Timore

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Attesi trepidante l'arrivo di Claire, la quale, contravvenendo a qualsiasi aspettativa avessi creato nelle ultime settimane, si presentò in notevole ritardo dopo l'atterraggio in Svizzera.

Le ore di volo non fecero altro che rendermi frastornata e alquanto inebetita...

Eppure, scelsi di reprimere l'atteggiamento viziato e ilare che mi ostinavo a lasciar trasparire dalla mia persona, scegliendo dunque di mostrarmi a modo e neutrale nei discorsi.

Mi presentai all'aeroporto alle sette in punto del mattino e al contrario del dirompente fascino di Claire, somigliavo più a un bizzarro personaggio reperibile in molti tra i programmi d'intrattenimento americani;

Non potevo smettere di pensare a mia madre,

mi chiesi se fosse stata la giusta via da intraprendere,

mi chiesi come avrebbe reagito.

Le domande si proiettavano nella mia mente in modo del tutto confusionario e assillante, incessantemente.

Mi preparai in fretta...come se stessi per essere rincorsa dalla ferocia di un leone.

Non portai molto con me, pensai che i soldi sarebbero stati sufficienti a garantire tutte le mie imprescindibili esigenze.

Quando ripenso al giorno della partenza e all'incontro con Claire, qualsiasi cosa io stia facendo passa in secondo piano, facendo rilucere il momento nella mia mente in modo vivido e letale.

Indossavo un paio di jeans a sigaretta adornati da strass e da una delle cinture di Yves Saint Laurent regalatami da mio padre, la cui collezione era stata rassettata da me in prima persona in valigia,

avevo ben acconciato i capelli in una treccia lunga, che metteva in risalto i miei capelli corvini.

Rammento di aver notato quanto io e mia madre fossimo diverse dalla mia immagine riflessa sullo specchio.

In un secondo mi aggrappai al briciolo di lungimiranza che mi restava,

Lei era dotata di un piccato senso dell'umorismo, capace di far sorridere anche i più austeri e ligi.

Lei che era raggiante ed eterea in ogni movimento, dall'insulso battito di ciglia, al movimento della folta chioma dopo una folata di vento.

Lei era spontanea, reale, eccentrica.

Io ero la sola nota stonata in una composizione melodiosa.

Io avevo plasmato un mondo fittizio, apparente.

Vivevo con la consapevolezza ed il timore che si potesse sfaldare da un momento all'altro, senza preavviso, nonostante fossi a conoscenza di quanto il mondo potesse essere imprevedibile e dall'irruenza folgorante, relegavo opinioni, pensieri e sensazioni in una dissoluta area del mio cervello pur di nascondere l'evidente ma indefinibile confusione che attanagliava la mia via.

Mi munivo delle fantasie più stravaganti e astruse... quasi a voler commutare la mia essenza in qualcosa di più apprezzabile agli occhi degli altri.

Possedevo una vasta collezione di capi firmati per il semplice gusto dell'ostentazione.

Esortavo mio padre, Tommaso, a procurarmi continuamente cosmetici e profumi differenti, nella mera speranza di poter godere di un profumo e di una candidezza inebrianti e attraenti.

Facendo perciò dell'apparenza il solo appoggio che potesse sostenermi, persino mentre sedevo nello stretto abitacolo della macchina di Claire.

Lasciai che le mie dita si incrociassero tra loro ripetutamente, in maniera ossequiosa, mentre lo sguardo tetro del marito di Claire, Wilhelm, si posò su di me svariate volte facendomi trasalire.

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