Capitolo 5

13 1 0
                                    





Fa parte della connaturale natura dell'uomo avere paura e in questo momento ne ho tanta. Cosa succede dentro di noi quando proviamo paura? Innanzitutto, la cosa fondamentale da ricordate è che la paura parte dentro il nostro cervello in una regione particolare chiamata amigdala, dentro la quale arriva uno stimolo che viene interpretato come minaccia. Successivamente questa interpretazione subentra una complessa gamma di reazioni a catena come il rilascio ormoni stress, l'attivazione di una parte del sistema nervoso, la dilatazione delle pupille, l'accelerazione del respiro, della frequenza cardiaca, della pressione e del flusso sanguineo. Avete presente quella sensazione di metallo in bocca quando avete paura? È causato da due ormoni: il cortisolo e l'adrenalina. In particolar modo il cortisolo è lo steroide responsabile della sensazione di paura, perché va a colpire direttamente l'ippocampo.

Da bambina avevo paura dei palloncini, la sola vista di quel pallone di lattice gonfiato mi faceva venire la pelle d'oca, il fiato mi svaniva e un naturale senso di fugga mi assaliva da dentro. Se per tutti i bambini era una gioia, per me era paura pura. La cosa che più mi spaventava era quella di non avere il controllo della mia paura. Se solo avessi avuto in mano io l'oggetto che tanto mi faceva provare agonia, la paura sarebbe scomparsa. Vederlo nelle mani di altri bambini, il non sapere cosa gli avrebbero fatto, mi faceva tremare. Ciò che temevo di più era il farlo esplodere. Avevo paura del rumore forte dovuto dallo scoppio. Oggi le persone mi guardano storto quando riferisco loro questa assurda paura, gli sembra inconcepibile la sola idea di provare paura nei confronti di un gioco costruito appositamente per i bambini.

Non so di preciso quando la paura si espanse comprendendo tutto ciò che esplodeva, tappi del vino, fuochi d'artificio, buste delle merendine, fatto sta che resi la vita della mia famiglia impossibile. Ricordo un episodio particolare: ero a una di quelle feste di Natale che si fanno alle elementari in Italia, ero piccola avrò avuto 8 anni, quando un bambino di nome Lorenzo, me lo ricorderò per tutta la vita, non so se per ridere o per spaventarmi, o per fare lo stronzo, mi si avvicinò e mi disse codeste parole:" Guarda che ho portato una marea di palloncini, te ne faccio esplodere uno in faccia." Forse in quel momento non mi resi conto che esistono persone che per sentirsi bene devono ferire gli altri. Non persi tempo e corsi da mia mamma dicendole che dovevamo andarcene, ricordo che in quel momento io stessi piangendo, avevo il fiato in gola, non mi interessava niente e nessuno, io dovevo andarmene da quel posto. Dopo vari lamenti e varie richieste di spiegazione, mamma mi trasportò fuori da quel posto. Prima che potessi però uscire lanciai un'occhiata all'interno della sala, piena di palloncini appena gonfiati. Le ultime cose che ricordo sono: il volto dispiaciuto della mamma di Lorenzo che lanciò una scusa fugace e la vetrata vista da fuori della stanza. Nessuno dei miei compagni piangeva, anzi ridevano, ballavano e facevano volare quell'orrendo ammasso di elio. Fu quella la prima volta in cui mi accorsi che se ci fossi o no, le cose non cambiavano.

Signora suo figlio è uno stronzo.

Con il passare del tempo smisi di avere paura dei palloncini, ancora adesso quando mi scrivono su Instagram i miei vecchi compagni di classe mi domandano tutti la stessa cosa e la mia risposta è sempre la seguente:

"Ma hai ancora paura dei palloncini?"

"Ma tu ancora non ti fai i cazzi tuoi?"

Ogni tanto ci sono dei rimasugli del mio trauma per i rumori forti, quando adocchio un cameriere che toglie il tappo al vino inizio a prepararmi mentalmente. Tutt'ora oggi sono incapace di vedere i fuochi d'artificio senza le mani nelle orecchie.

Il buio mi assale completamente, non vedo niente né riesco percepisco qualcosa accanto a me. Sforzo l'occhio affinché si abitui al buio, ma tutto ciò sembra vano. Muovo un piede in avanti, non so di preciso dire di che materiale sia fatto il pavimento, le scarpe me lo impediscono. Un pungente odore di cannella mi colpisce, insediandosi nei meandri più oscuri della mia mente. Mi sembra di essere tornata bambina quando annusavo le candele dei negozi e le classificavo in base al loro odore e ai miei gusti.

WORK OF INFINITYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora