. Odiava quando la facevano infuriare: il viso generalmente dolce e delicato si arrossava, stringeva i pugni ed i denti, e poi gridava fino a quando i suoi fratelli non cedevano rassegnati. Scrollò le spalle senza dare nell'occhio. ― Ce lo hanno regalato. Dicono che sia magico e che una volta morso porti un sacco di fortuna. ― rispose a tono convinto Situazione con un cipiglio alzato, da saccente. ― Sì, Historia. Questa mela è magica, provala, dai! ― gli andò in aiuto Momento, porgendogli la mela. ― Ma sei scemo? Così si tiene la fortunata tutta per sé, e poi ce la ritira ― lo rimproverò sua sorella gemella, la quale gli schiaffeggiò la mano tesa verso la madre. Pochi momenti dopo, si presero a botte. Historia si toccò la fronte con fare disperato ed inspirò profondamente più e più volte, altrimenti avrebbe rischiato di prenderli a sberle entrambi, e non le sembrava assolutamente il caso. Ricordo si alzò dalla poltroncina sgualcita, che qualche settimana prima avevano trovato in una discarica vicino alla Sorgente della Giovinezza, dove si diceva che chi beveva da quelle acque, restava giovane fino alla morte. Baggianate, ovviamente. Quella sorgente dava solo da bere una buonissima acqua. Andò vicino a sua mamma e con la manina gli toccò il fianco sinistro come per infonderle pazienza. ― Basta così. Tutti e due. ― sbottò Historia. Prese la mela dalle mani di Situazione e la posò al centro del tavolo, dove avrebbe deciso che farne, nonostante la risposta fosse ben chiara. ― Andatevi a lavare, che oggi si mangia il pollo ― disse con un tono di voce più calmo, stavolta. ― Per nostra fortuna.. Non sapete che guai ho rischiato nel prenderlo. ― aggiunse poi guardando i suoi tre figli, cacciandoli subito dopo. Cominciò a spennare il pollo silenziosamente, asciugandosi qualche rivolo di sudore dalla fronte di tanto in tanto. Era veramente stanca; il peso della mattina cominciava a farsi sentire, e di certo i gemelli non erano d'aiuto, meno male che almeno Ricordo era bravo.

Quando il pollo fu pulito per bene, lo mise dentro una grossa pentola piena d'acqua che giaceva sul fuoco già acceso e lo lasciò bollire, speziandolo come meglio poteva. Cercò qualche carota e qualche patata da metterci dentro per fare un pasto un po' più completo, ma non ne trovò nessuna. Le veniva da piangere. Non riusciva nemmeno a nutrire bene i suoi figli, e loro avevano bisogno di vitamine per restare in forze. Si asciugò una lacrima che cadeva lenta sulla guancia e tirò su con il naso, leccandosi poi le labbra salate. I bambini corsero nella piccola cucina puliti e profumati, facendosi vedere dalla loro mamma. Historia sorrise dolcemente ad ognuno e diede loro un bacino sulla fronte, facendoli poi accomodare a tavola. Non avevano nulla, era vero, ma quei sorrisi così belli valevano più di mille carote e patate. Mise nel piatto di tutti due coscette di pollo più un pezzo d'ala, prendendosi la parte più stopposa dell'animale. Mangiarono nel silenzio più totale, si sentiva soltanto il rumore degli ossicini che venivano buttati in una ciotola di rame ed il sorseggiare rumorosamente da parte dei tre. Nessuno osò dirle che quel pasto era insapore e che avrebbero piuttosto digiunato, non ve ne era bisogno: lo sapeva anche lei. Si asciugò le labbra con lo strofinaccio e bevve un bel sorso d'acqua fresca per togliersi il saporaccio dalla bocca. Almeno un po' funzionò.  ― Mamma.. Ho fame. Possiamo dividerci la mela?― a supplicarla fu Ricordo. Il suo sguardo triste la perforò come avrebbe fatto la lama affilata di una spada. Da parte a parte. Historia deglutì rumorosamente e si alzò dalla sedia, prese la mela e la mise sul tavolo. La tagliò in sei spicchi e ne diede due a testa. Lei restò a guardarli mangiare. ― Mm, deliziosa.. ― disse Momento ad occhi chiusi, gustandosi il frutto. Situazione annuì e così fece Ricordo. Risero tutti felici ed Historia pensò di essersi preoccupata per nulla, in fondo era solo una mela. Sparecchiò il tavolo e mise a bagno le stoviglie, ma quando si girò, non vide nessuno. ― Bambini.. Dove siete? ― si chinò per vedere sotto il tavolo: niente. Con aria confusa andò a controllare nella loro stanza: vuota. Uscì fuori di casa e non trovò nessuno, solo la quiete. ― Momento, se è un altro dei tuoi scherzi, giuro che ti ammazzo! ― strillò Historia impanicata e furente al tempo stesso. E se fosse stata quella mela? Mille domande vorticavano nella testa della ragazza, ma nessuna riusciva a trovare risposta. Era come risolvere un enigma tremendamente difficile: le pensavi tutte, tutte, ma nessuna sembrava essere corretta. Tornò dentro casa con il cuore che martellava nel petto e, quando alzò lo sguardo verso il tavolo di larice, vi era uno spicchio di mela proprio dove si era seduta la piccola Situazione. Si avvicinò al pezzo di frutta e con mani tremanti lo toccò. Una forza proveniente da essa la scaraventò a terra e tutto iniziò a vorticare furiosamente, sentiva solo la voce dei suoi figli che la chiamavano impauriti. ― Bambini! ― urlò lei disperata, ma loro sembravano non percepire la sua presenza, la sua voce. ― Padre! ― chiamò. Nessuna risposta. ― Padre mio, aiutami! ― chiamò di nuovo. Ancora nessuna risposta. ― Padre, ho bisogno di te.. ― sussurrò con la voce rotta dal pianto. Ma nemmeno questa volta ricevette risposta. Buttò quella dannata mela contro la dispensa e cominciò a prendere a calci tutto quello che trovava. Tanto la vita non era vita senza quelle tre pesti. Li rivoleva indietro. Era tutta colpa di Eva, lo sapeva. Se lei non avesse preso la mela maledetta dall'albero della saggezza, non ve ne sarebbero state altre. E stolta Historia stessa, pensò, che si era lasciata trascinare dallo sguardo affamato di Ricordo. Si sfregò gli occhi arrossati dal pianto e fece una corsetta fino in camera sua; aprì un baule molto antico con dei strani simboli e prese un libro pesante al suo interno. Lo richiuse e ritornò in cucina. Coprì come meglio poteva le finestre con le tende per non attirare ficcanaso ed aprì quello che dall'aspetto sembrava un grimorio. Sfoglò varie pagine fino a quando non arrivò a quella desiderata, quella sulla Viaggiatrice del Tempo e lesse ad alta voce: ― Io sono la storia, figlia del Tempo. In me alberga il passato, il presente ed il futuro, e con il potere conferitomi, comando queste parole: si annulli ciò che è appena stato e si lasci che la mia volontà plasmi le ere.  ― Le lancette dell'orologio impazzirono: andavano avanti e poi tornavano indietro, come se ci fosse qualcuno che cercasse di rimetterle al posto giusto. Poi, dentro la casa, si sentì solo una voce tuonante: ― Storia. ― chiamò suo padre, il Tempo. La ragazza alzò lo sguardo ferito verso la voce del padre e non pronunciò mezza parola. ― Momento, Situazione e Ricordo sono tornati al loro luogo di nascita. Il primo nel petto, la seconda nella bocca ed il terzo nella testa. I tuoi figli sono parte della vita stessa oramai. La mela che gli hai fatto mangiare era simile a quella mangiata da Eva, e ciò che fu stato con lei non si potrà mai annullare, Storia. È questo il tuo compito: lasciare che il tempo faccia il suo corso, osservando, narrando, e non cambiando. ― Historia lo lasciò parlare, grande era il suo dolore per ciò che stava per fare, ma l'amore per i suoi figli era troppo.Una madre è pronta a tirar fuori gli artigli quando necessario. ― Sia fatta la mia volontà. ― comandò la figlia del Tempo, ignara di cosa avrebbe portato dietro sé.

Historia - La viaggiatrice del tempo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora