Sulla Cerbero qualcuno sbraitò un ordine e una navicella fu calata per permettere alle mie indesiderate ospiti di sbarcare. Mi allontanai dal parapetto per andarmi a sistemare sul cassero, la posizione rialzata mi avrebbe dato un vantaggio minimo ma ero disposta a tutto pur di guadagnare qualche appiglio. Aspettai con la schiena dritta e le braccia incrociate sul petto che le tre pestifere approdassero sulla mia nave, ero seccata dalla loro presenza in quel momento ma non potei fare a meno di sorridere quando finalmente me le trovai davanti.
Catrina era la più alta, aveva un fisico statuario e un portamento fiero che avrebbero fatto impallidire una duchessa. Indossava un cappello tricorno che le teneva in ombra l'espressione e, anche se le sue belle labbra erano piegate in un sorriso, non mi lasciai infinocchiare. Nessuno meglio di lei sapeva metterti in ginocchio, il peggio era che lo faceva col sorriso sulle labbra e l'intento nobilissimo di una madre che impartisce una lezione per il tuo unico bene.
Seccante, a dire poco.
Il resto del suo abbigliamento constava in una marsina di velluto cioccolato bordata di bronzo, che metteva in risalto il corpo formoso e calzoni aderenti infilati nei lunghi stivali sopra il ginocchio. Sapevo che legata al fianco teneva la sua piccola, inseparabile balestra, mentre la lunga lama ricurva di una sciabola spuntava sotto il prezioso tessuto broccato.
Jhosefine era un passo dietro di lei, i lunghi capelli rossi sciolti dietro la schiena e i bellissimi occhi verdi già puntati come lance nei miei, non c'era tempo da perdere in convenevoli per la sua disapprovazione. Strinsi le labbra e sollevai il mento, sapevo già che sarebbe stata l'osso più duro. Dawn le diede una piccola pacca sulla spalla e filò diritta verso la sua meta, cioè io. I capelli biondi raccolti in uno chignon e gli occhiali rotondi dalla montatura dorata le davano l'aspetto di una istitutrice con un debole per i fuscelli di salice e i legumi essiccati sotto le ginocchia. L'effetto austero era però rovinato dal bustino di seta rosso fuoco provvisto di cinghie, la gonna cortissima che lasciava intravedere il bordo delle calze e i famigerati stivali a metà coscia che erano un'arma... a doppio taglio. Nel senso che erano decisamente conturbanti ma soprattutto contenevano un discreto numero di armi e ammennicoli tali da costare gli attributi di più di un pretendente indesiderato. Come ciliegina sulla torta sul suo capo torreggiava un delizioso cappello a cilindro che rispecchiava il colore infuocato delle labbra e del corsetto.
Jhos la seguì puntandomi come uno squalo al sentore del sangue, il suo abito squisitamente femminile non avrebbe certamente sfigurato in uno dei salotti del ton, un vero peccato che la sua espressione poco composta e i capelli selvaggi smentissero qualunque parvenza di rispettabilità; come del resto, il formidabile guanto armato che potenziava il suo braccio sinistro. Difficilmente la sua mise le avrebbe aperto le porte del bel mondo, ma come sempre era una questione di priorità. Se ti guadagnavi da vivere saccheggiando i cieli era sempre preferibile la sostanza alla forma. Catrina, dal canto suo, scrollò la testa e si mise in coda, la superficie lucida del suo monocolo catturò la luce di una delle lanterne baluginando da sotto la tesa del cappello e conferendole, per un attimo, un aspetto del tutto sinistro.
I capitani della Cerbero avevano serrato i ranghi e ora avanzavano verso di me come un fronte compatto, appellandomi a ogni divinità disponibile in cielo e in mare, sfoggiai la mia migliore faccia di bronzo e mi preparai all'impatto. Sapevamo bene come sarebbe andata a finire, ma lo scontro non si poteva evitare, in nessun modo.
«Salute, colombella,» tubò Dawn, con un sorriso tutto denti. Le sorrisi di rimando sapendo che se potevo contare su un'alleata, quella era lei.
«Stai una favola, D,» la salutai, poi estesi il sorriso anche alle altre, alla fine eravamo sulla stessa... barca, da sempre. Mi guardarono storto.
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La Rosa di Jericho
RomanceSolcare i cieli, sfidare le nuvole come le onde di un mare infinito. Non c'è nulla di meglio per lei. Nulla che possa valere quanto la libertà assoluta di guardare il mondo dalla sua aeronave. Il capitano crede solo nel cielo e nelle sue pistole: ne...