La guardai per l'ultima volta prima di uscire.Non riuscivo a capire cosa fosse, ma c'era qualcosa in lei che mi attirava in un modo che non sapevo spiegare. Era come se una parte di me cercasse costantemente di capirla, di decifrare quello sguardo combattivo che sembrava nascondere un mondo intero.
Entrai nella mia stanza, scrollando quei pensieri dalla testa. Mi tolsi la camicia, infilandomi dei pantaloni della tuta, e mi misi sotto le coperte, rimanendo a petto nudo. Il buio della stanza era l'unica cosa che riusciva a darmi un minimo di pace. Chiusi gli occhi, sperando che il sonno arrivasse in fretta.Durante la notte, però, un rumore proveniente dalla camera di Sofia mi fece sobbalzare. All'inizio pensai di essermelo immaginato, ma poi lo sentii di nuovo: un lamento soffocato, come se stesse soffrendo. Sbuffai, alzandomi dal letto. Aprii la porta della sua stanza con cautela e mi avvicinai a lei. Si agitava nel sonno, il respiro affannato, il viso contorto in un'espressione di puro terrore.
«Sofia?» la chiamai piano, cercando di svegliarla senza spaventarla. Ma lei non rispose, continuava a muoversi nervosamente. Mi chinai su di lei e le toccai leggermente il braccio. «Ehi, svegliati. Va tutto bene.»
All'improvviso spalancò gli occhi e urlò. Mi ritrassi di un passo, sorpreso dalla sua reazione. Il suo viso era rigato di lacrime, il respiro corto e affannato. Mi guardò con un'espressione piena di terrore, e prima che potessi dire qualcosa, si gettò tra le mie braccia.
Il contatto mi lasciò spiazzato per un attimo. Non me lo aspettavo, ma istintivamente le avvolsi le braccia intorno, stringendola a me. «Ehi, calma.» le dissi con voce bassa e rassicurante. «Era solo un incubo. Va tutto bene, sei qui con me ora.»
Lei continuava a tremare, aggrappandosi a me come se fossi l'unica cosa che la tenesse ancorata alla realtà. Sentii il suo viso affondare contro il mio petto nudo, il calore delle sue lacrime che scivolavano sulla mia pelle. Non so perché, ma mi venne spontaneo chinarmi e lasciarle un bacio sulla testa, cercando di calmarla.
Vederla così vulnerabile mi colpì più di quanto avrei voluto ammettere. Non era come nei nostri soliti scontri, dove lei tirava fuori tutto il suo carattere per tenermi testa. Ora era fragile, spaventata, e quella visione non mi piaceva affatto.
«Vado a prenderti un bicchiere d'acqua e mi spieghi cosa hai sognato.» Mi alzai appena, ma lei scosse il capo rapidamente, stringendosi le mani.
«Non lasciarmi sola.» disse con un filo di voce, così fragile come non l'avevo mai vista. Per la prima volta, non mi stava cacciando.
Mi bloccai, osservandola per un istante, poi tornai a sedermi accanto a lei. «Va bene.» mormorai, cercando di non far trasparire l'agitazione che mi montava dentro. «Cosa hai sognato?»
Lei si passò una mano tra i capelli, evitando il mio sguardo. «Prima di essere affidata alla tua famiglia ne ho avuta un'altra. C-c'era questo ragazzo Matt....» cominciò, il nome le uscì come un sussurro pieno di paura. «Era il loro figlio...una notte entrò in camera mia e tentò di farmi del male, continuava a toccarmi e a baciarmi contro la mia volontà...fino a quando.»
Mi sporsi leggermente in avanti, stringendo i pugni per la tensione. «Fino a quando cosa Sofia?»
Lei deglutì a fatica, cercando di mettere insieme le parole. «M-Megan , la mia migliore amica, per difendermi lo ha ferito al collo, u-uccidendolo...da quella notte non riesco a levarmelo dalla testa...»
In quel momento, tutto il mio corpo si tese. Ogni fibra di me voleva proteggerla, ma non capivo ancora da cosa. Poi le sue parole mi colpirono come un pugno.
«Sofia.» dissi, cercando di mantenere la voce calma anche se dentro di me montava una rabbia incontrollata. «Quindi lo ha ucciso? E come è finita?» le domandai stringendole in modo istintivo le mani.
«Megan è stata assolta per legittima difesa, dopo che hanno visto i segni sul mio corpo. Quando chiudo gli occhi sento ancora le sue mani sul mio corpo.» mormorò in lacrime.
Mi avvicinai a lei e la strinsi ancora una volta tra le mie braccia, cercando di darle conforto.
Lei si lasciò andare, singhiozzando contro il mio petto, e io le accarezzai delicatamente i capelli. «Va tutto bene.» le sussurrai, anche se sapevo che non era vero. «Ci sono io.»
Non sapevo nemmeno perché mi interessasse così tanto, ma vederla soffrire mi faceva impazzire. Avrei fatto qualsiasi cosa per impedire che quella paura si ripresentasse nei suoi occhi.
«Adesso dormi un po'.» mormorai, aiutandola a sdraiarsi di nuovo sotto le coperte. Sistemai le lenzuola con cura, cercando di farla sentire al sicuro. Mentre mi alzavo per lasciarla riposare, sentii la sua mano stringere il mio bicipite.
«Non andare via.» sussurrò con un filo di voce, senza nemmeno guardarmi.
Mi bloccai, guardandola per un attimo. Non mi sarei mai aspettato di sentirle dire una cosa simile. Esitai, ma alla fine annuii piano. «Fammi spazio. Ma poi me ne vado.» aggiunsi, quasi a volerle ricordare che quella sarebbe stata solo un'eccezione.
Lei si spostò un po' e io mi sdraiai al suo fianco, cercando di mantenere le distanze. Si girò di spalle, rannicchiandosi come se cercasse un rifugio. Per un momento rimasi immobile, incerto su cosa fare. Poi, quasi senza pensarci, posai la mano sul suo braccio, accarezzandolo piano.
Sentii il suo respiro rallentare, e questo bastò a farmi rimanere lì. Era la prima volta che mi comportavo in quel modo con lei, così premuroso, e non capivo cosa mi stesse succedendo. C'erano momenti in cui provocarla mi divertiva, mi dava un senso di controllo, e altri in cui la sua fragilità mi spiazzava e mi spingeva a proteggerla.
Con lei tutto era diverso. Solo lei riusciva a scatenare questo lato di me, un lato che non mostravo a nessuno. Mi ritrovai a fissare il soffitto, cercando di capire il perché, ma non trovai risposte. Alla fine, decisi che per quella notte avrei lasciato da parte le domande. L'importante era che lei stesse bene.La mattina seguente mi svegliai avvertendo una strana sensazione sul mio collo. Aprii lentamente gli occhi, realizzando dove mi trovavo, sentii il sangue gelarsi. Ero rimasto a dormire nella stanza di Sofia. Peggio ancora, lei dormiva serena tra le mie braccia, con il viso posato sul mio petto. Avevamo dormito abbracciati.
Che cosa diavolo stava succedendo? Cercai di non farmi prendere dal panico e con estrema delicatezza, mi spostai per non svegliarla. Una volta alzato, uscii dalla stanza in punta di piedi, facendo attenzione a non fare rumore.
Scesi le scale e trovai mia madre intenta a preparare qualcosa in cucina. L'odore di cioccolato era intenso, familiare. Appena mi vide, si voltò verso di me con un sorriso radioso.
«Amore mio, buon compleanno!» disse abbracciandomi forte.
Sospirai. «Grazie, mamma, ma sai che non mi piace festeggiarlo.»
Lei scosse la testa, continuando a mescolare l'impasto. «Per caso lo stiamo festeggiando? Sto solo dando gli auguri al mio bambino che oggi compie 22 anni.»
Mi strofinai la nuca, cercando di non arrossire. «Appunto 22 anni.Non sono più un bambino.» borbottai, guardando altrove.
Mia madre rise e mi diede un bacio affettuoso sulla guancia. «Per me lo sarai sempre, Gabriel.» Tornò a concentrarsi sulla torta, canticchiando piano.
Poco dopo, mio padre uscì dal suo studio, sistemando i polsini della camicia. «Buon compleanno, figliolo,» disse avvicinandosi per darmi un abbraccio.
«Grazie, papà.» risposi ricambiando l'abbraccio , sentendo ancora quel vago senso di disagio per la notte appena trascorsa.
Sentii dei passi lenti provenire dal piano di sopra. Sollevai lo sguardo e vidi Sofia scendere le scale, ancora un po' assonnata. Indossava un paio di pantaloncini e una felpa che le stava enorme, ma il suo aspetto semplice sembrava quasi ipnotizzante.
«Che buon profumino.» disse sbadigliando e avvicinandosi al tavolo. «Cosa si festeggia?»
Prima che potessi rispondere, la vidi infilare un dito nell'impasto della torta per assaggiarlo. Mia madre la fulminò con lo sguardo e le diede un colpetto sulla mano. «Il compleanno di Gabriel.» rispose con tono severo, come al solito irritata quando qualcuno assaggiava ciò che stava preparando.
Sofia sorrise divertita, alzando le mani in segno di resa. «Buon compleanno, Gabriel.» disse guardandomi con una leggera ironia negli occhi, mentre si leccava il dito.
«Grazie.» risposi, trattenendo un sorriso. Quella mattina stava già iniziando in modo troppo complicato.

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𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 || 𝐕𝐎𝐋𝐔𝐌𝐄 1
RomanceSofia García è una ragazza di soli 17 anni , stata abbandonata in tenera età davanti alla fondazione "Casa de los Sueños" ha vissuto la sua intera infanzia circondata da persone che la facevano sentire costantemente fuori posto. Fino a quando una fa...