Capitolo 1

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Criteri per la diagnosi di autolesionismo
Il DSM-5 (2013) include “Autolesionismo non suicidario: Not Suicidal  come categoria diagnostica distinta. Lo definisce come una serie di atti intenzionalmente automobili nei confronti del proprio corpo condotti per almeno 5 giorni nell’ultimo anno.

La condotta autolesiva per essere tale deve essere preceduta da una o più delle seguenti aspettative:

ottenere sollievo da una sensazione/stato cognitivo negativo;
risolvere una situazione relazionale;
indurre una sensazione positiva.
Inoltre, il comportamento autolesivo deve essere associato ad almeno uno dei seguenti sintomi:

difficoltà interpersonali o sensazioni/pensieri/sentimenti negativi precedenti al gesto autolesivo;
preoccupazione incontrollabile per il gesto;
frequenti pensieri autoadesivo.
Infine per essere tale deve provocare disagio significativo.

Cause degli atti autolesionistici
Autolesionismo come strategia di coping disattiva
La messa in atto di autolesionismo consente di focalizzare la propria attenzione sul dolore fisico.

Le motivazioni sottostanti la messa in atto dell’autolesionismo sono in genere relative la necessità di uscire da uno stato percepito di profondo vuoto per riconnettersi alla realtà e la gestione di stati emotivi spiacevoli percepiti come altrimenti non maneggiabili.

Il comportamento autolesionistico sposta così l’attenzione dal dolore emotivo a quello fisico, vissuto come più tollerabile.

Il dolore fisico in un primo momento allenta la tensione, generando sollievo, e allontana da esperienze emotive che non si vogliono sperimentare.

Nel tempo però ciò rischia di generare nuove esperienze emotive spiacevoli, quali colpa e vergogna per aver messo in atto il comportamento.

L’efficacia dell’autolesionismo, in relazione ad entrambe le funzioni descritte, aumenta la possibilità di rimetterlo nuovamente in atto, e quindi favorisce l’instaurarsi di circoli viziosi che mantengono il problema nel tempo.

Autolesionismo come punizione
L’autolesionismo può rappresentare anche una forma di auto-punizione: il senso di colpa e l’autocritica possono esercitare condotte autolesive in soggetti vulnerabili.

Autolesionismo come ricerca di attenzione
Il comportamento autolesionistico può rappresentare infine una modalità disfunzionale attraverso la quale ricercare attenzione, richiedere aiuto o comunicare agli altri il proprio disagio.

Un gesto estremo utilizzato al fine di urlare al mondo la propria esistenza/presenza e la sofferenza che non si è in grado di comunicare a parole.

Fattori di rischio
Individuali
Vi sono vari fattori di rischio individuali tra cui:

Presenza di disturbi mentali (disturbo borderline di personalità, ansia, depressione, disturbi alimentari e disturbi della condotta)
Tratti temperamentali (perdita di controllo, impulsività e disregolazione emotiva)
Sentimenti negativi nei confronti del proprio corpo (insoddisfazione, vergogna, controllo)
Abuso di sostanze
Comportamenti internalizzanti ed esternalizzanti
Problemi in ambito scolastico
Mancanza di autostima e autoefficacia
Sociali
Eventi stressanti
Esperienze di abuso (sessuale, fisico e/o emotivo)
Problemi familiari (negligenza e conflitti)
Relazioni negative con i pari (bullismo, isolamento e mancanza di supporto)
Messaggi presentati dai social/videogiochi/tv (assuefazione, normalizzazione, generalizzazione e incoraggiamento al comportamento autolesivo)
Autolesionismo e suicidio
Nonostante gli atti autolesionistici abbiano una natura diversa rispetto ai tentativi di suicidio, esiste un forte legame predittivo tra i primi e i secondi.

Autolesionismo: dal dolore emotivo a quello fisicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora