"E se...?"

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Pioveva a dirotto quel giorno, ma il volto bagnato di Step non era stato stravolto dalla pioggia. Non aveva smesso di piangere dalla morte di Pollo. Se lo portava dentro quel dolore, ingoiandolo, deglutendolo come si fa con la più amara delle pillole, permettendogli di penetrare a fondo, di scivolare nelle carni e indebolirlo.

Non era mai stato debole lui.
Nulla lo aveva più scalfito dopo sua madre, dopo quel maledetto giorno in cui gli aveva voltato le spalle e lo aveva lasciato da solo. Invece, in quel momento, si sentiva perso. Non avvertiva più la terra sotto i piedi, e quel fermo controllo che gli aveva permesso di andare avanti nonostante tutto, adesso, era solo un ricordo lontano.

Lontano come Pollo e Babi.

Serrò la mascella, affondò le mani in tasca e guardò il vuoto dinanzi a sé. Quello stesso vuoto incolmabile che non gli permetteva di respirare bene, che metteva a nudo la sua vulnerabilità, e che lo spingeva crudelmente fino a farlo cadere quasi in ginocchio.

La pioggia lo stava inzuppando, ma non gli importava. Non gliene frega nulla se l'indomani lo avrebbe trascorso a letto, devastato, senza avere neanche le forze di sollevarsi.

Doveva vederla. Almeno un'ultima volta doveva guardarla negli occhi, realizzare che era davvero finita. Che Babi non sarebbe più stata la sua bambina, che avrebbe dimenticato quell'amore folle che avevano vissuto in così poco tempo.
Aveva bisogno di perdersi ancora, di ritrovare le forze di piantare i piedi per terra e tornare lo Step di sempre.

Solo un'ultima volta, promise a sé stesso.
Eppure, dentro di sé, lo sapeva che una minuscola fiamma rimaneva accesa, sperando che i loro cocci sarebbero tornati a combaciare, o quantomeno a sfiorarsi.

Attese in silenzio. Sopportò gli sguardi della gente che lo guardò come se fosse un folle... E forse, folle, lo era davvero.

Neanche si accorse di quanto tempo era passato. Non sentiva più nulla. Per lui la Terra aveva smesso di girare, le persone avevano smesso di esistere, il cuore si era fermato.
E ne ebbe quasi la conferma quando questo riprese a battere con crudeltà quando la vide.

Babi era lì. Se ne stava comodamente seduta sul sedile di un'auto che non apparteneva di certo a suo padre. Di fianco a lei c'era un ragazzo, uno che non era lui. Uno che aspettava che lui andasse via e gli permettesse di passare.

Step strinse forte le labbra, cercò con tutto sé stesso di reprimere un singhiozzo e lo deglutì assieme al suo dolore. Quella ferita interiore che poco tempo prima si era aperta, di colpo si fece più grande.
Lei voleva che andasse via.
Lo guardava a stento, come se avesse dimenticato tutto.

Aveva dimenticato le litigate, i baci, l'amore fatto con la paura di sbagliare. Aveva rimosso quel poster di loro due nell'armadio, quello stesso poster che le aveva strappato un sorriso e che aveva reso meravigliosamente bella e spericolata la sua adolescenza... il suo primo amore.

Babi era cambiata. Non la riconosceva. Non era più quella bambina ingenua di cui si era innamorato, e di certo il suo distacco proprio nel momento in cui era lui ad avere più bisogno, era stato un indizio abbastanza eloquente.

Desiderò esprimere a voce alta i suoi pensieri, liberarsi, urlarle contro che la odiava - nonostante, quella, non fosse la verità. Desiderò ferirla come lei aveva fatto e stava facendo con lui. Desiderò farle sapere che anche lui era umano, anche lui provava dei sentimenti, anche lui soffriva.

Il mio migliore amico è morto!

Gridava a squarciagola dentro di sé.
Sentiva la corde vocali quasi bruciare tanto era brutale quella sensazione.

È morto, sì. E mentre io sono qui a dannarmi, mentre le gambe mi cedono e gli occhi sanguinano, tu sei con un altro. Tu ridi, continui a vivere, affondi nelle braccia di un uomo che non sono io e non ti preoccupi di recuperare i miei pezzi che pian piano crollano e mettono fine alla mia vita. Tu vai avanti, mia piccola Babi. Tu continui il tuo percorso senza di me, come se fossi stato un ostacolo e non un compagno. Lasci indietro Pallina, la tua migliore amica, accendendo una rabbia incontenibile dentro di me. Perché a differenza mia, quando ne avrai bisogno, potrai correre da lei, cercare le sue braccia, i suoi consigli, la sua presenza. Potrai averla al tuo fianco, sentire il suo calore, permetterle di curare le tue ferite.
Io no.
E odio che tu stia perdendo tempo, che sprechi tutto questo per un dolore che anche io e lei stiamo vivendo.

Capì che era tardi, non poteva fare più nulla. La guardò negli occhi, le mostrò chi era davvero, debolezze comprese. Prendere o lasciare.
Poi si scostò di lato, permettendo al veicolo di avanzare e di metter fine a quel sordo dolore causato dal suo cuore che si schiantava contro la gabbia toracica e si frantumava.

È ora di andare a casa, mormorò a sé stesso, camminando dal lato opposto, accompagnato solo dallo scrosciare di quella pioggia interminabile. Mise pochi passi, però, quando un rumore interruppe i suoi pensieri e due braccia lo avvolsero da dietro.

Riconobbe il suo profumo. Avvertì i suoi lunghi capelli adesso zuppi sbattergli addosso. Respirò di nuovo.

«Mi dispiace, Step.»

Il petto venne squassato brutalmente e finalmente si permise di crollare definitivamente. Esplose in un pianto liberatorio, maledettamente rumoroso. Un pianto che riportò a galla il bambino che aveva dentro e che lo liberò da quelle catene che gli impedivano di trarre lunghi e profondi respiri.

«Mi dispiace per tutto. Mi dispiace per essere stata una stronza, per averti urlato contro e non aver capito che in quel momento avevi solo bisogno di essere abbracciato. Non so cosa mi è preso, non so perché sono stata così egoista. Ho pianto per giorni e ho ripromesso a me stessa che non sarei rientrata nella tua vita se tu non mi avessi cercata. Mi vergognavo troppo e ho permesso all'orgoglio di metter fine a quella cosa bella che avevamo creato insieme e che tu avevi reso speciale. Perdonami.»

Non ebbe bisogno di perdonarla.
Non necessitò altre scuse.
Si voltò di scatto, allargò le braccia e la strinse così forte che per un momento pregò di non averle fatto troppo male. Ritornò vivo.
«Non farlo più», supplicò solo, risalendo ad afferrarle la nuca e strappandole un bacio da togliere il fiato.

Ritornarono due ragazzini innamorati - a breve ammalati - con la voglia di fare l'amore e di essere un per sempre.
Pollo, dall'alto, sorrise, pensando che il suo lavoro lì era finito.

Non farlo più |Step x Babi|                           (TRE METRI SOPRA IL CIELO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora