Just polyester

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tw: c'è il chiavatone finale
non so cosa mi sia preso ok
spero non sia cringe

Simone ricorda di una volta in cui, attaccato alla sottana di sua madre, iniziò a piangere e battere i piedi a terra implorandola teatralmente -probabilmente una tendenza ereditata dalla nonna- di non abbandonarlo e di non lasciarlo da solo, di non sostituirlo con la presenza di quegli amici con cui Floriana avrebbe dovuto uscire a prendere una pizza.

Dalla condizione che era costretto a vivere, di bambino solo e con un padre che faceva fatica a essere presente, Simone scoprì molto presto il significato della gelosia.

Era geloso di sua madre, con la paura che una volta uscita di casa con le amiche e gli amici non sarebbe più tornata, o avrebbe iniziato a fargli visita più raramente come suo padre, era geloso di sua nonna Virginia, e quando assisteva ai suoi spettacoli, di cui capiva molto poco con le gambe che penzolavano nell'aria e le punte dei piedi che non riuscivano a toccare il pavimento, la vedeva acclamata e applaudita dalla folla, e avrebbe voluto ogni volta ergersi su una di quelle comode poltroncine rosse e gridare a gran voce "Vi sorride, ma lei ama più me di voi! È a me che prepara i biscotti! A me dà il bacio della buonanotte! È con me che non finge!".

Suo malgrado, crescendo, si era scoperto geloso persino di suo padre Dante, quella figura che tanto sapeva essere assente quanto piena di presenza silenziosa, e passava le ore, Simone, nel corso delle stagioni a corrodersi il fegato nella sua stanza a immaginarsi quell'uomo sereno e felice con qualcun'altro che non fosse lui; quando questo tornò, Simone aveva ormai sedici anni, per restare e tentare di riallacciare il rapporto si scoprì capace di una gelosia rancorosa: Dante non poteva essere felice senza di lui, ma neanche con lui.

C'era stato bisogno di imparare da capo a parlare, scoprire come abbracciarsi di nuovo, come fosse possibile fidarsi l'uno dell'altro, lasciarsi vedere, per riallacciare quel rapporto, e dopo una festa incosciente e una nottata passata in ospedale i due sembrarono riuscirci.

Simone si era scoperto capace di gelosia anche in amicizia, quando sempre all'età di sedici anni, riuscì a trovare in Manuel non solo un avversario per zuffe improvvisate e scordinate nei corridoi della scuola, ma anche un confidente, un complice e, soprattutto, nell'ultimo periodo della sua vita, una spalla su cui piangere.

Manuel era entrato nella vita di Simone come cadono sui popoli le catastrofi naturali.

Aveva la stessa potenza degli uragani, e di quell'aria, potenzialmente catastrofica se non controllata, e Simone quel pericolo lo aveva provato sulla propria pelle, ne aveva fatta nuova aria per i polmoni; come uno tsunami lo aveva lasciato fradicio di sentimenti nuovi e vecchi, ma questi mai provati nei confronti di una tale persona, e con la stessa acqua era parso capace di benedirlo a nuova vita, farlo fiorire e sbocciare come un fiore di terreno arso dal sole troppo forte.

Aveva avuto la stessa delicatezza di un terremoto, poi, nel fargli conoscere la passione, coperti solo dal legno e ferro che componevano i ponteggi di ristrutturazione della facciata di scuola, e con la stessa delicatezza ne aveva poi ridotto in polvere il ricordo.

Ma era quella stessa capacità di farlo tremare, come quella che fa scontrare le calotte di terra, che faceva sentire Simone finalmente vivo e nudo di ogni sicurezza che aveva scoperto essere, in fin dei conti, solo limite.

Manuel, insomma, aveva sconvolto la sua vita.

Era suo il merito dei pianti e delle risate, delle confessioni e delle ammissioni ad alta voce, dei momenti di forza come di quelli di debolezza.

Simone librava in aria, quasi, da quando lo conosceva: come se appena visto, senza alcuna ragione logica, avesse affidato a quelle mani callose di lavoro sui motori il proprio cuore, senza alcuna premura: tieni, fanne ciò che vuoi.

That's the way love goes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora