2. Champagne Problems

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L'atelier era immacolato, lucido e senza un granello di polvere

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L'atelier era immacolato, lucido e senza un granello di polvere. Atena si sentiva estremamente a disagio con le sue Adidas bianche che erano ormai di tutti i colori meno che bianche.

Ad accogliere lei e le sue amiche arrivò una donna di qualche anno più grande rispetto a loro: indossava un tailleur beige e un paio di tacchi di vernice. Le squadrò dalla testa ai piedi, senza preoccuparsi di mascherare il suo disappunto nel vedere tre ragazze in scarpe da ginnastica nel suo atelier.

«Sono la signorina Costa...», si presentò Atena. «Sono venuta per la prova del vestito...»

La donna rispose con un sorriso e sparì da qualche parte, tornando poco dopo con il vestito a sirena che aveva scelto ormai un paio di mesi prima.

Dietro di lei, Mila e Karima si sporsero per guardarlo. «Me lo ricordavo più bello», esordì Karima.

«Rims», la richiamò immediatamente Mila mentre Atena la fulminò con lo sguardo.

La commessa la ignorò. «Vuole andare a provarlo?»

Atena prese il vestito dalle mani della signora e si diresse verso i camerini, seguita dalle sue amiche.

«Di solito non date dello champagne ai clienti?» domandò Karima, in un sussurro all'orecchio della commessa.

La signora schioccò la lingua, infastidita. «Ve lo porto subito.»

«Rims, sono le quattro del pomeriggio...» la richiamò ancora Mila.

Karima le diede una gomitata, sussurrando. «Hai visto la faccia di Tini? Credimi, ha bisogno di bere...»

«Non credo che bere le risolverebbe il problema...» sussurrò a sua volta Mila, e rivolse all'amica un'occhiata piena di sottintesi.

«Liberarsi di quel... bruco risolverebbe i suoi problemi.»

Mila sorrise. «Bruco

«Assomiglia un po' a un bruco... con quegli occhi da pesce lesso e i capelli smorti... Tini è così carina...» Karima sbuffò. «Forse dovremmo...»

«Che avete da bisbigliare?» interruppe Atena, sbucando con la testa fuori dalla tendina del camerino e in un tono che alle due ricordò quello di Carmine.

Per fortuna arrivò la commessa e Karima le rubò la bottiglia dalle mani, seguita dai tre calici che si era portata dietro.

«Va bene il vestito?» domandò con poco interesse.

«Immagino di sì...» mormorò lei, da dietro la tenda.

Mila fece un paio di passi verso la tenda chiara dietro la quale si era nascosta. «Ti fai vedere, Tini?»

Nel frattempo, Karima stappò la bottiglia di champagne, guadagnandosi un'occhiata di puro odio da parte della commessa.

«Vorrei ricordare ai clienti che non siamo a Capodanno. Grazie per l'attenzione», disse, dal piccolo microfono che stava poggiato sul bancone di marmo.

Atena uscì dal camerino.

Mila e Karima le rivolsero uno sguardo amorevole; poi, tornarono a concentrarsi subito dopo sulla bottiglia di champagne.

Il vestito era perfetto, della misura giusta e semplice, come lo voleva lei. Lo scollo a cuore le metteva in risalto la rotondità del seno e aderiva perfettamente ai suoi fianchi.

La giovane donna continuò a guardarsi allo specchio: quello era il suo vestito da sposa. Era il vestito. Quello di cui si sogna quando si è bambine, quello che avrebbe usato per percorrere la navata e legarsi per sempre al suo unico vero amore... come nelle favole. Era quello che le avevano insegnato da bambina, che le favole finiscono sempre col matrimonio e il per sempre felici e contenti. Per sempre, ripeté nella sua testa, che suonò come una minaccia e non come una promessa.

Si voltò verso Karima che stava ancora tenendo in mano la bottiglia e gliela strappò dalle mani. «Dammi qua.»

Sotto lo sguardo inorridito della commessa, che si chiese come fosse possibile che quella donna fosse riuscita ad accaparrarsi un Montgomery, Atena Costa bevve una generosa sorsata di champagne direttamente dalla bottiglia.

«Te lo avevo detto, che ne avrebbe avuto bisogno.»

*

Spencer stava scrollando indisturbato il cellulare mentre erano seduti a cena. Era una cosa a cui ormai Atena era abituata e in un certo senso non le dispiaceva perché così non le avrebbe rivolto la parola.

Quando se ne stava al cellulare a guardare le sue fesserie non si arrabbiava e quando non si arrabbiava, beh... era meglio per lei.

«Sei andata a fare la prova del vestito?» le chiese, senza sollevare gli occhi dal telefono.

Atena si meravigliò che se ne ricordasse. «Sì.»

Bloccò l'indice su qualcosa e se lo segnò rapidamente sull'agenda. «Andava bene?»

«Dovranno allargarlo un pochino in vita...» rispose lei.

«Lo so, me lo ha detto la signora Hastings, dell'atelier.»

Atena sentì un lampo di nervosismo attraversarle lo stomaco.

«Te lo ha detto lei? E perché ti ha chiamato?»

Spencer sollevò gli occhi nei suoi e lei ebbe un sussulto, abbassando subito le ciglia verso il basso.

«Non poteva? È un'amica di vecchia data...»

Atena annuì. «S-sì.»

«È il ristorante dei tuoi», disse, con estrema tranquillità. «Mangi troppe schifezze e questo è il risultato.»

La gola di Atena si chiuse: la cucina a cui suoi genitori avevano dedicato la loro vita adesso era diventata una schifezza.

Spencer si alzò di scatto, lei trattenne il respiro per la paura. Fece il giro del tavolo e si sistemò alle sue spalle.

Spencer la invitò a seguirlo in camera da letto: la spogliò per metà, levandole giusto il pantalone del pigiama e le mutande.

Entrò dentro di lei facendole un po' male e senza curarsene, come sempre. Cominciò a muoversi e a gemere sommessamente contro il suo corpo, facendosi spazio prepotentemente nella sua carne, tanto che Atena dovette mordersi l'interno della guancia per non implorarlo di smettere.

Chiuse gli occhi e tornò alle stelle che brillavano negli occhi di quello sconosciuto: come l'aveva presa, delicato e passionale, come l'aveva fatta venire con facilità e come l'aveva guardata per tutto il tempo mentre si spingeva dentro di lei.

«Ti piace, hm?» le domandò Spencer dalla sua posizione e lei rispose in un gemito confuso, con la testa da tutt'altra parte.

Spencer venne e scivolò nel suo lato del letto, senza aggiungere altro.

Atena ingoiò le sue lacrime e si sdraiò su un fianco, con la testa poggiata sul cuscino.

«Cosa pensi che sia meglio che indossi domani? Il Rolex o il Longines?» le domandò, come se dovesse scegliere se risolvere la fame nel mondo o il surriscaldamento globale.

Atena conficcò le unghie nel palmo facendosi male: dannati siano i ricchi e i loro champagne problems del cazzo, si disse. 

Spazio autrice

Eccomiii. Anche qui, nuovo capitolo. Piccola nota a margine: per champagne problems si intende una cosa che ha poca importanza. Insomma... Atena non sembra tanto convinta di questo matrimonio, che dite? 

Ringrazio sempre chi mi legge 💕 un buon weekend 💙

The Bride and the Inmate [completa ✔️]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora