Non accendere la luce

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Lisa e Francesca condividevano la stessa stanza nel dormitorio universitario. In occasione della fine dell’anno accademico era stata organizzata una grande festa, e le due ragazze avevano ovviamente intenzione di andarci prima di fare ritorno alle rispettive case per le vacanze.

D’accordo con le amiche, avevano progettato la serata nei minimi dettagli. Prima un aperitivo in città. Poi l’appuntamento in zona universitaria con una serie di amici dotati di auto e lo spostamento verso la festa. Rientro previsto attorno alle 2 del mattino, o anche più tardi, se le cose fossero andate bene.

Stavano salendo sulle auto quando, all’improvviso, Lisa si ricordò di non avere con sé il tesserino universitario, necessario per entrare alla festa. Mentre le ragazze si sistemavano nelle varie macchine, disse loro di attenderla un attimo e salì in camera a prenderlo.

Fece di corsa le scale, perché il vecchio edificio non era dotato di ascensore, e arrivò davanti alla porta trafelata e sudata. Sapeva che tutti, giù, aspettavano solo lei e magari brontolavano per la sua ennesima dimenticanza. Per fortuna, avrebbe fatto in fretta: sapeva benissimo dov’era il tesserino e ci avrebbe messo un minuto.

Una volta trovata la chiave aprì la porta e si precipitò dentro, senza neppure accendere la luce. Tanto conosceva a memoria la stanza. Arrivò alla mensola e trovò subito, a tastoni, il tesserino. Si precipitò fuori in fretta e furia, non dimenticandosi di dare un giro di chiave alla porta. In meno di un minuto era giù, pronta a salire in auto.

La festa fu divertente ma anche stancante. Il capannone scelto dagli organizzatori era troppo piccolo per quella massa di gente, e la musica era assordante. Francesca si stufò presto di quell’ambiente, mentre Lisa invece incontrò un suo compagno di corso molto carino.

Fu per questo che la compagna di stanza la salutò presto, cogliendo al volo l’occasione di un ragazzo che, con l’auto, tornava verso la zona universitaria: «Vado avanti e mi metto a letto. Sono stanchissima. Ci vediamo domani», disse Francesca a Lisa.

Quest’ultima invece rimase alla festa fino a tardi e poi si trattenne a passeggiare con l’amico. Rientrò verso il dormitorio solo alle 3 di notte passate. Davanti alla porta dell’edificio, però, trovò tre macchine della polizia coi lampeggianti accesi: «Cos’è successo?», chiese, preoccupata, all’agente che piantonava l’entrata. «Non c’è niente da vedere», rispose lui brusco.

«Ma io dormo qui – riprese Lisa –. Cos’è successo?» «In che stanza dorme, signorina?» In breve fu fatta salire al suo piano. Doveva parlare con un investigatore, ma visto che tutti erano troppo impegnati riuscì a sgattaiolare fino alla sua stanza. C’era un viavai incredibile, ma la porta era spalancata.

«Signorina! Dove va? Non entri!», sentì urlare. Ma ormai era già dentro. Vide il sangue per terra e poi sui muri. E sul grande specchio una scritta, fatta proprio col sangue: «Non sei contenta di non aver acceso la luce?»

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