Ordinario

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Credo sia ormai appurato che svegliarsi sia uno dei momenti più duri da affrontare in tutta la giornata.

Crogiolarsi nel caldo e soffice tepore di una coperta, può essere un'esperienza afrodisiaca per chiunque sia stanco di reggersi in piedi dopo ore e ore tedianti di impegni, incombenze o lavoro mirate esclusivamente a far perdere la cognizione del tempo e a procrastinare, a tarda sera, il fugace istante in cui il nostro corpo, finalmente, giunge a contatto con il materasso.

Pensai più e più volte di rimanere impigliata tra le coperte quella notte, e forse, avrei fatto meglio.

Presa dall'impeto inconfutabile di guardare cosa mia madre stesse facendo con la luce della nostra modesta veranda ancora accesa, visibile ancora dalla finestra di camera mia, mi alzai.

Nelle rare occasioni in cui mi capitava di svegliarmi all'alba, restavo accovacciata a pensare.... Pensavo a cosa avrei fatto il giorno dopo, alle chiacchierate rimanenti da affrontare con Lila, e a tutto quello che il giorno, che trascorreva veloce come un soffio, mi aveva fatto scordare.

Rammento di essermi liberata dalle coperte solo qualche minuto dopo di essermi svegliata, i precedenti, li passai rannicchiata in una posizione apparentemente fetale a guardare il soffitto.

A differenza delle volte precedenti non avevo pensieri per la testa...anzi.

Una sinistra sensazione di tranquillità mi pervase, incontrando quella sfuggente e fugace di familiarità, che spesso mi pareva lontana e introvabile come un miraggio.

Indossai le pantofole staccando quasi dolcemente il mio corpo dalle lenzuola, massaggiandomi le tempie. Non emisi versi e non cominciai a produrre incessanti e fragorosi rumori, stranamente.

Mi avvicinai alla finestra come al mio solito, repentinamente...di certo non fui sorpresa nello scorgere l'incantevole paesaggio regalatomi dalla mia cara Francia.

Abitavamo a Gordes, un piccolo villaggio arroccato su una collina ma considerato, uno dei più belli del Paese. È costituito da tanti piccoli centri abitati antichissimi e dotati persino di costruzioni in pietra (borie) o mulini a vento. Quando la giornata volge a termine e il crepuscolo si adagia su tutto il borgo, a mio parere, è il momento perfetto in cui puntare lo sguardo: la roccia su cui nasce e le facciate delle abitazioni piuttosto rustiche si colorano di sfumature calde, facendo sentire lo spettatore (e me in prima persona) a casa di nuovo, cogliendo perciò  un aspetto impercettibile agli occhi ma d'impatto negli animi guardinghi.

Le passeggiate, svolte da me in particolar modo nel periodo estivo, avvennero per i vicoli.

Essi si snodano lungo il centro abitato per poi intrecciarsi in modo disordinato, è abituale constatare che l'atmosfera tipicamente provenzale induca l'osservatore a credere che il tempo si sia fermato per qualche istante.

Per quanto trovassi ordinarie le vie del villaggio, non ho mai mostrato un solo segno di disappunto.

Mi sembrava solo più facile trovare una via di fuga, andar via dalla nostra casa per cercare la modernità che una città poteva offrirmi, per cui lasciavo che le mie elucubrazioni fossero solo legate al mio sguardo che si proiettava timidamente fuori dal piccolo squarcio che la finestra mi donava.

Una volta distolto, tornavo con i piedi per terra in una realtà che era più facile scacciare che affrontare.

Mi scagliai contro lo stipite della porta provando ad attutire il colpo in caso di caduta e ad avvicinarmi alle scale, anch'esse in pietra, con riluttanza... furono le bottiglie ormai vuote e accostate l'una all'altra a fendere il susseguirsi incontrollato dei miei pensieri.

I miei passi, incostanti e moderati, seguivano le tracce di quel baluginio emanato dalla lucina accesa che mi rendeva sempre più inquieta.

Avanzai fino alla veranda, dove mia madre, Lila, sedeva.

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