Capitolo 15

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Tobias

Usciti dalla caffetteria, Tris mi prende per mano e mi conduce fuori dalla residenza. Quel contatto improvviso genera un brivido che mi percorre tutta la schiena. Mi manca poterla abbracciare, questo è vero, ma quel misero contatto ha il potere di risvegliare i miei sensi.

Appena varchiamo la soglia, però, i due soldati di guardia ci bloccano il passaggio.

-Dove state andando?- chiede uno di loro con voce talmente stentorea da risuonare nell'atrio della costruzione.

-A fare un giro.- risponde Tris con una scrollata di spalle.

-Devo sapere dove state andando.- la incalza l'uomo.

-Mi ascolti bene.- spiega lei, spazientita. –So che il suo lavoro è quello di proteggere le persone che vivono qui dentro, che ha a cuore la nostra incolumità e affari di questo tipo. Ma non ho intenzione di starmene tutto il giorno chiusa in una stanzetta piccola e umida, solo perché mi è stato imposto da qualcuno che, francamente, non mi sta neanche tanto simpatico. Staremo fuori per poco, giusto il tempo di... scaricare la tensione. Rimarremo nei paraggi, lo prometto.-

Lui la fissa con un sopracciglio alzato tanto a lungo che penso che stia avendo una visione di qualche genere. –Tu sei Beatrice Prior, esatto?- chiede alla fine.

Tris annuisce, anche se leggo nei suoi occhi un guizzo di sorpresa. Evidentemente non si rende ancora conto di quanto sia stata fondamentale nella guerra. La mia piccola Tris che è diventata una grande eroina.

Dopo un primo momento di incertezza, la guardia annuisce a sua volta e ci fa passare. –Mezz'ora al massimo, signorina Prior.- la avverte. –O dovrò fare rapporto ad Amar.-

Lei storce il naso, ringrazia e, dopo avermi di nuovo preso per mano, si allontana dalla costruzione, girando a destra dietro l'angolo.

Quando poi si ferma accanto a un muretto, do voce ai miei interrogativi. –Amar ti sta veramente tanto antipatico?-

Lei sorride maliziosamente. –Non direi antipatico. È solo che è molto... severo. Sì, severo è la parola adatta.-

Io alzo gli occhi al cielo. –Cosa ti aspettavi da un istruttore degli Intrepidi?-

Lei mi guarda incuriosita. –Tu non sei così. Almeno non con me.-

Passo distrattamente una mano tra i capelli. –Non saprei come rispondere.-

-Allora dimmi solo la verità. Nient'altro che la verità.-

La fisso per qualche istante, incerto su cosa fare, su cosa dire. –Francamente, non so se sia una buona idea.-

-Allora parlami solo della mia famiglia.- incalza lei, con le lacrime agli occhi. Vederla così mi fa restringere il cuore. –Ho bisogno di sapere, Quattro.-

Lotto con tutta la buona volontà contro l'istinto di raccontarle tutto dall'inizio alla fine, aiutandomi nel ricordare le parole di Amar: "Ha bisogno di tempo. Lascia che ricordi." So che per lei sarà difficile, ma non posso solo riferirle i fatti come se le narrassi una storia da quattro soldi. Ha bisogno di rievocare quei ricordi da sola.

Scuoto la testa, pregando che Tris non si rifiuti di parlarmi da oggi alla fine dei miei giorni, altrimenti ne morirei. –Mi dispiace.-

Lei annuisce contrariata, ma evidentemente accetta la sconfitta. Almeno per ora. Rimaniamo a fissarci le mani per un altro po' di tempo, poi un gemito di Tris spezza il silenzio che si è creato fra noi. La vedo accasciarsi lentamente a terra con la testa fra le mani.

Entro nel panico. Non so che fare, come comportarmi, come poterla aiutare. La fisso per qualche secondo impotente, cercando di trovare un modo per fornirle assistenza. Dopo qualche lunghissimo attimo, Tris si siede a terra, cingendosi le gambe con le braccia. Vista così sembra ancora più piccola di quanto non sia realmente.

Mi accovaccio accanto a lei e rimango in silenzio, non trovando le parole adatte per chiederle cosa le sia preso. Ma non servono parole: mi avvicino maggiormente al suo corpo tremante e la copro con le braccia con fare protettivo. Trascorriamo qualche secondo così, poi lei di lascia andare e mi abbraccia forte, come se potessi fuggire da un momento all'altro.

Lei mi ha aiutato a superare (almeno in parte) la perdita di Uriah. Ora è il mio turno di ricambiare il favore.

Rimaniamo così, seduti sulla terra umida, per almeno cinque minuti. Sento il suo pianto lento e silenzioso e ogni tanto si stacca da me, giusto il tempo di asciugare una lacrima.

Alla fine, però, alza il volto, palesemente disperata. –Li ho visti, Quattro.- mi spiega tra i singhiozzi. –Ho visto i miei genitori morirmi in braccio, ho visto mia madre esalare l'ultimo respiro e mio padre immolarsi per la guerra. Ho visto le armi, le persone che sfilavano accanto a noi come tanti automi. Ho visto mio fratello, ho visto Caleb, scusarsi per non essere stato un bravo fratello. Li ho persi tutti. Ho perso la mia famiglia.-

In preda al pianto, la stringo forte al petto, sperando che tutti questi ricordi che si stanno manifestando a troppa poca distanza l'uno dall'altro non la distruggano più di quanto non lo sia già.

Gocce di memoria (Divergent)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora