Alhyssa (6)

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La nostra missione si è conclusa, con pieno successo, ovvio. E' sempre così con lui.

Come il solito cammina veloce ed io fatico a stargli dietro. Se oso lamentarmi ottengo solo uno sbuffo rabbioso E non rallenta per nulla. Quindi, ho imparato a non lagnarmi più.

Ormai siamo vicini al luogo dove abbiamo nascosto le scope. Un volo rapido nella notte e atterriamo nei sobborghi di Londra, dove c'è una delle nostre basi.

- Vai a dormire. Trasmetto io le informazioni.

Il solito tono freddo e tagliente, per scoraggiare chiunque a far conversazione.

Ma io non ho sonno. Non ho voglia di distendermi vestita sul divano, come sempre, mentre lui si sistema, scomodamente, sulla vecchia poltrona ammuffita.

- Vuoi un tè?

Oddio, come mi è saltata fuori questa assurda domanda? Mi viene da ridere.

Chissà se qualcun altro, prima di me, ha mai osato offrirgli un tè?

- Vai a dormire, ho detto. Domattina ho lezione a Hogwarts e ti sveglierò prestissimo.

Non mi ha neppure degnato di uno sguardo ed è andato a inviare il messaggio.

Questa notte mi sento strana: il mio cuore sta ancora battendo troppo forte! Così preparo il tè. Voglio proprio vedere.

Sta ritornando.

- Vuoi un tè?

Ora il malefico sorrisetto beffardo è sul mio viso.

Silenzio.

Lampi e fulmini dai tuoi occhi neri: se solo potessi mi ridurresti in cenere per il mio ardire, vero Severus?

Gli porgo gentilmente la tazza fumante, mentre sostengo decisa il suo sguardo.

- Grazie.

Prende la tazza, sedendosi sul divano.

Grazie? Caspita, non credevo che le sue corde vocali fossero in grado di produrre questo suono. Devo occludere con attenzione: se leggesse nella mia mente sarei morta!

Mi siedo al suo fianco e beviamo in silenzio il nostro tè.

- Chi era... Beryll?

No, non posso essere stata io a sussurrare piano la domanda. Le sue mani tremano e quasi la coppetta gli cade a terra. Non avrei dovuto chiederglielo. Mi dispiace.

Ora si è ripreso, meno male. Adesso arriverà la solita ramanzina e questa volta sarà anche peggio delle precedenti.

Invece non parla e rimane a fissare il tappeto sgualcito. Gli tolgo la tazza dalle mani e la poso sul pavimento, di fianco alla mia. Sono terribilmente in imbarazzo e non so più cosa fare. Non riesco a sopportare questo silenzio carico di dolorosa tensione.

- Severus?

Ho sussurrato il suo nome così piano che non sono sicura mi abbia sentito.

Alza adagio la testa, e mi guarda.

Le sue fiamme nere sono vuote, la sua anima è di nuovo andata da qualche altra parte, come quella notte.

- Ti prego, dì qualcosa - lo imploro scuotendolo per le spalle. – Mandami al diavolo, insultami. Quello che vuoi, ma torna in te, ti supplico.

Mi rendo conto di stare piagnucolando. Non riesco a sopportare quel suo sguardo vuoto. Ha chiuso gli occhi e sospira. Perché non sono andata a dormire come mi aveva ordinato?

- Beryll era la donna che amavo.

Se mi avesse pugnalato alla schiena, sarebbe stato meglio. Occhi di ghiaccio, voce gelida. Forse ho capito male. Lei lo amava, lui l'amava: perché l'ha uccisa allora?

Questa domanda, però, non gliela faccio.

Ha chiuso di nuovo gli occhi. Si morde le labbra. No, no: fai che non succeda. Cosa faccio se piange?

Ha ricacciato indietro le lacrime ed emesso un gran sospiro. Ora deglutisce, a fatica. Riapre di nuovo gli occhi: fiamme nere che bruciano di dolore. Per colpa mia. E non riesco neppure a chiedergli scusa. Vorrei fuggire via.

- Non l'ho mai detto a nessuno. Non ho mai più pronunciato il suo nome da quella notte: quindici anni fa.

E ora cosa faccio? Ero io quella che voleva essergli amica, e adesso che siamo al dunque? Non riesco a trovare nulla da dire, vorrei solo abbracciarlo stretto. Ora provo a farlo. Me lo impedisce.

- No. Ora mi starai ad ascoltare. Fino in fondo. Così capirai.

Come fa a dirmi queste parole, in un tono così piatto, mentre le fiamme dei suoi occhi bruciano vorticose?

- Beryll aveva un anno meno di me ed era una Serpeverde purosangue. I suoi genitori erano Mangiamorte, tutti erano Mangiamorte nella sua famiglia. Tu hai ucciso sua sorella Tracy. Eravamo giovani e innamorati, avevo perso la testa per lei, al punto da diventare anch'io un Mangiamorte. Per amore suo.

Sospira cupo, poi prosegue:

- Ho commesso atti orribili, per circa due anni, insieme a lei. Cose che hanno quasi distrutto il nostro amore. Non potevo continuare a fare ciò che Voldemort pretendeva, ne avevo ormai orrore. Ma non potevo lasciarla, non ci riuscivo. Non potevo vivere senza di lei.

Un nuovo, sofferto sospiro:

- Infine, dopo mesi di tentativi, discussioni e litigi, la convinsi a lasciare Voldemort. I suoi genitori erano stati uccisi pochi giorni prima dagli Auror: non voleva abbandonare sua sorella senza provare prima a convincerla. Così le rivelò le sue intenzioni. Ma non fece mai il mio nome.

Nuova interruzione. Abbassa il capo:

- Il marito di Tracy sentì tutto e la denunciò a Voldemort. Lui sospettò subito anche di me, ma non aveva prove. La sorte di chi tradisce Voldemort è terribile: lui volle che io fossi presente e partecipassi attivamente alla "cerimonia" per provargli la mia fedeltà.

Trema appena al tremendo ricordo:

- Sapevo di non avere alcuna possibilità di salvare Beryll. Autodenunciarmi era inutile: saremmo solo morti insieme tra mille torture. Ma, se fossi stato tra i suoi torturatori, avrei potuto fare l'unica cosa utile per lei: ucciderla senza farla soffrire.

Gli occhi di Severus sono gonfi di lacrime e la sua voce è diventata un sussurro angosciato:

- Diedi avvio alla cerimonia. Tutti sapevano che era la mia donna, così nessuno si stupì quando la baciai. Le passai una capsula in bocca. C'era un terrore enorme nei suoi begli occhi, ma comprese subito e la ruppe con i denti. Un veleno istantaneo, indolore. Non so se fece in tempo a sentire: le dissi che... l'amavo. Poi sollevai il pugnale e glielo conficcai a fondo nel cuore.

Ora è muto. Mi guarda con i suoi meravigliosi occhi, colmi di sconfinato dolore. Piange. Ed io con lui.

- Ero sicuro che Voldemort avrebbe messo me al posto della vittima, nell'orrenda cerimonia di tortura. Volevo soffrire. Era solo colpa mia se Beryll era morta, volevo soffrire e morire. Invece interruppe la cerimonia e mi tolse il pugnale di mano. Non ho mai saputo se ha capito ciò che feci e perché. Ma credette alla mia fedeltà.

La lacrima scende lenta sulla sua guancia:

- Pochi giorni dopo lasciai Voldemort per recarmi da Silente e cominciai la mia carriera di spia, dopo aver raggiunto l'apice di quella da assassino.

Ora non piange più e, rabbioso, asciuga le lacrime. Il tono di voce è di nuovo duro, pieno di disprezzo per se stesso, così come duro è il viso e freddi sono gli occhi.

Ed io ho capito, ho davvero compreso tutto.

Alla fine posso ammettere con me stessa che lo amo.

Ma lui non accetterà mai il mio amore. Ho capito anche questo.

- Ecco chi sono, Alhyssa, ora lo sai. Da domani non faremo altre missioni insieme. Non voglio vederti mai più. E credo che tu conosca perfettamente il motivo.

Annuisco e abbasso lo sguardo. Sto ancora piangendo, ma lui no. Non so se potrò mai vedere il suo sorriso, ammesso che sappia ancora sorridere.

Però ora so che Severus è ancora capace di amare... e che mi ama, oltre ogni limite.


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