Tutta la vita

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Aveva trascorso l'ennesima giornata stressante a lavoro, a incazzarsi come un matto perchè Gigi non voleva aiutarlo a scaricare quei pezzi arrugginiti nella discarica fuori Roma.

Era dovuto uscire tardi dall'officina, recarsi in discarica con un furgoncino della proprietà della prima per poi tornare nel luogo dove lavorava, posare il mezzo e riprendere la moto per tornare a casa.

Non era la prima volta che faceva quegli assurdi orari. In verità non li aveva neanche degli orari stabili, iniziava sempre presto e finiva sempre tardissimo. E quando andava male faceva straordinari inutili che peggioravano solo la sua situazione.

A volte pensava al suo futuro, a come doveva arrivarci a sessant'anni con quel lavoro e la schiena che gli doleva di continuo. Le mani callose che ormai anche lavandole cento volte non tornavano più quelle di una volta e la stanchezza emotiva che si portava dietro, con strascichi che lo avrebbero accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.

Era arrivato un'altra volta in ritardo a casa, con la cena fredda e il tavolo già sparecchiato.

Simone in doccia, che non lo aveva aspettato, perché ormai non lo faceva più.

Erano giorni che non facevano altro che litigare, su quanto Manuel fosse assente e anche quando si degnava di presentarsi e concedergli la sua presenza sembrava fosse soltanto un corpo, senz'anima.

A volte era talmente irascibile che pure la cosa più stupida lo faceva innervosire, per cui era impossibile averci un dialogo.

Aveva provato mille volte Manuel, a spiegargli quanti sacrifici aveva fatto, quanto ci tenesse a fare tutto nel migliore dei modi per portare a casa uno stipendio modesto per una qualità di vita buona.

Ma Simone non gli dava retta. Perché andava bene certamente, ma arrivava ad un punto la notte, in cui doveva persino immaginare il viso del riccio tanto gli era ignoto.

O la sua voce, le sue carezze, che faticava persino a pensarci tante erano le lacrime che versava.

Raccattò una forchetta il maggiore, e cercò velocemente di terminare quel piatto di fusilli al pesto, che non aveva neanche preso in considerazione di scaldare. Non gli importava.

Simone sbloccò la serratura della porta e uscì dal bagno con una nuvoletta di vapore a seguito e un accappatoio in vita.

«Ciao» provò Manuel con un sussurro, posando la forchetta nel piatto e lasciando tutto sul piano cottura.

«Lavali quelli» indicò ciò che teneva sotto il naso, senza degnarlo di ulteriori parole per rintanarsi nella loro camera da letto.

Non ricordava Manuel, il preciso istante in cui il loro mondo cadde a pezzi.

Ci pensava tante volte, ci ripensò ancora quando si concesse una doccia dopo aver lavato i piatti ma il vuoto della sua mente lo terrorizzava ancor più dei suoi pensieri.

Non ricordava più alcun ricordo felice assieme a Simone. Soltanto litigate e furenti urla tra quelle mura di casa.

Quelle che avrebbero dovuto essere testimoni del loro unico amore ma che invece lo stavano vedendo crollare pezzo dopo pezzo.



Lo trovò intento a leggere un libro, forse in passato avrebbe semplicemente lasciato cadere l'accappatoio a terra per allungarsi sul suo corpo, e l'altro lo avrebbe stretto tra le sue braccia baciandolo, in procinto di fare l'amore.

Ma in quel presente era soffocante la tensione tra loro, e niente era più naturale come gesto o parola.

Si sdraiò sul letto dopo aver indossato solo i boxer di cotone color nero. Coprì il suo corpo con il leggero lenzuolo bianco e sospirò.

Un po' come noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora