𝘤𝘢𝘯'𝘵 𝘱𝘳𝘦𝘵𝘦𝘯𝘥 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘪 𝘸𝘢𝘴 𝘱𝘦𝘳𝘧𝘦𝘤𝘵 𝘭𝘦𝘢𝘷𝘪𝘯𝘨 𝘺𝘰𝘶 𝘪𝘯 𝘧𝘦𝘢𝘳

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"Mi ami, Alhaitam?"

Non ci fu risposta.

Alhaitam era sdraiato sul letto, nudo, il braccio di Kaveh appoggiato con noncuranza sul suo torso.

"Ti piaccio, Al?"

Chiese ancora quel ragazzo disperatamente innamorato. Come prima, l'uomo non rispose. Se ne stava immobile, supino, con gli occhi spalancati e la mente altrove.

Probabilmente era una malattia, la sua; ma non si era mai preoccupato di diagnosticarla.

Era incapace di provare emozioni.

Non ricordava qual era statal'ultima volta che aveva pianto; riusciva solamente a rammentare che, mentre intorno a lui tutti erano disperati, aveva finto di sentirsi così, quando era morto suo padre.

Gli dispiaceva?

Certo, era triste.

Era triste.

Vero?

Non ne era sicuro. D'altronde i suoi genitori erano sempre stati assenti.

No, non era vero; non erano stati loro, i cattivi genitori, era stato lui, ad essere un cattivo figlio.

Si isolava per ore intere, nella sua camera, mai chiedendo nulla, mai lamentandosi, mai volendo fare niente con loro.

Anche, e soprattutto, prima di diventare Scriba all'Akademiya aveva avuto varie e vari pretendenti: era affascinante, lo sapeva, ma mai ricambiava quei sentimenti.

Non era mai affascinato da nessuno. Lo constatò con un pizzico di dolore, ma neanche da Kaveh.

Era – quasi – come tutti gli altri, quell'architetto biondo e ubriacone; l'unica cosa che lo differenziava dagli amanti precedenti era che loro due condividevano la casa. E che, forse trovando impossibile toglierselo dalla mente, in quanto lo vedeva tutti i giorni, era molto più agguerrito e deciso a conquistarlo rispetto a tutti quelli che avevano provato a farlo innamorare in passato.

E, a suo modo, ci era anche riuscito; era l'unica persona con cui era andato a letto più di due volte.

Alhaitam era umano, dopotutto. L'attrazione sessuale lo caratterizzava come caratterizzava qualsiasi altro essere umano. Gli piaceva farlo sopratutto con Kaveh – non che al momento avesse altri partner – perché a letto mostrava lati della sua persona che di solito non emergevano; ma no, non lo amava.

Non amava né Kaveh né nessun altro. Non desiderava vivere tutta la sua vita con qualcuno; non avrebbe offerto una cena solo per corteggiare la persona di cui era innamorato , né gli interessava guardare le stelle o andare in vacanza con qualcuno. Questo perché non amava.

Non amava così come non era triste; e non essendo mai triste non poteva neanche mai essere felice; non aveva paure, non era coraggioso, non si arrabbiava. La sua vita era come una bonaccia perenne. Mai un filo di vento, mai una terra in vista, una salvezza. Ma lui, immerso in quel mare di razionalità, stava bene: era sempre stata per lui così, non conosceva altre possibilità.

Quindi la risposta alla domanda di Kaveh era no.

Non lo amava.

Vivevano insieme e a volte facevano sesso, tutto qui.

Ma, per la prima volta nella sua vita, non riuscì ad essere schietto. Non disse nulla, né la bugia né la verità, il che ebbe però lo stesso effetto del "No" che non aveva pronunciato.

Provava un po' – solo un po' – di pietà per Kaveh; era un ragazzo innamorato senza speranza, schiacciato dalla vita, dalle aspettative, ed ora anche da quel muto "no" che Alhaitam aveva preferito non dire.

"Al, cosa è questo rapporto" Chiese Kaveh.

"Cosa siamo noi"

Seguì una lunga pausa.

"Che importanza ha? Facciamo sesso, tutto qui. Conviviamo" Soffiò l'uomo, non convinto della sua risposta, ma con niente di meglio da dire.

"...Non c'è modo di conquistarti, vero?"

Chiese ancora il giovane, questa volta con un tono impercettibilmente più flebile.

"Nessuno ci è mai riuscito finora. Non mi dispiace l'idea che tu possa essere il primo" Rispose Al.

Non mentiva, ma non diceva neanche la verità; stava solo dando false speranze a Kaveh.

Non ci sarebbe riuscito.

𝐑𝐄𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄 ➣ 𝗸𝗮𝘃𝗲𝘁𝗵𝗮𝗺Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora