Era una notte di novembre, una di quelle notti piene di nebbia, in cui si fa fatica a vedere. Un giovane uomo procedeva alla guida della sua auto, diretto verso casa. La strada era la solita, fatta milioni di volte. L’avrebbe potuta percorrere ad occhi chiusi.
Ed in effetti era come se la stesse attraversando senza guardare, perché la nebbia non gli permetteva di vedere molto davanti a lui. Per questo, comunque, stava guidando lentamente, con una certa prudenza.
Ad un certo punto, dopo una curva, la strada imboccava un sottopassaggio. L’aveva attraversato molte volte, ma quella volta c’era qualcosa di diverso.
Appena imboccato il sottopasso, infatti, l’uomo alla guida vide una ragazza vestita di bianco in mezzo alla strada. Frenò di botto e riuscì a fermarsi poco prima di investirla. Non c’era traffico quella sera, ma era comunque da incoscienti stare lì.
L’uomo scese dall’auto. La ragazza sembrava molto confusa, forse ubriaca, anche se molto bella. Le si avvicinò: «Cosa… cosa fai qui? Hai bisogno di aiuto?», le chiese. «Sì», rispose lei, guardandosi incontro. «Puoi portarmi a casa?» «Certo, sì. È meglio che ci togliamo di qui. Vieni».
La fece salire in macchina. Sembrava in trance, ma lo seppe comunque dirigere lungo la strada. Abitava in un quartiere non distante dal suo. Nel tragitto provò a chiederle qualcosa, senza particolare successo: «Come mai eri lì, da sola, in mezzo alla strada? È tardi, può essere pericoloso».
«Sono stata a una festa. Ero con il mio fidanzato, ma sulla strada del ritorno abbiamo litigato. Mi ha fatta molto arrabbiare. Gli ho chiesto di farmi scendere e sono rimasta lì». «Ma… ti senti bene?» «Sì – rispose lei –, tutto bene».
In breve arrivarono davanti alla porta indicata dalla ragazza. Lui si fermò al bordo della strada, ma lei continuava a fissare avanti a sé. «Siamo arrivati, credo. È quella casa, no?» «Sì», fece lei, senza però scendere.
«Vengo ad aprirti», disse l’uomo, e scese, girando attorno all’auto per aprirle la portiera. Quando giunse dall’altra parte e la spalancò, però, trovò il sedile vuoto.
Si guardò subito attorno, pensando che la ragazza fosse scesa mentre lui faceva il giro. Ma non la vide da nessuna parte. Guardò ancora in macchina, ma era vuota. C’era molta nebbia, però, e magari la ragazza era già andata verso casa senza che lui se ne accorgesse.
Si diresse, quindi, verso la porta e provò a bussare. Nessuna risposta. Guardò ancora in giro, senza scorgere nulla. Decise di suonare il campanello, anche se effettivamente era tardi.
Dopo un paio di minuti la porta si aprì. Davanti a sé il giovane uomo aveva ora una signora coi capelli bianchi. «Mi scusi, signora. Io… io ho portato qui una ragazza vestita di bianco. Era stata a una festa, l’ho trovata all’inizio del sottopasso. Mi ha detto che abitava qui ma, non so, l’ho persa di vista. È entrata, per caso?»
La signora non sembrava sorpresa: «Sì, so a cosa si riferisce. Quella ragazza era mia figlia. È morta cinque anni fa in un incidente, proprio all’ingresso del tunnel. Stava tornando a casa da una festa. Oggi sono cinque anni esatti. Ogni anno, in questa sera, compare a un ragazzo e tenta di tornare a casa, ma non ci riesce mai».