Capitolo 32: Torna a letto - ✓

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Quando la pioggia picchiettava contro le finestre in quel modo, come tanti piccoli artigli, schegge di ghiaccio col fine di conficcarsi contro il vetro per scheggiarlo, incrinarlo e perforarlo, era conscio che quella sarebbe stata una lunga notte. Lo stillicidio della pioggia era perpetuo, frastornante; non aveva nulla a che vedere con il dolce picchiettare che capitava di udire durante le pioggerelline estive, quelle piccolissime gocce di pioggia che inumidivano l'asfalto, e l'aria afosa lasciava quell'aroma tenue e rinfrescante di acqua piovana, tanto per mitigare la temperatura estremamente calda dell'estate. 

Questo, al contrario, non era rilassante; era un martellare, un martellare così costante e imperterrito che non recava al suo cuore nulla che potesse assomigliare alla serenità del cinguettio degli uccelli o dello scrosciare delle onde. No. Avrebbe preferito di gran lunga il mare, anche se fosse stato mosso da incutere timore, simile ad un mostro dalle fauci grandi quanto un grattacielo, infinite e vaste quanto l'abisso della sua oscurità.

Non sapeva perché, ma non amava quando il cielo cominciava a piangere lacrime amare e inondava le strade con una quantità di acqua talmente esorbitante che uscire diventava sconsigliato, specialmente se il vento si aggregava a quei suoni poco rassicuranti e collideva contro le tapparelle, come a voler aprire un varco per facilitare le gocce di pioggia a rompere quel maledettissimo vetro. Le sue orecchie si rizzarono non appena quel soffiare si fece intenso e la tapparella vibrò di conseguenza, colpi di nocche, un bussare per chiedere con poca eleganza di entrare per inondare la sua stanza e farlo annegare in mezzo alle coperte.

Ma non era reale. Non lo era.

Non poteva mai e poi mai l'acqua irrompere così dentro casa, era improbabile.
Eppure la sua mente si fece suggestionare da quei suoni da passare dallo stadio del sonno a quello del dormiveglia. Poi un tuono squarciò la notte e divise il cielo a metà, facendo penetrare un fascio di luce al di là delle persiane. Il suono gli arrivò dritto nel cuore; il suo stomaco fece una capriola e lo costrinse a voltarsi dall'altro lato per tentare di ritrovare la calma previa. Niente da fare. Arrivò un altro tuono, e il risultato fu lo stesso. Doveva fare qualcosa. Doveva impedire a quelle immagini di travolgerlo in quel modo. Eppure più i tuoni aumentavano di intensità, più gli sembrava di vivere una realtà diversa da quella attuale. Vide qualcosa; un corridoio. Una copertina azzurra; era morbida, al tatto sembrava reale. Dove si trovava? Era una stanza? Troppo confuso. Troppo confuso. Un altro tuono. Un lampo. Poi un suono raccapricciante, un eco che rimbombò nella sua testa, dieci, cento, mille volte. Troppo assordante.

Era tutto amplificato.

Una stanza. Sopra un materasso. Vide delle mani. Erano le sue?
Non riesco a dormire. Sentì un riverbero.
Si mosse con violenza. La vista era offuscata e spedita.
Torna a letto. Smettila.
Quella voce ringhiò di nuovo, ma quello che disse fu intraducibile alle sue orecchie; un altro tuono aveva colmato il labiale.
Torna a letto.
Questo lo udiva benissimo, però.
Tuoni. Altri tuoni.
Si voltò dall'altro lato.
Torna a letto. Basta.
Un flash più forte.
La visuale cambiò.
L'interno di qualche coperta.
Solo lui.
Solo.
A stringere il cuscino.
A sperare che quel rumore non esistesse.
Torna a letto.
Non ci riusciva.
La pioggia era troppo forte.
Torna a letto.
Il vento era troppo forte.
Torna a letto.
I tuoni erano...erano...

Adesso era all'aperto. Le mani scivolarono da una ringhiera. Si mosse, chiamato da una voce distante.

Un rombare esplose nelle sue orecchie.

Gli occhi di Noah scattarono aperti quando un tuono violento ruppe il suo sonno. Con irruenza, balzò seduto, piantando le mani sul materasso per mantenere stabile la postura prostrata; senza occhiali, non vedeva nient'altro che l'oscurità apparente della stanza e i riccioli scompigliati ricadergli sulla fronte umida. Il respiro era ansante, allo stesso ritmo del petto scosso da un movimento veloce e irregolare; il cuore era pervaso da una tachicardia estenuante, quasi a voler scappare dalla gabbia toracica che lo teneva rinchiuso in quello spazio ristretto per impedirgli di battere di più e di smetterla di pompare così tanto sangue da imporre il corpo ad avere tremori inconsulti.

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora