C'è chi sogna di partecipare ad un ballo in maschera, l'attesa del fatidico giorno, il tremolio eccitato che percorre le membra non appena si riceve il biglietto sperato, la reggia incantata dai valletti criptici, l'uomo misterioso che ti invita a ballare e che non rivela la sua identità, ermetico. Ma la corte parla, la gente fissa con insistenza il tuo accompagnatore, non c'è alcun dubbio: è il principe.
E non appena si aprono le danze ti ritrovi a ballare con il tuo spasimante, dal sangue blu per giunta, che ti sorride sicuro muovendo sinuosamente le mani sui tuoi fianchi. Le donne si mordono le dita invidiose, gli uomini allentano la presa, perdendo sicurezza. E tu nelle tue movenze ti perdi negli occhi del tuo pretendente.
Molti sognano l'amore perfetto.
Raven, invece, sognava draghi.Era tutto pronto: era a cavalcioni sulle scaglie compatte del drago, si teneva saldamente agli incavi della sua carne, piegata in avanti per contrastare la brezza, che furtiva si infilava tra le nuvole pronta a guerreggiare nella loro direzione.
Veloce come il vento il drago ambrato percorreva le vie della notte, scavalcava le abitazioni, ormai chiazze distanti, vecchi ponti decadenti, mai conclusi da architetti procrastinatori, per poi sovrastare il vecchio lago ghiacciato, sul quale si affacciavano, furtive, antiche ombre sperdute, smaniose nel tentativo di non essere dimenticate.Un connubio di sensazioni inebriavano la mente di Raven,
<<Non ci credo sto volando>> presa dall'eccitazione, salita a carponi sul dorso del drago, si alzò tirandosi dietro all'orecchio una ciocca volante di capelli.
Con le mani sollevate respirava la brezza fresca, osservando l'acqua cristallina sottostante, che di notte si confondeva col cielo tetro.
Quella vista ammaliava lo sguardo, riconducendo a terre lontane, alla prima era, dove tutto era incantato: l'era dei draghi.
E poi erano arrivati loro.
Gli uomini.Raven si stese cingendo il drago con le sue braccia ed alzò lo sguardo verso il cielo notturno. Infiniti corpi celesti brillavano nell'oscurità, piccoli punti bianchi che trovavano la loro casa nel buio della notte. Trovavano conforto in ciò che non erano e che non sarebbero mai stati, la metà che a loro sarebbe sempre mancata e che avrebbe ritrovato ogni notte nel cielo tetro. Perché tutti avrebbero voluto ciò che non avrebbero mai potuto ottenere, così anche le stelle sognavano di smettere di brillare e, per un attimo, di confondersi nel panorama notturno.
Il buio sarebbe voluto essere luce, la luce il buio.
Nessuno dei due sarebbe mai stato accontentato, così avevano fatto un patto: coesistere nell'oscurità avrebbe colmato i vuoti di entrambi.
Raven, dal canto suo, cercava ancora la sua metà mancante.Un rimbombo improvviso la destò dai suoi pensieri, una scossa la percosse da dentro, non era più sul drago. Cadeva, come quelle stelle infinite, che ci sono sempre, ma che pochi possono vedere.
Prima di toccare il suolo vide stagliarsi nel cielo un occhio che la fissava furtiva, penetrante, del colore dell'acciaio, così profondo che sembrava poterla leggere dentro.Raven aprì gli occhi all'improvviso, il padre la fissava guardingo dal capezzale, le braccia conserte, il ticchettio della gamba che non sembrava volersi fermare.
<Oh papà, così mi farai prendere un accidente, era tuo l'occhio!>> eppure gli occhi del padre erano verdi, non li avrebbe mai confusi.
Nel sogno gli occhi sembravano un turbinio grigio, come se tutte le tempeste del mondo si fossero riunite e, rinchiuse, tentassero di scappare a tutti i costi.<<L'occhio? non ho tempo per ascoltare le tue storie, giù al villaggio si dice che tu sia una strega>> replicò divertito. Raven osservò la buffa espressione che gli conferivano le rughe e sorrise.
<<Non mi spiacerebbe e lo sai bene>> ridacchiò buttandosi giù dal letto.
Insomma forse non ERA una strega, ma il suo aspetto diceva tutt'altro. Correndo in bagno si guardò allo specchio. Prese a spazzolarsi ferocemente i capelli, che, chissà per quale motivo non avevano mai intenzione di stare al proprio posto.
<<Oh ma per favore>> sbuffò annoiata. Raven aveva corti capelli corvini, che acconciava in un caschetto, e che tagliava ogni mese per tenerli della stessa lunghezza.
<<Non mi piacciono i capelli lunghi sono belli si, ma poco pratici>> ripeteva da bambina a sua madre. Le morbide labbra rosee facevano contrasto con la pelle pallida, i grandi occhi color ambra erano ancora reduci della notte appena passata.
Fissò la sua immagine con disappunto.
Quella notte tutto sarebbe cambiato e lei aveva ancora quell'aspetto.
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Darklight
FantasyC'era una volta un'accademia leggendaria, nella quale chiunque sarebbe voluto entrare. Quella scuola avrebbe premiato chi l'avesse davvero desiderato: primi e ultimi. Ardue sfide sarebbero state la chiave per entrare a farne parte. Light e Dark era...